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Giallo in Piemonte dopo il ritrovamento del corpo carbonizzato di un uomo. In passato aveva gestito un agriturismo a Vibo ed era stato testimone in un processo alle cosche
di GIANLUCA PRESTIA
VIBO VALENTIA – In passato aveva gestito un agriturismo nel Vibonese ed è stato testimone in un processo alle cosche di ’ndrangheta. Una storia complessa, tornata alla ribalta dopo che il suo corpo è stato trovato carbonizzato nella sua autovettura a Sant’Antonino di Susa, nel Torinese.
Tutto farebbe pensare ad un suicidio, ma alcuni particolari hanno fatto scattare ulteriori accertamenti al punto che la procura di Torino e i carabinieri vogliono vederci chiaro. Per questo, il pm Antonio Rinaudo ha aperto un fascicolo per omicidio e nelle prossime ore il medico legale Roberto Testi eseguirà l’autopsia.
La vittima è Mauro Coletto, 51 anni. Viveva a Moncalieri, sempre nel Torinese, con le due figlie e la moglie. «Era depresso», ha detto quest’ultima ai militari dell’Arma. I due si stavano separando e, secondo il racconto della donna, Coletto – che vendeva filtri per auto – stava anche attraversando un momento difficile sul lavoro.
Il ritrovamento del corpo carbonizzato è avvenuto la scorsa notte, sul retro del cimitero del paesino della bassa Valle di Susa di cui la famiglia della vittima era originaria e dove sono seppelliti alcuni parenti. Secondo i vigili del fuoco, l’innesco dell’incendio è partito dall’interno dell’auto, un’Audi A3, che è stata cosparsa di benzina probabilmente in un distributore della zona. Difficile che qualcuno possa averlo appiccato per poi fuggire, tanto più che non sono trovate taniche e l’auto era chiusa. Altro particolare che fa pensare al suicidio è il fatto che i resti, secondo un primo esame sommario, non presentino segni di violenza ma c’è la testimonianza di due ragazze, che all’ora in cui è scattato l’allarme sostengono di avere visto delle ombre vicino all’auto in fiamme. Forse soltanto autosuggestione, secondo gli inquirenti, ma è abbastanza per proseguire gli accertamenti.
La zona del ritrovamento del cadavere, inoltre, non è nuova a delitti del genere, riconducibili alla criminalità organizzata e, in particolare, alla ‘ndrangheta.
In passato, Coletto aveva gestito un villaggio a Capo Vaticano, località nel territorio di Ricadi, ed era stato sentito, il 23 giugno dello scorso anno, in qualità di teste dell’accusa al processo “Black Money”. Durante il suo esame, sollecitato dalle domande del pm della Dda Marisa Manzini e di quelle dell’avvocato Michelangelo Miceli, aveva affermato di non aver ricevuto alcuna pressione dall’imputato Agostino Papaianni nella vendita della sua attività, chiamata “L’agrumeto”, aggiungendo di aver trattato la vicenda con alcune persone e, infine, di essere pervenuto ad un accordo nel 2010 con soggetti completamente diversi da quelli indicati in precedenza.
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