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Il neo collaboratore di giustizia Salvatore Stambè

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VIBO VALENTIA – Lui è nato nelle Preserre vibonesi, in quel territorio dell’entroterra fatto di foreste, zone impervie, in cui la ’ndrangheta nel corso degli anni ha fatto sentire – pesante – la sua presenza. La sua famiglia, seppur non ancora riconosciuta in via giudiziaria come appartenente alla criminalità organizzata, di fatto lo è. E lui ne ha fatto parte fino a pochissimo tempo fa prima di decidere di vuotare il sacco e collaborare con la magistratura inquirente, la Dda di Torino nello specifico. Sì, perché Salvatore Stambé, elemento di spicco dell’omonimo sodalizio originario di Gerocarne, nel Vibonese, ma da anni stanziale nelle Langhe astigiane, sta collaborando.

E le sue rivelazioni possono rappresentare per gli investigatori della Dda di Catanzaro quell’importante, se non proprio decisivo, tassello per ricomporre il puzzle dell’uccisione del fratello 57enne Domenico, avvenuta la mattina del 4 marzo del 2017 nel giardino della sua abitazione in una zona isolata di Sant’Angelo di Gerocarne.

Secondo quanto ricostruisce l’articolo pubblicato in esclusiva sull’edizione cartacea di oggi del Quotidiano, a firma di Gianluca Prestia, la maggior parte della famiglia Stambé si è trasferita a Costigliole d’Asti. Salvatore ci si è stabilito definitivamente nel 2011, l’anno dopo al suo battesimo di ’ndrangheta, così come il congiunto ucciso. E lì, contando sull’appoggio «di quelli di Gioia Tauro», ha costituito una “Locale” di ’ndrangheta. Una “Bastarda” come si dice in gergo quando questa non viene riconosciuta dalla Calabria.

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