Il latitante Pasquale Bonavota
3 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – L’arresto di Matteo Messina Denaro ha fatto tornare agli onori della cronaca uno tra i maggiori ricercati più pericolosi d’Italia: un vibonese. Per la precisione un santonofrese, Pasquale Bonavota, considerato la mente dell’omonimo sodalizio mafioso operante nel territorio di Sant’Onofrio ma con promanazioni sull’area industriale di Maierato, Pizzo e Acconia di Curinga, uccel di bosco dall’autunno del 2018.
La decisione di inserire Bonavota nel nuovo elenco dei latitanti più pericolosi era stata assunta nel novembre 2021 dal Giirl (Gruppo integrato interforze per la ricerca dei latitanti) istituito presso la Direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza con il compito di raccogliere e analizzare le informazioni, fornite dalla Polizia, dai carabinieri, dalla Guardia di Finanza, dalla Dia e poi da Aisi e Aise, utili a individuare, sulla base di specifici criteri di valutazione, i latitanti di maggiore spessore criminale.
Se il fratello Domenico è considerato il capo dell’ala militare, Pasquale, 48 anni, è invece la “mente” del clan che in provincia di Vibo Valentia è secondo solo ai Mancuso per forza e prestigio criminale. Condannato in primo alla pena dell’ergastolo al termine del processo scaturito dall’operazione “Conquista”, per gli omicidi di Domenico Di Leo e Raffaele Cracolici (a giugno e luglio del 2004) ma assolto in Appello di Catanzaro, da novembre del 2018, come detto, ha fatto perdere le proprie tracce. Ulteriore assoluzione, questa volta in primo grado, l’ha incassata per un’altra uccisione: quella di Domenico Belsito, avvenuta a marzo del 2004.
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È riuscito a sparire nel nulla qualche ora prima dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione disposto dall’autorità giudiziaria dopo la condanna emessa in primo grado. Quando il 19 dicembre 2019 scattò l’operazione “Rinascita-Scott” lui era, infatti, già latitante. Ma durante il maxi procedimento penale in corso presso l’aula bunker della Fondazione Terina, nell’area industriale di Lamezia Terme, non ha mancato tuttavia di far sentire in qualche modo la sua presenza. Come? Facendo pervenire presso il proprio legale storico, l’avvocato Tiziana Barillaro, una lettera con la quale conferiva Procura speciale alla stessa di assisterlo nel procedimento in questione, chiedendo anche la possibilità di sottoporsi ad eventuali riti alternativi.
Nella prima occasione il Tribunale aveva a respinto la richiesta avanzata dall’avvocato Barillaro rilevando, tra l’altro, che non fosse certa la volontà dell’imputato né la provenienza della lettera stessa missiva, disponendo, dunque, il procedersi oltre con l’udienza. Stesso esito nella seconda occasione. Pertanto, Pasquale Bonavota, continua ad essere assistito dall’avvocato d’ufficio i questo procedimento penale.
Pasquale non è stato l’unico della famiglia ad essersi reso latitante nel corso del tempo. Anche il fratello Domenico per due volte ha agito in tal senso e in entrambe le occasioni è stato individuato e arrestato. La prima volta, nel 2008, a Genova – dove si era rifugiato per sottrarsi alla cattura dell’operazione Uova del Drago” – e la seconda – destinatario delle misure cautelari di Rinascita-Scott e Imponimento e condannato all’ergastolo per l’omicidio Di Leo – nel suo paese natale, la sera del 5 agosto del 2020.
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