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Un carico di cocaina

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VIBO VALENTIA – Un sistema semplice quanto ingegnoso attraverso il quale l’organizzazione di narcotrafficanti calabresi riteneva di poter superare i controlli e far arrivare lo stupefacente dal Sudamerica. Quale? Impregnare le funi dell’amaca di cocaina, isolarle dal resto con la plastica e ricoprirle con altre corde della stessa “in modo che i cani non percepissero gli odori”.

E’ questo uno dei passi più interessanti della deposizione del pentito Domenico Trimboli al processo “Overing” che si sta svolgendo a Vibo davanti al Tribunale collegiale e che prende le mosse dall’omonima operazione condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Nel filone in ordinario, che vede imputate 17 persone, accusate di far parte di un’organizzazione che commercializzava droga con i narcos colombiani, venezuelani ed argentini.

Argentini come, appunto, Trimboli, che sentito stamani dal pm della Dda, Annamaria Frustaci, ha parlato del sistema utilizzato nelle varie spedizioni tirando in ballo diversi imputati, soprattutto Fabrizio Cortese, considerato uno dei vertici del sodalizio, così come Rocco Logozzo. Quando mi incontrai con Cortese, in Colombia, nel 2006, mi disse che “il suo gruppo voleva iniziare ad avviare un’attività per importare droga in Italia. A quel punto gli ho sottoposto la necessità del viaggio via mare oppure con un corriere che arrivava in un paese vicino alla Colombia o Venezuela per il relativo trasporto”.

E il sistema? Come detto, molto semplice quanto ingegnoso: “Venivano impregnati i fili di un’amaca, ricoperti con della plastica e poi con dell’altra fune che non venivano rilevati dai cani. Il tutto quindi sarebbe stato riposto in una valigia”. Ed in una singola amaca “si potevano celare anche 2 kg di polvere bianca”. E per estrarla sarebbe stato necessario utilizzare del materiale solvente apposito, una tecnica che “a Cortese fu insegnata da un chimico”.

E così, un corriere venne inviato in Perù da “Fabrizio Cortese che prese l’amaca realizzata da Françisco “Pacho”, attraversò l’oceano Atlantico per arrivare a Barcellona e da lì, in Italia, via mare, quindi infine, in Calabria, a Vibo Valentia”.

La spedizione, ha aggiunto il pentito Trimboli, andò a buon termine “anche se alla fine venne pagato solo il corrispettivo di 500 grammi con la Western Union per un valore 15mila euro indirizzato a dei nominativi di terze persone che agivano per conto nostro”. Altra modalità per aggirare i controlli era quella di ordinare dei tronchi dal Venezuela e riempirli di droga e “questo era un discorso avviato con Rocco Logozzo. Tutto venne approntato ma non vi fu alcuna spedizione perché sorsero delle difficoltà logistiche”.

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