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Gli incontri filmati dalla Dia di Roma

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L’informativa della Dia di Roma apre uno spaccato sulla mafia capitolina e fa emergere l’interesse della ‘ndrangheta, in questo caso dei Mancuso, nella gestione del settore dei carburanti


VIBO VALENTIA – Spalanca le porte ad un vero e proprio mondo criminale l’informativa della Dia di Roma relativa all’inchiesta sul settore dei carburanti gestito nella Capitale dalle organizzazioni di mafia tra le quali figura il clan di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi.

In un apposito segmento dedicato alle cointeressenze della consorteria vibonese nel sistema mafioso capitolino, si fa riferimento ad una frenetica serie di incontri tra gli emissari della prima e gli esponenti del secondo. Un frangente giudicato dirimente dagli investigatori afferisce alla conversazione in cui si è cristallizzato il contesto mafioso nel quale si muovono gli indagati.

I MANCUSO E LA MAFIA ROMANA: LE FIGURE DI MACORI E BRIGANDÌ

L’occasione è un dialogo tra Macori, elemento di congiunzione tra i due mondi, cresciuto «nell’estrema destra eversiva romana all’ombra di Massimo Carminati, divenendo prima l’alter ego di Gennaro Mokbel per poi legarsi al boss Michele Senese», e Antonio Brigandì, figura vicina al defunto boss Pantalone Mancuso alias “Vetrinetta”. Nel corso della conversazione i due ripercorrono in maniera chiara le dinamiche attraverso cui il Sistema mafioso romano interfaccia, ed in qualche modo “tutela” gli investimenti economici dei principali gruppi mafiosi italiani come nel caso della cosca di Limbadi.

I due si lasciano andare a commenti più chiari rispetto al solito poiché in entrambi prevale il disappunto nei confronti di Piero Monti, imprenditore prestato ai clan e genero del defunto Sergio Di Cesare, storico imprenditore nel settore degli idrocarburi, e del commercialista vibonese Andrea Betrò, a loro giudizio responsabili rispettivamente di non rispettare quanto stabilito soprattutto in relazione agli utili che dovrebbero essere destinati ai due interlocutori.

LA MINACCIA: “TE METTO LA PISTOLA IN BOCCA E TE SPARO”

L’indagine sulla mafia di Roma e gli interessi della cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso nel settore dei carburanti, fa riferimento alle problematiche sorte tra i due interlocutori soprattutto con Betrò e la situazione era talmente critica che Macori non avrebbe esitato a prospettare un’azione nei suoi confronti fino ad affrontarlo armato per ribadirgli il suo spessore criminale.

Infatti affermava: “Nooo… io ‘mbocco proprio in ufficio con il ferro (ndr. pistola) e glielo metto in testa ad Andrea e con il telefono 113 chiama un po’? ..e te sparo mentre li chiami.. (ndr. ride), pezzo di merda… ancora che se pensa che me fanno paura a me le guardie… ma sti cazzi, ma hai scelto sta vita perché? per famme mette paura da Andrea Betrò…. io vado proprio con scritto 113 … chiama, così sentono proprio la botta de… (ndr ride)…inc… tanto gli devi fare così… gli deve far vedere che c’hai… ma lo sanno poi, lo sanno.. lo sanno…, perché a te, a me e zio Salvo ci tengono boni…perché ‘o sanno”.

E da parte sua Brigandì sembrava seguire la stessa linea del suo interlocutore facendo immediatamente capire che Betrò non aveva compreso la forza delle persone che lui stesso rappresenta “loro, non hanno capito sta cosa, pensa che quando dicono che (inc.le)… amico di Tatangelo (fonetico)… a me ne passa per il cazzo…”.

I MANCUSO E LA MAFIA ROMANA: L’IMPRENDITORE DEI CARBURANTI MONTI E LA SCALATA GRAZIE AL CLAN DI ‘NDRANGHETA

Soggetti come Monti, o realtà imprenditoriali complesse come la più volte citata galassia Max Petroli della quale “Er Tigre” (Monti) è una delle appendici più significative, sono – scrivono gli inquirenti – parte integrante del “Sistema mafioso romano perché il contesto associativo indagato non solo si serve di queste società per mettere a regime le proprie articolate e spregiudicate manovre illecite, soprattutto legate al riciclaggio. Ma addirittura contribuisce in maniera fondamentale all’esistenza stessa di queste imprese che si impongono sul mercato solo ed esclusivamente attraverso le reti relazionali mutuate dallo stesso sistema mafioso e, soprattutto, mediante l’incomparabile forza economica derivante dalle provviste di contanti con cui le associazioni mafiose ortodosse sostengono l’impalcatura criminale”.

E al riguardo si evidenziano le parole di Brigandì che, del resto, suggellano come all’interno della mafia di Roma la posizione dominante sul mercato dei carburanti assunta dall’imprenditore è “stata resa possibile solo grazie al supporto del clan di ‘ndrangheta dei Mancuso, da lui stesso rappresentati, ed è ovvio che questo presuppone un costo, un ritorno a cui Monti stesso non può pensare di sottrarsi”.

Brigandì infatti testualmente dice: “Tiro i remi in barca …e lascio il via a tutti … me ne passa per il cazzo …non ce la faccio più io .. a me mi chiamano il giorno.. che stiamo a fa? Che stiamo facendo? Ma è possibile tutte le mattine ma buongiorno, che buongiorno eh. Lui pensa che non gli è dovuto niente che lui non ha preso patti con nessuno… ma non ha capito un cazzo…. omissis…. lui non ha capito un cazzo …. …. omissis…. perché lui quello che ha preso …lui pensa che è tutto merito suo, lui sta comodo ora, non ha capito un cazzo…”.

GLI INTERESSI DEI MANCUSO E DELLA ‘NDRANGHETA NEI CARBURANTI: “DEVE SALIRE QUALCUNO DALLA CALABRIA”

E Macori, nel ricordare come senza il loro supporto ed il loro coordinamento Monti non sarebbe riuscito a creare nulla, si dice convinto del fatto che Brigandì debba far salire qualcuno dalla Calabria, intendendo sodali delle ‘ndrine rappresentate dal suo interlocutore, per chiarire con la forza all’imprenditore quali sono le dinamiche in gioco: “Ahhh giù da sotto! …. omissis… maaa… ‘o sai che c’è? Ricordaglielo Antò… omissis…. ricordaglielo … …. omissis… con il lavoro… lui. Dovresti fa salì qualcuno… omissis…. non c’ho obblighi morali… li mortacci tua eri un pezzente… ti abbiamo presentato noi ad Andrea Betrò che ti ha fatto prendere tutta sta cosa… Giampiero… se non c’era Giampiero che ce l’ha presentato Antonio e zio Sandro… o Betrò che glielo ho presentato io… ma questo…(inc.le)… omissis. Però, noi glielo abbiamo ricordato mò tocca ricordaglielo te”.

I MANCUSO E LA MAFIA ROMANA NEI CARBURANTI: LA SICUREZZA DI MONTI E LA RABBIA DI MACORI

Monti però avrebbe ostentato la protezione di altre consorterie per cui, con i calabresi si farebbe scudo di Macori  e di Alessandro Savioli messogli alle spalle proprio da Robertone: “Per me zio Sandro… quello spara.. m’ammazzano a tutti”, m’ha detto l’altro giorno… ho detto eehh…”.

Tuttavia, Macori, precisava che le cose non erano più così immediate ed anzi, il suo disappunto era tale che già una volta aveva intimato a Monti di non permettersi più di farsi scudo con lui perché altrimenti ci sarebbero state delle conseguenze: “Eehh, zio Sandro infatti spara proprio per lui. Omissis…. tu digli de si.. digli sempre de si, “no perché a fratellì… a Roma te … dove vado faccio er nome tuo me s’aprono ‘e porte, lo sanno tutti che so”, dico “fermate non lo dì più a nessuno”, mo’ stai con le guardie… stava con un amico suo no?… che sono andati non so dove ed hanno incontrato un malandrino che co’ Piero c’aveva avuto ‘na storia, gli ha detto … “no perché io so’ er fra”…. quello allora tutto apposto e stava con questo. Allora per vantasse davanti a questo… dove andiamo noi…”.

“GLI HANNO “SOLATO” 500MILA EURO MA GRAZIE A ME GLIELI HANNO RIDATI”

E sulla circostanza della protezione di cui avrebbe goduto Piero Monti  proprio in relazione agli interessi economici e criminali in gioco, è emerso un altro scambio di battute particolarmente significativo tra i due interlocutori. Ed infatti, “Robertone” Macori  faceva riferimento ad una circostanza nella quale all’imprenditore avevano sottratto 500mila euro (verosimilmente dai clan  napoletani) e solo grazie allo scudo offerto da Macori e dai rapporti di quest’ultimo con tutte le anime del Sistema mafioso, la situazione si era risolta.

Questo il passaggio: “Oh, a Milano quando gli hanno solato i 500.000 euro ..lui mi ha detto che il padre di Andrea ha chiamato e vi denuncio a tutti, a me mi ha detto la verità Domitilla. E’ entrata là dentro e ha detto i soldi sono di Roberto Macori e li rivuole subito sennò scoppia una guerra e glieli hanno ridati… perché per me dietro c’era Nicolò, ancora di…. pur de non dì grazie a te .. hai capito? Omissis…. te lo dico io… te lo dico io.. …. omissis…. a me lo ha detto Domitilla.. …. omissis….”. E questo  “Nicolò” viene verosimilmente identificato in Nicolò Sfarà,  l’alter ego di Brigandì per la cosca Morabito.

LA PAURA DELLA ‘NDRANGHETA: “SE SALE QUALCUNO FINISCE MALE”

Tuttavia, vista la situazione, Macori avrebbe nuovamente esortato il suo interlocutore a far intervenire i suoi referenti calabresi al fine di risolvere le pendenze con Monti e ricondurlo all’obbedienza e soprattutto alla condivisione degli utili realizzati soltanto mediante le protezioni godute : “…Però è proprio adesso che c’ha la licenza che tu dovresti sederlo un attimo dici guarda mica che… da giù.. o fai salì qualcuno da giù che ce parla… però sempre educatamente…”.

Ma Brigandì sottolineava come l’intervento delle cosche calabresi dovrà rappresentare l’extrema ratio in quanto vantano dei crediti che sperano di soddisfare contando ancora sul buon senso dell’imprenditore. Se così non dovesse accadere, l’intervento sarà certamente aggressivo nei confronti di quest’ultimo “Nooo… se sale qualcuno da giù finisce male…eee.. Roberto…. omissis…. finisce male perché avanzano i soldi…. lui… hanno fatto promesse, eee…”.

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