Una corsia d'ospedale
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – Adesso ha raggiunto la sua Catena. Da lei si era separato alle soglie del nuovo millennio e non a causa di un rapporto che portava in dote un sentimento ormai logoro quanto a causa di una brutta malattia che l’ha portata a spegnersi a soli 44 anni. Ora potranno ricongiungersi dopo essere stati lontani per 18 anni lasciando sulla terra il frutto del loro amore: Maria Teresa.
E’ la storia di una famiglia sfortunata, come tante, che però, come tante, insegna sempre qualcosa agli altri. E in questo caso a fare da maestra di vita è stata la decisione di Maria Teresa che, seppur sconvolta dal dolore della perdita del padre, non ha esitato un attimo: acconsentire alla donazione degli organi dell’amato genitore. Lei, che ha perso la madre quando aveva appena 9 anni e che adesso si vede trafiggere nuovamente il cuore da una fredda lama, ha seguito proprio ciò che proprio quel suo cuore sanguinante le diceva: aiutare gli altri anche in questo momento di estrema sofferenza.
Il papà, Pietro Macrì, 66enne di Acquaro, l’ha vista crescere, ora lei saprà che quei suoi occhi potranno continuare a volgere lo sguardo al mondo. Sì, perché le sue cornee saranno presto trapiantate su altre persone in lista di attesa. Purtroppo solo quelle in quanto gli altri organi del povero pensionato erano ormai lesionati a causa della rovinosa caduta del 26 gennaio scorso.
E’ questa la decisione di Maria Teresa, coraggiosa come quella del padre che di colpo si è ritrovato da solo a crescere la figlia di 9 anni. E’ stato un percorso arduo, spesso in salita. Si è rimboccato le maniche per consentirle di studiare, di rincorrere si i suoi sogni, le sue ambizioni ed aspirazioni. Sono stati anni difficili, di sofferenze e privazioni per il genitore che, tuttavia, quella sommità della montagna da scalare a mani nude l’ha raggiunta nel momento in cui ha visto la sua “bimba” conseguire a sua volta il suo traguardo: una laurea in Farmacia con 110 e poco dopo l’inizio della nuova avventura lavorativa al Nord che l’ha portata a dirigere una Farmacia a Padenghe, in provincia di Brescia.
E, mentre la figlia gioiva, lui lottava, dentro di sé, contro quel male che ti assale subdolamente, che ti fa perdere ogni certezza inducendoti anche a compiere quei passi verso una destinazione ignota, verso l’annullamento psichico prima che fisico. Avvolto da una silente depressione che cercava in ogni modo di celare, il 66enne, nel corso degli ultimi anni, ha tentato più volte il suicidio. Nel 2014 proprio mentre stava per lanciarsi dal ponte in piazza ad Acquaro fu fermato tempestivamente dai presenti.
Finì per avere un supporto psicologico che sembrava averlo ricondotto a fargli riassaporare la vita ma era tutta apparenza, una normalità finta, artefatta. Lo scorso 26 gennaio l’ultimo capitolo di un libro in cui le sofferenze e il coraggio di mescolano trasformandosi in dolore: Pietro si lancia terrazzo della propria abitazione, da circa 10 metri di altezza, e nella caduta al suolo riporta numerose fratture: Gambe spezzate, schiena rotta in tre punti, braccio rotto, ematomi ai polmoni. Lotta per 24 giorni prima di arrendersi, prima di tornare a camminare mano nella mano con la sua Catena.
Maria Catena saluterà papà Pietro per l’ultima volta domani alle 15.30 nella chiesa parrocchiale del paese in occasione dei funerali, ringraziandolo per il coraggio e la determinazione che, come un’abito, ha indossato giorno dopo giorno per consentirle di vivere un’esistenza normale.
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