INDICE DEI CONTENUTI
- 1 IL REATO ASSOCIATIVO
- 2 RICICLAGGIO E REIMPIEGO DI CAPITALI DA ILLECITI
- 3 IL RICORSO ALLE MINACCE DAI PRESUNTI SODALI DEI CLAN MANCUSO E PIROMALLI
- 4 VIOLENZE INTIMIDAZIONI E L’EVOCAZIONE DEI CLAN MANCUSO E PIROMALLI
- 5 I RUOLI RICOPERTI ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE DEI CLAN MANCUSO PIROMALLI
- 6 IL PRESUNTO RUOLO SVOLTO DAI PROFESSIONISTI
- 7 PROFESSIONISTI COME PRESUNTI CONSIGLIERI
Blitz contro i clan Mancuso di Limbadi e Piromalli di Gioia Tauro, le accuse, i ruoli degli indagati nei clan e i professionisti ritenuti coinvolti
Sono molteplici le contestazioni che gli inquirenti hanno mosso agli indagati del blitz messo a segno questa mattina nei confronti di numerosi presunti esponenti dei clan Mancuso di Limbadi e Piromalli di Gioia Tauro, ecco le maggiori.
IL REATO ASSOCIATIVO
Per quanto concerne il capo associativo contestato a Francesco e Rocco Patamia, Saverio Serra, Giovan Battista Moschella, Antonino Carnovale, Gregorio Ciccarello, Domenico Arena, Marcello Bagalà, Giuseppe Maiolo e Giuseppe Vivona, si evidenzia come gli stessi si sarebbero associati allo scopo di commettere più delitti (bancarotta distrattiva e documentale, intestazione fittizia, autoriciclaggio, estorsione), ed all’occorrenza anche contro l’altrui patrimonio e la persona rispetto a persone che con le loro azioni divenivano di intralcio al programma criminale.
Avrebbero quindi preso parte attivamente “all’attività illecita ideata, in particolare attraverso l’accaparramento, la gestione diretta od occulta di imprese, ed in alcuni casi anche la programmata distrazione patrimoniale finale che portava al fallimento di alcune delle società controllate dai sodali tramite compiacenti “teste di legno”.
Da ultimo anche l’autoriciclaggio quale forma di occultamento dei pregressi illeciti profitti secondo le modalità dettagliate ai capi successivi e con specifico riferimento alle società: In The Pansoow-Whilees Srl (già denominata già Fp Group Srl) ultima sede in Reggio Emilia (dichiarata fallita ad aprile 2021), la Dolce Industria Srl con sede a Cesenatico (dichiarata fallita nel 2019), la Formo Imolese Srl con sede Legale a Bagnacavallo (RA); la Dolciaria Italiana Srl con sede operativa a Cervia; la Transer Srl con sede legale a Modena (MO) (dichiarata fallita nel 2019), Tda Packaging Design Srl, con sede legale a Reggio Emilia (RE) (dichiarata fallita nel 2020), la Tda Packaging Eu Srl, con sede a Vignola (MO) (dichiarata fallita nel 2021)”.
RICICLAGGIO E REIMPIEGO DI CAPITALI DA ILLECITI
Gli indagati avrebbero realizzato “una serie di investimenti che presentano indici di “anomalia” rispetto ai delitti di riciclaggio e reimpiego dei capitali di provenienza illecita, dimostrando la disponibilità effettiva di rilevanti provviste finanziarie non giustificate dalle loro risultanze reddituali; operando di norma, mediante lo strumento dell’affitto ovvero dell’acquisto di rami di azienda afferenti ad imprese in difficoltà economica, per lo più operanti nel settore della panificazione, della ristorazione e dei servizi alberghieri della riviera romagnola nei comuni di Imola, Cervia e Cesenatico, ovvero compiuta con l’acquisizione di licenze commerciali o la costituzione di neo società intestate a compiacenti “prestanome” ma di fatto riferibili ai sodali, come nel caso della Forno Imolese e Dolciaria Italiana, entrambe formalmente amministrate a Vivona ma nei fatti gestite dai due Patamia (anche nelle qualità di membri del Cda della FP Group srl fallita con la denominazione In The Pansoow-Whilees), Carnovale e Serra”.
Lo scopo sarebbe stato quello di inserirsi all’interno del tessuto economico-finanziario dell’Emilia Romagna, traendo immediato profitto attraverso la depauperazione dei beni economicamente apprezzabili afferenti ai predetti enti giuridici.
Sarebbero poi state operate manovre patrimoniali distrattive in favore di società riferibili a sodali così come accertato dagli inquirenti e compiendo “condotte di autoriciclaggio rispetto ai profitti procurati attraverso i pregressi delitti di intestazione fittizia relative alle società Forno Imolese e Dolciaria Italiana ed in relazione alle distrazioni inerenti i delitti fallimentari della società Transer, mediante successiva trasferimento occulto degli illeciti profitti di dette azioni nella neo costituita azienda La Dolciaria Italiana di Saverio Serra”.
IL RICORSO ALLE MINACCE DAI PRESUNTI SODALI DEI CLAN MANCUSO E PIROMALLI
Gli stessi presunti sodali non si sarebbero poi «fatti scrupolo nell’utilizzare modalità minatorie e in taluni casi coercitive e ritorsive nei confronti dei pochi soggetti che, nell’ambito dei rapporti commerciali coi componenti il gruppo, manifestavano legittime resistenze rispetto alla realizzazione del programma criminoso dell’associazione, quali Emanuele Pirani (cedente ramo d’azienda inerente il laboratorio corrente di Cervia, poi divenuta sede effettiva di tre delle società da ultimo sopra indicate), Andrea Betti (creditore rispetto alle società riconducibili alla gestione e effettiva da parte dei Patamia, di Serra, Carnovale e Vivona, sempre con riferimento al laboratorio corrente di Cervia)».
Ma anche «attuando anche atti di violenza e minaccia gravi nei confronti di persone che non accedevano alle pretese – spesso illecite – rispetto agli interessi man mano manifestati dai singoli sodali, quali quelle riferite alla famiglia Magni-Menozzi (con riguardo alle trattative intercorse rispetto all’acquisto della casa di proprietà di Campogalliano per Serra Saverio), a Roberto Radici (incaricato per il procacciamento di un finanziamento in favore di Serra Saverio sempre per l’acquisto dell’abitazione dei Magni/Menozzi, ed anche rispetto a finanziamenti commerciali per altri suoi famigliari), ed infine a Massimiliano Rossini ed altri pubblici ufficiali incaricati dal Comune di Cesenatico quali controllori della regolare gestione di una serie di attività commerciali acquisite in loco dalla famiglia Patamia tramite lo schermo societario della FP Group”.
VIOLENZE INTIMIDAZIONI E L’EVOCAZIONE DEI CLAN MANCUSO E PIROMALLI
Il sodalizio avrebbe anche fatto ricorso ad atti di violenza e/o di intimidazione “tali da determinare da parte delle vittime un comportamento reticente ed omertoso, tanto da non sporgere formali denunce/querele o rivolgersi alle forze di polizia, anche omettendo di attivare tempestivamente azioni legali civilistiche volte al recupero dei loro crediti/beni, preferendo subire silenziosamente una condotta ingiusta ed economicamente penalizzante pur di evitare le possibili ripercussioni dei sodali, avendo ben inteso nel corso dei rapporti professionali intrattenuti, la caratura criminale ’ndranghetista dei loro interlocutori ed in particolare riconducibile alla formale affiliazione di Saverio Serra col grado almeno di “camorrista” alla cosca Mancuso di Limbadi, nonché dall’essere il marito di Annunziata Gramendola, e quindi genero di Giuseppe Gramendola, a sua volta prestanome per il clan Mancuso con riferimento ai rapporti commerciali intrattenuti col defunto boss Pantaleone Mancuso, alias “Vetrinetta”.
Si sarebbe inoltre fatto riferimento alla formale affiliazione a cosche ’ndranghetiste di da parte di Giovanni Battista Moschella, detto il “nonno”, con particolare riferimento sempre ai Mancuso ed ai Piromalli di Gioia Tauro; Moschella che sarebbe comunque soggetto “a disposizione” del clan Tripodi-Mantino di Vibo Marina, tutti storicamente tra loro alleati”.
I due Patamia sarebbero, poi, “a disposizione o comunque vicino” alla “cosca dei Piromalli dì Gioia Tauro”, mentre Carnovale, pur “formalmente non affiliato al alcuna cosca” sarebbe “comunque a “disposizione” di vari gruppi ’ndranghetisti quali i Piscopisani, i Lo Bianco ed i fratelli Bonavota di Sant’Onofrio, tutti orbitanti nell’ambito della potente famiglia dei Mancuso di Limbadi”. Giuseppe Maiolo, detto il “ragioniere”, viene inquadrato come “esponente certificato quale “affiliato” alla `ndrina Piromalli, per come acclarato da sentenza definitiva passata in giudicato, ed anche legato al sodalizio in questione poiché coniugato con Concetta Piromalli, sorella di Gioacchino (classe 1969) detto “l’avvocato”, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Cuneo per associazione di tipo mafioso”.
I RUOLI RICOPERTI ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE DEI CLAN MANCUSO PIROMALLI
Marcello Bagalà è ritenuto “direttamente collegato alla cosca Piromalli in quanto cugino di Carmelo Bagalà, tratto in arresto nell’ambito di un’inchiesta del 2021della Dda Reggio Calabria per associazione di stampo mafioso poiché ritenuto appartenente proprio alla ’ndrina dei Piromalli”.
Saverio Serra sarebbe stato l’organizzatore dell’associazione che nei momenti di “tensione” rispetto alle dinamiche dell’attività criminale del sodalizio “manifestava tutto il suo ruolo di preminenza incontrandosi di persona in più occasioni con i due Patamia per discutere riservatamente delle questioni organizzative del sodalizio criminale per concordare le linee strategiche ed operative dell’associazione successivamente messe in esecuzione coinvolgendo gli altri sodali”.
Giovanni Battista Moschella, anche lui in qualità di organizzatore, con ruolo paritetico nelle prime fasi dell’attività di indagine e poi di subordine rispetto a Serra, “operava sostanzialmente anche per gli interessi del sodalizio criminale in quanto legato anche agli interessi economici dei Patamia rispetto alla gestione di attività commerciali loro riferibili, ed intratteneva stretti legami con l’avvocato Domenico Arena quale consigliere in alcune delle operazioni svolte dai correi”.
Giuseppe Maiolo sarebbe partecipe dell’associazione, formalmente “assunto quale dipendente nelle società afferenti alla famiglia Patamia sul territorio romagnolo (Cesenatico, Cervia ed Imola) ove operava con ruoli di gestione pur nei fatti rappresentando il punto di contatto più stretto dei Patamia con la ’ndrina Piromalli e rispetto al quale Francesco Patamia si rapportava con particolare rispetto ed attenzione”.
Antonino Carnovale, anch’egli partecipe all’associazione, “collaborava con Serra e Francesco Patamia nella gestione “occulta” del Forno Imolese e della Dolciaria Italiana”.
Gregorio Ciccarello, in qualità di partecipe all’associazione, “ricopriva il ruolo di “prestanome e collaboratore di fiducia di Moschella ed anche dei Patamia rispetto alla gestione degli iniziali investimenti del sodalizio sul territorio romagnolo”.
Giuseppe Vivona, partecipe all’associazione in “qualità prestanome era a disposizione del sodalizio criminale pur risultando formalmente identificato dalle forze di polizia come “parcheggiatore abusivo”, ponendosi quale “amministratore formale” a richiesta di Francesco Patamia e Saverio Serra rispetto alla fittizia intestazione delle società Forno Imolese e Dolciaria Italiana; svolgendo anche il compito di reclutare per l’associazione altri soggetti disposti a fare da “prestanome” rispetto ad, intestazioni fittizie societarie, ovvero per analoghi compiti nelle fasi prefallimentari”.
IL PRESUNTO RUOLO SVOLTO DAI PROFESSIONISTI
Queste attività sarebbero state condotte, secondo gli investigatori, con “il contributo fattivo di due professionisti: Domenico Arena, avvocato del Foro di Vibo Valentia, pur esercitando anche sul territorio emiliano”, che sarebbe “partecipe all’associazione nel ruolo di consigliere e mediatore rispetto alle situazioni più critiche manifestatesi nel corso dell’indagine con riferimento ad equilibri e rapporti interni tra i sodali e le persone che professionalmente si interfacciavano con loro, ed in particolare quale referente dei sodali Moschella e Serra, pur non risultando aver rivestito nei loro confronti alcun formale incarico di tutela penale rispetto alle questioni indagate”.
E poi Marcello Bagalà, dottore commercialista con studio a Gioia Tauro, anch’egli “in qualità di partecipe all’associazione nella formale veste di Presidente del collegio Sindacale della Fp Group Spa e contemporaneamente nel ruolo di consigliere e di referente dei Patamia rispetto alle operazioni commerciali di fittizia intestazione che coinvolgevano anche gli altri correi ed in particolare Serra; lo stesso si è posto anche in situazioni di conflitto d’interessi tra il ruolo di “Sindaco” della Fp Group e le operazioni programmate e con lui condivise dai Patamia al fine di realizzare le manovre distrattive che poi portavano al fallimento della stessa società”.
PROFESSIONISTI COME PRESUNTI CONSIGLIERI
Entrambi i professionisti avrebbero auto il ruolo di “consiglieri” in favore “dei Patamia, di Moschella e Serra e erano referenti nelle operazioni fraudolente che hanno portato alla distrazione e successivo fallimento delle società in premessa indicate, coordinatori, congiuntamente ai predetti del modus operandi dagli stessi ideato ed adottato per aggirare le pretese creditizie, garantendo così l’impunità agli autori dei numerosi illeciti dettagliatamente esposti a seguire (fallimenti Fp Group e Tda, intestazioni fittizie a favore del Vivona quale mera testa di legno)”.
Il commercialista Bagalà, “ben conscio del proprio ruolo di supporto operativo alle illecite operazioni commerciali ideate da Francesco Patamia del quale curava anche la redazione delle dichiarazioni dei redditi come persona fisica nonché molti atti di natura fiscale, amministrativa e societaria legati alle società nella sfera di interesse di quest’ultimo”; mentre l’avvocato Arena, “è intervenuto con compiti di mediazione – ben conscio di determinati meccanismi e delle dinamiche inequivocabilmente afferenti la criminalità organizzata di appartenenza dei sodali – nei momenti di crisi connessi all’aggressione di Roberto Radici ed all’estorsione operata in danno della famiglia Magni/Menozzi, ovvero del coinvolgimento di altri esponenti di criminalità calabrese destinati a portarsi sul territorio emiliano-romagnolo”.
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