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Un nuovo pentito di ‘ndrangheta nel Vibonese, Renato Marziano. In realtà collabora da 5 anni ma tale circostanza non era mai venuta alla luce fino ad oggi
VIBO VALENTIA – Spunta il nome di un nuovo collaboratore di giustizia nel Vibonese. La circostanza singolare è che ha avviato il percorso da circa 5 anni ma di lui non si è mai saputo nulla. Ciò in quanto fino ad oggi non è stato versato nulla sia nelle varie ordinanze di custodia cautelare né è mai stato chiamato a testimoniare nel corso dei numerosi processi per ’ndrangheta che si sono celebrati in quest’ultimo lustro.
Fino ad oggi, appunto. Sì, perché il suo nome adesso compare nell’avviso di conclusione delle indagini dell’operazione “Portosalvo”. Indagine condotta nei confronti di 22 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio (ben 6), tentato omicidio, estorsioni, reati in materia di armi ed altro con l’aggravante delle modalità e dell’agevolazione mafiosa.
Il suo nome è Renato Marziano, 57 anni, di Vibo Valentia. Ad assisterlo l’avvocato Ketty De Luca, specializzata nel rappresentare i collaboratori di giustizia. Di lui poco si sa e quel poco lo si apprende sempre dall’avviso di conclusione delle indagini. Gli inquirenti lo accusano di associazione di stampo mafioso e lo inquadrano come partecipe attivo alla Locale di ‘ndrangheta di Piscopio. In particolare «con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e del! ‘associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio e consumando i reati-scopo della consorteria».
Sempre secondo le risultanze investigative era alle dirette dipendenze del “capo locale” Nazzareno Fiorillo, per conto del quale svolgeva anche la funzione dì autista, collaborava strettamente con lui nella cura degli interessi della cosca, eseguendo le sue disposizioni, assicurando il controllo del territorio e commettendo reati fine del gruppo, in particolare nel campo delle truffe, mettendosi altresì a disposizione della consorteria anche quale azionista per l’esecuzione dei crimini più cruenti”.
Non sarebbe, quindi, stato un azionista, un componente del gruppo di fuoco dei piscopisani quanto piuttosto una mente raffinata nella realizzazione di truffe e il suo nome comparirebbe anche in una delle informative dell’indagine “Rimpiazzo” proprio contro gli esponenti della locale consorteria criminale.
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