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Maria Rosaria Turcaloro

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SORIANO – Un enorme alone di tristezza e commozione ha pervaso questo pomeriggio il popoloso centro delle Preserre vibonesi. Tutta la comunità si è infatti ritrovata sul sagrato della chiesa di San Domenico per piangere e porgere l’estremo saluto ad una sua “figlia” prematuramente scomparsa: Maria Rosaria Turcaloro, l’avvocato del Foro di Vibo deceduta all’ospedale di Catanzaro lunedì scorso per i postumi di un incidente stradale avvenuto la mattina del 24 maggio scorso.

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Una donna forte, una madre esemplare, una persona amabile sono i commenti di quelle persone che hanno condiviso un percorso, breve o lungo, con la vittima che lascia un marito e due figlie di 9 e 6 anni. Presenze che testimoniano come la Turcaloro fosse apprezzata non solo per le sue qualità professionali ma anche e soprattutto umane. E lungo le strade del paese anche numerosi striscioni in ricordo della donna.

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Ad officiare la celebrazione funebre Padre Remigio, Superiore dei Domenicani, unitamente a monsignor Giuseppe Fiorillo, don Pino Sergio, parroco di Soriano, e don Bruno Cannatelli, tutti particolarmente attaccati alla 45enne.

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«Una persona operosa e buona – ha affermato padre Remigio nella sua toccante omelia – che mancherà a tutti noi in virtù proprio di ciò che lei rappresentava per i suoi cari e per tutta la comunità sorianese e non solo. «Essere in tanti qui presenti rafforza questo. Rimangono tanti perché. Che non danno risposta a quanto accaduto. È difficile rivolgere una parola umana ma adesso il migliore atteggiamento è il silenzio, è il modo più rispettoso per avvicinarci alla famiglia. Abbiamo dimostrato il nostro affetto, l’affetto della comunità a partire dall’ordinanza del sindaco, gli striscioni. Parole umane per lenire il dolore e sopperire certi vuoti non ne abbiamo – ha concluso il religioso – però dobbiamo affidarci alla parola del Vangelo e riflettere sul vero senso della vita».

Ad accogliere con un lungo applauso, sul sagrato della chiesa, il feretro e la famiglia della Turcaloro, il sindaco Francesco Bartone e il suo vice Anna Grillo, nonché Martino Ceravolo, il papà di Filippo, il giovane ucciso per errore durante una faida di ‘ndrangheta, che la professionista del Foro Vibonese aveva fatto riconoscere come vittima di mafia.

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