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SPILINGA (VIBO VALENTIA) – È un insolito clima estivo, di socialità tiepida, il Covid-19 ha sciupato persino le notti di mezza estate: niente movida nelle piazze e una vacanza all’insegna del rigore, come giusto che sia. E la regola vale inevitabilmente anche per la “notte rossa”, l’8 agosto non andrà in scena la quarantacinquesima edizione della Sagra della ’nduja, appuntamento tristemente rimandato all’anno prossimo. Certo, si respira amarezza, ma soprattutto un’aria di stranezza, poiché in quasi mezzo secolo non era mai successo. È come se l’afa agostana avesse un sapore diverso: manca l’euforia della preparazione, quel pullulare di voci e intrepidi gesti, che lasciano presagire l’imminente arrivo del “dì di festa”.
A Spilinga l’8 agosto non è mai stata una festa, ma il giorno della festa, quello che si aspetta per 365 giorni. Un evento radicato nei decenni: era il 1975 quando si tenne la prima manifestazione, sotto l’amministrazione Pontoriero. «Non una fiera di paese», disse al tempo lo studioso Aldo Servidio dal palco, ma un evento di promozione e marketing in grande stile. Ed infatti tutto partì da un progetto di un uomo lungimirante, Vittorio Miceli, “Progetto di Sviluppo territoriale”, uno studio accurato, nel quale la ‘nduja diventava un prodotto leader. Era uno studio antesignano, perché negli anni ’70 in un piccolo borgo, concetti come azienda, filiera, consorzio erano completamente sconosciuti. Ed infatti, tra i primi a credere nel progetto furono Aldo Servidio e il politico Natale D’Amico, oltre a Vittorio Miceli. Da questo studio si istituì la prima cooperativa di allevatori di maiali e produttori di ’nduja , il presidente era l’architetto Cesare Pontoriero e i soci: Vittorio Miceli, Michele De Vita, Tommaso Barbalace, Michele Miceli, Giuseppe Miceli, Antonio Lazzaro, Giacomo Latorre, in gran parte oggi defunti, ma al tempo assolutamente pionieri.
Proprio Vittorio Miceli racconta di un viaggio dei produttori promosso dalla cooperativa a Bologna, per imparare ad allevare i suini, ma «tutti rimasero sorpresi, nessuno aveva visto un allevamento industriale». La locandina della prima Sagra, dalle sfumature rigorosamente vintage, ritraeva una giovane donna in costume e una tavola imbandita di prodotti locali, era quello il proemio di un evento, destinato a registrate nei decenni successivi cifre di visitatori da capogiro.
E oggi ha ragione il presidente del Consorzio, Francesco Fiamingo: «Per noi è come una apocalisse, da quando siamo nati l’abbiamo sempre vissuta». Presidente che, quindi, lancia una iniziativa: «Potremmo aprire le aziende nel mese di agosto con degustazioni gratuite». Iniziativa «molto positiva» per Franco Barbalace, che di sagre ne ha organizzate parecchie soprattutto in qualità di sindaco: «La proposta di aprire le aziende è molto propositiva. Certo non compensa minimamente l’evento, ma dà comunque ai turisti la possibilità di deliziarsi e conoscere il prodotto».
Anche l’associazione ProSpilinga, che negli ultimi anni ha collaborato all’evento, esprime «il rammarico di interrompere una edizione importante di un evento molto riconosciuto». Per vedere Corso Garibaldi brulicante di persone, tra musica e profumi e odori dei prodotti enogastronomici bisognerà aspettare il 2021.
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