Il corpo di De Pietro all'interno della Renault 5
INDICE DEI CONTENUTI
VIBO VALENTIA – “Avevamo avuto notizia che ci sarebbe stata una grossa operazione e per questo sparimmo”. Sono le parole del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena al processo per l’omicidio di Antonio De Pietro, avvenuto a Piscopio, nel Vibonese, nel 2005, che vede imputati Rosario Battaglia, Michele Fiorillo (mentre Rosario Fiorillo sostiene il dibattimento davanti al tribunale dei minori in quanto all’epoca non aveva ancora 18 anni).
Davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, il pentito, ex componente del gruppo dei Pardea, parla dei motivi che portarono al delitto citando i presunti mandanti ed esecutori materiali, ma non prima di aver fatto un excursus sulla sua carriera criminale e quella di Francesco Antonio Pardea. Nello specifico ha narrato, su domanda del pm della Dda, Andrea Buzzelli, le cause che l’hanno spinto, insieme all’inseparabile sodale, a sparire di colpo da Vibo Valentia per poi tornare circa un mese dopo e parla proprio di una grossa operazione all’orizzonte (che sarebbe stata poi “Rinascita-Scott”, segno che negli ambienti criminali vibonesi tale voce girava insistentemente).
LA FUGA A NERVIANO
“Francesco Antonio Pardea in quel periodo temeva di incappare in qualche vicenda giudiziaria per quanto riguarda le dichiarazioni che stava facendo soprattutto Andrea Mantella e poi eravamo notiziati che effettivamente c’era nell’area una grossa operazione che doveva essere fatta, però la temeva più Pardea, non tanto io, perché io dalle dichiarazioni di Mantella non avevo nulla di che temere. Pertanto, mi disse se potevo andare con lui, perché onestamente all’epoca eravamo un tutt’uno, anche perché lui aveva uno zio che era scomparso negli anni ’80, io avevo il padre che era scomparso negli stessi anni e quindi la circostanza per le Forze dell’Ordine sarebbe passata come vera”, come un caso di “lupara bianca”.
I due però salirono al Nord Italia allo scopo, secondo quanto ha riferito il collaboratore, di creare una nuova Locale di ’ndrangheta: “Siamo saliti a Milano, nella zona di Nerviano, perché già là avevamo aperto un canale di spaccio e poi perché lì non c’era un capo società in quanto quegli uomini d’onore che c’erano rispondevano tutti alla Locale di Seregno e quindi Pardea aveva pensato di aprire una ‘ndrina in quella zona, sempre col benestare di Vincenzo Gallace, perché là in quel periodo in Lombardia il responsabile era lui”.
MORELLI E L’AGGUATO AI BELLISSIMO
L’esame di Arena ci concentra poi sulla figura di Salvatore Morelli, ex braccio destro di Andrea Mantella e ritenuto elemento di spicco del crimine vibonese, e sul suo rapporto con i Piscopisani: “Aveva già aveva commesso delle azioni criminali col gruppo dei Piscopisani ancor prima che si formasse il sodalizio riconosciuto a tutti gli effetti ovvero quello riconosciuto dal “Crimine di Polsi”.
Con loro ha partecipato al tentato omicidio dei fratelli Bellissimo, che sono di Sant’Angelo di Gerocarne, pure loro una famiglia di ‘ndrangheta, perché avevano avuto una discussione con i Battaglia, in quanto uno di questi Bellissimo aveva fatto un apprezzamento verso una donna dei Battaglia, quindi c’era stata una discussione, erano andati alle mani e successivamente li hanno presi a fucilate. Salvatore Morelli faceva parte di questo gruppo di fuoco, aveva partecipato con loro, talmente erano legati”.
L’OMICIDIO DE PIETRO
Argomento centrale dell’esame di Arena è stato, ovviamente, quello del delitto del 2005. Il pentito ha raccontato di conoscere di vista la vittima: “So che era un impiegato di un ufficio, forse il vecchio ufficio di collocamento, quello che c’era vicino Piazza Municipio una volta, ma non ricordo bene. So che era stato ucciso ed era l’amante di Immacolata Fiorillo, madre di Rosario Fiorillo, detto “Pulcino”, e zia di Rosario Battaglia, perché era sorella della madre. Era notorio nella ‘ndrangheta che erano stati i Piscopisani ad uccidere De Pietro sia perché era l’amante della Fiorillo, sia perché aveva pure abusato economicamente di questa donna e sapevamo tutti che era stato il figlio, minorenne all’epoca, Rosario a sparare. Questo era diciamo la voce che girava nell’ambiente criminale. Poi naturalmente fatti più dettagliati li ho saputi da Pardea e da Morelli”.
E sul punto Arena ha raccontato il frangente: “Ne ho parlato con Pardea di come era stato avvenuto il fatto: a De Pietro gli era stato dato l’appuntamento al cimitero di Piscopio e poi, là si è presentato “Pulcino” che gli ha sparato. Era stato coadiuvato da tutti gli altri soggetti di Piscopio e quando parliamo di tutti gli altri soggetti, mi riferisco a Michele Fiorillo e Rosario Battaglia (nome che viene pronunziato dal collaboratore per la prima volta e che susciterà le pressanti richieste di chiarimento dell’avvocato Staiano, legale dell’imputato, ndr), però non so poi in che termini hanno partecipato fattivamente”.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA