Michelangelo e Gianluca Crescenzo
3 minuti per la letturaPIZZO – «Li abbiamo trovati!».
La gioia nella voce della signora Anna Callipo è tantissima, quasi coinvolgente; grazie al clamore suscitato dall’articolo pubblicato dal Quotidiano (LEGGI LA NOTIZIA), è riuscita nel suo intento: trovare i due uomini che lo scorso giovedì notte, nel bel mezzo della bufera di acqua e fango che ha colpito la Calabria, hanno salvato lei e suo figlio di 10 anni. I due, che tutti ormai hanno ribattezzato angeli, hanno un volto ed un nome ora: Michelangelo e Gianluca Crescenzo, padre e figlio. Aveva ragione la signora, sono campani, del salernitano, e la tratta calabrese la percorrono all’incirca tre volte a settimana lavorando per una ditta di trasporti. Hanno saputo con il passaparola sui social della storia della signora e del suo desiderio di poterli riabbracciare e sempre grazie a Facebook sono riusciti a connettersi con lei.
L’incontro ancora non c’è stato, ma si sono ripromessi a breve di fermarsi a Pizzo, «li devo ringraziare di persona – dice la signora Callipo – io e Giuseppe gli dobbiamo la vita». Eppure quando li raggiungiamo telefonicamente, Gianluca di appena 25 anni, del clamore del gesto sembra non esserne proprio a conoscenza, lo dice subito: «abbiamo semplicemente fatto ciò che ci ha detto il cuore. Se non si interviene davanti ad una donna ed al suo bambino in quella situazione disperata non si è umani, è impossibile tirare dritto».
Perché l’immagine della signora sul tettuccio dell’auto, abbracciata a suo figlio sotto la pioggia battente, i due se la ricordano bene ma non sanno rispondere al perché quella sera abbiano deciso proprio di passare da lì e non percorrere l’autostrada: «Sa come sono i camionisti, ogni tanto cambiano strada, e quella sera abbiamo deciso di fare la statale. Per strada non c’era davvero nessuno ed in lontananza non ci eravamo neanche accorti della macchina visto il buio e la visibilità ridotta dalla pioggia. Poi, in prossimità, abbiamo capito che non solo c’era un auto sulla carreggiata in direzione sud, ma sul tettuccio dell’auto c’erano anche due persone che chiedevano aiuto; è stato un attimo, ci siamo guardati con mio padre e subito abbiamo deciso quello che dovevamo fare, senza neanche parlare».
Si sono affiancati alla macchina, aperto lo sportello del loro camion e fatto salire prima il piccolo Giuseppe e poi la mamma. Nel breve tragitto che dalla zona industriale di Lamezia li ha condotti fino al bivio di Curinga dove hanno lasciato la signora Callipo ed il bambino, nessuno di loro ha pensato a presentarsi o a chiedere altro delle rispettive vite: «c’erano una donna ed un bambino spaventati ed inzuppati, erano stati un’ora sotto al temporale, li abbiamo solo rassicurati lasciandoli poi lì dove ci avevano detto. Sono felice per come sia andata la storia, ma non è un gesto eroico, non ci si può girare dall’altra parte quando accadono cose simili tutti dobbiamo aiutare, potevamo esserci noi al posto della signora Callipo».
Ci dicono anche che hanno seguito tutto l’evolversi della situazione di emergenza in Calabria: «appena rientrati abbiamo saputo di quello che invece è successo all’altra mamma con i due bambini e stiamo seguendo le ricerche del piccolo, una tragedia ed un dispiacere grandissimo». Se la storia della signora Callipo, e dei suoi due soccorritori, una cosa insegna, è di come l’ empatia e l’ umanità dimostrata da un padre ed un figlio, che non hanno tirato dritto, possano far si che una disavventura abbia un lieto fine.
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