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Dopo le tante iniziative di protesta contro il decreto di riordino della rete ospedaliera, partita una lettera ai vertici dello Stato
di GIANLUCA PRESTIA
VIBO VALENTIA – Hanno preso carta e penna e messo nero su bianco parole che testimoniano il loro malcontento, ma più in generale di tutta una provincia, contro il decreto commissariale di Massimo Scura. Sono i primari dimissionari dell’ospedale “Jazzolino” hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Premier Matteo Renzi evidenziando la loro lotta contro la riorganizzazione della rete ospedaliera. Una missiva nata anche con lo scopo di smentire quella sensazione che ormai si è trasformata in certezza secondo cui «l’unico obiettivo degli amministratori che si sono succeduti nel tempo pare esser stato quello del ridimensionamento del nosocomio di Vibo, con la soppressione lenta ma continua delle unità operative».
Sugli effetti della riorganizzazione, i primari sottolineano come sia alla «scomparsa la Medicina nucleare ed i servizio di Riabilitazione (15 posti letto), siano seguite quella della Chirurgia di urgenza (dieci posti), dalla Orl, dalla Nefrologia e dal servizio di Microbiologia. Senza contare che da circa dieci anni non vengono espletati i concorsi per medici ed infermieri per cui la situazione assistenziale nelle Unità operative e nei servizi si è abbassata tanto da non poter consentire, in alcuni casi, i livelli essenziali di assistenza. Nel pronto soccorso, poi, per coprire i turni, si è ricorso all’utilizzo di medici di guardia medica senza una adeguata esperienza per quanto concerne l’emergenza».
E la motivazione di questo è quella di «realizzare sul nosocomio di Vibo il disegno malevolo che lo voleva contenitore di una realtà più ampia mai decollata, e che trova nella struttura universitaria di Germaneto il punto di arrivo di una emigrazione sanitaria intraregionale per servizi spesso disponibili solo dal lunedì al venerdì, ed in alcuni reparti dal martedì al venerdì. Vibo ma anche Lamezia – scrivono ancora i primari – diventa quindi nella mente della struttura commissariale il serbatoio da cui attingere per riempire una struttura vuota come quella di Germaneto che è stata per anni, fatta salva la pace di pochi, disponibile per appuntamento, essendo una struttura non attrezzata per le acuzie».
La prova di tutto questo, a giudizio dei primari dimissionari risiede proprio nel decreto commissariale il quale, «lontano dall’essere un documento serio di riorganizzazione della sanità calabrese, rappresenta invece un atto punitivo per alcuni, con l’interpretazione personalistica della legge che disattende in modo evidente il decreto 70/2015, stravolto, nel disegno degli ospedali “Spoke” in modo positivo per gli amici, ed in modo negativo per i nemici».
Quindi, le richieste, tra l’altro già ampiamente note: «Sospensione dell’esecutività del decreto 30 e conseguente nuova riorganizzazione della rete ospedaliera della Calabria tale da garantire ovunque identiche possibilità di assistenza per come garantito dal decreto numero 70».
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