L'avvocato Giuseppe De Pace davanti gli uffici della Procura
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – L’avvocato Giuseppe De Pace, legale della famiglia Vinci-Scarpulla, vittima dell’autobomba del 9 aprile scorso a Limbadi che ha provocato la morte di Matteo Vinci, 43 anni, e il ferimento del padre Francesco, ha lanciato un nuovo appello affinché venga assegnato il servizio di scorta alla signora Rosaria Scarpulla, madre del morto.
LE ACCUSE PER LA MANCATA PROTEZIONE
Lo ha fatto questa mattina incontrando i giornalisti davanti il palazzo di giustizia di Vibo Valentia anche e soprattutto a seguito dell’ultimo «messaggio intimidatorio» recapitato alla donna nella giornata di ieri con il rinvenimento di un bastone appoggiato al lucchetto posto a chiusura del cancello che dà accesso al terreno di proprietà della famiglia Vinci-Scarpulla.
«Un chiaro segnale di avvertimento – afferma l’avvocato De Pace – un modo per farle capire se non la smette di parlare finirà come il figlio ed il marito». Sull’accaduto sono stati allertati i carabinieri che si sono portati sul posto ed allo stesso tempo è stato avvertito il prefetto di Vibo Valentia.
«La gravità della situazione si sta innalzando di giorno in giorno, ciò nonostante nei confronti della signora Scarpulla non sono state adottate le misure di tutela adeguate – ha aggiunto il legale – Due aggressioni, avvertimenti, e la devastante autobomba non sono forse sufficienti per istituire un servizio di scorta sia della donna che del marito nel momento in cui uscirà dall’ospedale. O bisogna attendere che si verifichi qualcos’altro ai loro danni? Poi sarà troppo tardi per rimediare».
De Pace ha riferito «di aver parlato due giorni fa con il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri», al quale ha «esposto la vicenda. Mi ha riferito che interesserà il Comitato per l’Ordine e la sicurezza pubblica», organismo che deve decidere se innalzare il grado di protezione della famiglia. Nelle more l’ultimo «episodio che nella simbologia mafiosa rappresenta un chiaro avvertimento a stare zitti».
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