La protesta di Emiliano Russo
1 minuto per la letturaVIBO VALENTIA – Si è incatenato questa mattina nei pressi del Tribunale di Vibo Valentia. Emiliano Russo, di Limbadi, ha voluto così porre l’attenzione sulla sua vicenda familiare che lo vede separato dalle sue figlie in tenera età “rapite dalla madre e portate in Slovacchia”.
Da tre anni il genitore, che lavorava come musicista sulle navi da crociera, afferma di non riuscire più a vederle, da quando cioè lo Stato slovacco l’ha “condannato a stare con loro 60 ore totali in un anno, cioè una volta ogni tre mesi, o cinque giorni in totale. Chiedo che mi sia consentito di fare il padre, come tutti, e di poter vivere ed educare le figlie secondo le leggi italiane e che la madre venga giudicata per il reato fatto”.
Le carte in mano, lo sguardo languido, attaccato alle spalle quel Tricolore della bandiera italiana in cui ancora crede e a poca distanza il cartellone in cui si concentra la storia dei suoi ultimi tre anni. Una battaglia che sta sfiancando l’uomo sia a livello morale che economico e sulla quale è in corso una causa: “Ringrazio la Procura della Repubblica di Vibo per l’operato e l’impegno che sta profondendo nella mia vicenda” ma mi auguro che la sua azione possa essere più incisiva e faccia accelerare l’iter per far rimpatriare le mie figlie”. Sa che ci vorrà tempo perché la situazione si sblocchi e non è detto, tra l’altro, che questo avvenga. Però persiste, com’è giusto che sia: “Io sono qui, continuo a sperare e lotto per loro”.
La lotta di un genitore che non è tale senza le proprie piccole, orfane di un padre vivo. Un padre che ha un mantello verde, bianco e rosso come i supereroi. E lui, Emiliano, per Demi e Dafne vuole essere anche questo.
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