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L'Azienda sanitaria vibonese. Secondo scioglimento per mafia dopo quello del 2010

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Rese note le motivazioni sullo scioglimento per mafia l’Asp di Vibo. Nella relazione emerge un quadro allarmante della gestione dell’Azienda con preoccupanti condizionamenti della criminalità organizzata locale in numerosi settori


SONO arrivate le motivazioni dello scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’Azienda sanitaria di Vibo decretato il 30 settembre scorso su proposta del prefetto Paolo Giovanni Grieco in base alle risultanze della Commissione d’accesso, insediatasi a novembre 2023. E dal documento si conferma – dopo quanto emerso nell’indagine “Maestrale-Carthago”, un profondo e inquietante condizionamento della criminalità locale nella gestione dell’ente, attualmente guidato da una commissione straordinaria con a capo l’ex prefetto Vincenzo Piscitelli.

Nello specifico si dà atto della sussistenza  di “concreti, univoci e rilevanti elementi su forme di condizionamento ed ingerenza  della  criminalità  organizzata  di  tipo   mafioso   nei confronti dei vertici  dell’Asp” e si ricorda la rimozione dell’allora commissario Giuseppe Giuliano, nel giugno 2023, dopo il suo coinvolgimento nell’indagine Mater Domini della Procura di Catanzaro, con la nomina del generale Antonio Battistini.

«L’ASP DI VIBO TERRENO DI OCCUPAZIONI CRIMINALI»

I condizionamenti mafiosi – che portarono allo scioglimento per mafia dell’Asp di Vibo già nel 2010 – si sono protratti anche «negli anni successivi, a conferma degli esiti di diverse inchieste giudiziarie, richiamate dal prefetto di Vibo il quale evidenzia che le stesse hanno reso palese come l’Azienda, sia per l’importanza delle risorse che gestisce che per la natura dei servizi resi,  rappresenti un terreno di conquista e di  occupazione  da  parte  delle  locali consorterie criminali». Chiaramente inevitabili gli ampi riferimenti all’indagine “Maestrale” che ha  messo in rilievo le «ingerenze riconducibili alle locali consorterie, tese a  condizionare il personale amministrativo e medico dell’Azienda,  parte del quale risulta avere legami diretti o indiretti con i diversi clan ’ndranghetisti  del  territorio,  oltre  ad   essere   coinvolto   in procedimenti giudiziari».

PALESI CRITICITÀ E SCARSA COLLABORAZIONE DAI VERTICI.

Le «palesi» criticità si sono riscontrate  «in tutte le articolazioni dell’Azienda,  con  particolare  riferimento agli  incarichi  professionali,  alla gestione  del  personale e del patrimonio  immobiliare,  ai  lavori  pubblici,   alle forniture   di   beni   e   servizi,   alle   prestazioni   sanitarie convenzionate».  Il prefetto Grieco ha quindi bacchettato la struttura dirigenziale per «la scarsa collaborazione prestata alla commissione di indagine la  documentazione  richiesta»,  tanto da rilevare «la mancata consegna nella sua interezza nei tempi  stabiliti», e questo «già di per sé deve ritenersi sintomatica di una  grave criticità», quanto meno di natura organizzativa, evidenziando, altresì,  «l’assoluta  gravità  del  fatto» e rimarcando come la commissione d’indagine abbia «avuto  modo  di constatare una situazione di grave disordine, e caos, rilevando, ad esempio, una  gestione organizzativa del  personale apparsa inequivocabilmente fuori controllo».

E ad aggravare il quadro la circostanza che la documentazione ricevuta è stata «parziale,  disordinata e senza possibilità di eseguire le dovute e programmate verifiche di taluni aspetti gestionali, e questo oggettivamente contribuisce non poco a favorire gli interessi della criminalità organizzata».

I CONTATTI CON I CLAN DI MAFIA DI VIBO E PROVINCIA

Nella relazione che ha portato allo scioglimento per mafia si evidenziano accertati anche i contatti tra varie articolazioni dell’Asp di Vibo ed  elementi  della criminalità organizzata, che «complessivamente  considerati depongono per l’esistenza di un  condizionamento dell’ente nel  suo complesso», traducendosi nel «controllo delle procedure seguite per gli affidamenti di   commesse pubbliche concretizzatesi «nel favorire società e professionisti di fatto contigui alle locali cosche di ‘ndrangheta». E a cristallizzate tale dato vi è la «notevole carenza dei controlli antimafia laddove si evidenzia che l’Asp nelle deliberazioni relative agli incarichi professionali o alle assegnazioni di lavori ha spesso omesso i riferimenti alle predette verifiche  preventive,  risultando infatti che su 82 delibere oggetto di attenzione da parte della Commissione di indagine soltanto in 7 risultano riportati, e dunque effettuati, i prescritti controlli». 

GLI AFFIDAMENTI A DITTE COLPITE DA INTERDITTIVA ANTIMAFIA

Acclarati poi rapporti con ditte esterne anche attinte da interdittiva antimafia oltreché con soggetti privati con collegamenti diretti o indiretti con i maggiorenti delle varie cosche mafiose della provincia, tant’è che nella relazione figura è un elenco di oltre 60 fornitori aventi rapporti familiari o di frequentazioni con soggetti controindicati:  «Una di queste ha beneficiato di oltre 40 affidamenti – 22 dei quali in regime di somma urgenza/diretto – destinataria di interdittiva i cui effetti ostativi hanno perso efficacia per l’ammissione della stessa al controllo giudiziario. Si trattava di lavori di somma urgenza liquidati dall’Asp, tra gennaio e febbraio 2019,  per consentire il perfezionamento in tempo dell’iter amministrativo preannunciante l’ostatività antimafia poi effettivamente adottata nel marzo successivo».  

Altre procedure che hanno rilevato analoghi vizi e irregolarità  si sarebbero poi risolte «con l’assegnazione  di  lavori  o  servizi  pubblici  in favore di numerose ditte che hanno intrattenuto, talvolta  per  anni, rapporti economici  con  l’Azienda  sanitaria,  benché  siano  state oggetto di interdittive prefettizie in quanto i componenti avevano stretti rapporti e frequentazioni con ambienti controindicati, come quello di un intero nucleo familiare che ha ricevuto diversi affidamenti, spesso in via d’urgenza, divenuta ormai la prassi, e i cui rapporti con l’Asp sussistono dal 2014».

IL SERVIZIO DI REFEZIONE DELL’ASP IN MANO AI CLAN DELLA PROVINCIA DI VIBO

Altra criticità emersa è quella del servizio di refezione negli ospedali, tra l’altro già attenzionato nel 2010 e che aveva portato l’Azienda ad aggiungere due clausole nel rapporto di lavoro tra cui quella di sostituzione di persone non gradite nella società che svolgeva il servizio. Clausola che invece non si sarebbe esercitata in quanto «risultano tuttora assunti e operativi alcuni soggetti legati a uno dei locali clan  di ’ndrangheta», segnatamente quello dei Fiarè di San Gregorio d’Ippona.

Il Prefetto di Vibo, Giovanni Paolo Grieco

I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DELL’OSPEDALE E PROROGHE IRRITUALI

In questo frangente si menzionano le risultanze intercettive  e il  coinvolgimento di un dirigente dell’ospedale che avrebbe  «fornito il proprio contribuito ad una vicenda estorsiva che  vede  coinvolte  le consorterie criminali del Vibonese» e le «irritualità delle proroghe tecniche e rinnovi contrattuali a  favore  di soggetti economici per i quali sono emersi significativi e  specifici pregiudizi penali,  nonché  evidenti  elementi  di  contiguità  con esponenti della criminalità organizzata, come nel caso  dell’appalto del servizio di pulizia e sanificazione in tutte le strutture ove hanno sede gli uffici dell’Asp».

ASSUNZIONI DI PERSONALE E DANNO ERARIALE

Un altro dei nodi centrali della relazione riguarda le procedure di assunzione di  personale medico dalle quali sono emerse «palesi irregolarità» frutto della «mala  gestione amministrativa» che certifica «la permeabilità dell’ente alle illecite istanze della criminalità organizzata», mentre per i beni dell’Azienda si sono rilevati «consistenti liquidazioni di fondi pubblici  in  entrambi i casi  in  favore  di soggetti notoriamente vicini al contesto criminale vibonese»  e «molteplici  disfunzioni organizzative e responsabilità contabili attribuibili  ai  dirigenti dell’ente che si  sono  avvicendati  negli  anni  in  quel  servizio». Riscontrato, al riguardo un danno erariale di 545mila euro derivante dal mancato introito di somme di denaro per l’ente, «per via del versamento  di  canoni  di  locazione sotto la soglia minima determinata dall’Agenzia delle entrate o,  addirittura», o per  la «mancata dazione dei canoni stessi».

Altro danno erariale, da 506mila euro, riguarda contratti di locazione per immobili sottoscritti senza  attenersi ai reali i valori  di  mercato. E non fa certo eccezione la procedura sulla concessione  dei  locali che ospitano il bar all’interno di un nosocomio, a testimonianza della  «capacità  di ingerenza  della  criminalità organizzata», poiché l’Asp non si è mai attivata, né  ha  mai  avviato procedure legali, per il recupero dei canoni dovuti non  versati  dal gestore  del  servizio «risultato avere  stretti legami familiari con  esponenti delle più importanti consorterie mafiose locali».

RISCONTRATO UN GRAVE DISORDINE AMMINISTRATIVO

Oltre tutto quanto esposto, la relazione mette in risalto un evidente «disordine organizzativo ed amministrativo dell’Asp che consente alle consorterie di mafia della provincia di Vibo di proliferare ed infiltrarsi» come nel servizio dei distributori automatici di alimenti e bevande negli uffici  e negli  ospedali  dell’ente, «attività che per decenni si è caratterizzata per l’assoluta assenza di legalità,  con  conseguenze sia in termini di esborsi per l’ente, in particolare per i costi dell’energia elettrica, solo parzialmente rimborsati, sia per i mancati introiti, con notevolissimi perdite  economiche  da  parte dell’Azienda per le cui responsabilità sono in corso accertamenti presso le competenti autorità giudiziarie». Al riguardo, si è acclarato il mancato versamento del canone di concessione da parte  delle società operanti, peraltro, tutte ditte prive di titolo autorizzativo valido e molte «collegate, per vincoli familiari o per frequentazioni, al contesto criminale della Provincia di Vibo».

I CONTRATTI CON LE STRUTTURE ACCREDITATE

C’è anche questo segmento investigativo nella relazione di scioglimento dell’Asp in quanto si evidenzia che «una struttura privata convenzionata – nei  confronti della quale, peraltro, si rilevano significativi elementi di contiguità con esponenti della criminalità  organizzata – per ben 10 anni, sebbene autorizzata e accreditata per l’esecuzione di prestazioni in diverse discipline,  avrebbe effettuato indebitamente prestazioni sanitarie chirurgiche di carattere ambulatoriale, in carenza per una determinata branca sia dell’autorizzazione sanitaria per l’esercizio sia dell’accreditamento con l’ente».

MANCATI RENDICONTI DEGLI AGENTI CONTABILI

Gli agenti contabili, poi, non hanno mai presentato all’Asp i rendiconti annuali connessi  alle attività loro demandate dai dirigenti e dai responsabili  delle unità operative e degli uffici e tale circostanza è  stata  rilevata sia con riferimento all’acquisto di materiali di consumo  durante  il periodo  dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, sia con riferimento alle somme di denaro riscosse presso gli sportelli di pagamento dei ticket sanitari. Rendiconti che non sarebbero neanche stati forniti alla commissione d’accesso inviata dal prefetto.

LE CONCLUSIONI E LA RICHIESTA DI SCIOGLIMENTO DELL’ASP DI VIBO PER MAFIA

Nella sua relazione, il prefetto di Vibo, Paolo Giovanni Grieco, evidenzia infine acclarati “gli indizi di ingerenza  dei clan di mafia locali nella gestione amministrativa dell’Asp”, che lo hanno spinto a chiedere al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’intervento dello Stato “mirato a prevenire  ed a contrastare il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nella pubblica amministrazione locale, a ripristinare  la  legalità  ed  a recuperare la struttura pubblica ai propri profili istituzionali”.

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