L'ospedale Jazzolino di Vibo Valentia
2 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – In tempi di coronavirus, con la psicosi che si è creata nei vari strati della società, accade di tutto, anche che in un ospedale si rifiuti il ricovero ad una paziente col femore rotto se non prima essa non sia stata sottoposta ai due canonici tamponi. Un caso incredibile, accaduto al pronto soccorso dello Jazzolino. Protagonista, suo malgrado, N. F., un’anziana signora di Piscopio che era stata trasportata al nosocomio da un’ambulanza del 118 per la rottura del femore. È stata sottoposta alle cure del caso con relativi esami, insomma tutto il percorso come da protocollo.
Quando si però si è dovuto decidere per il ricovero, ecco il problema: visto che a Vibo non è possibile, da tempo ormai il reparto di Ortopedia è chiuso alle degenze (un problema che il commissario straordinario Giuliano farebbe bene ad affrontare con urgenza), i sanitari hanno fatto un giro di telefonate accertando che il posto era disponibile sia all’ospedale di Lamezia che a quello di Polistena.
Quando pensavano di aver risolto il problema ecco un’altra difficoltà: a quanto si è appreso, infatti, dai due nosocomi pare abbiano comunicato che il ricovero avrebbe avuto disco verde solo dopo che a Vibo avessero effettuato il tampone alla donna, anzi i due tamponi (che vanno fatti a distanza di almeno 24 ore) e solo nel caso in cui essi fossero risultati entrambi negativi.
La poveretta è rimasta nel pronto soccorso, con la prospettiva di rimanerci per un paio di giorni almeno. Di fronte a risposte così incredibili, una domanda sorge spontanea: ma perché i tamponi non possono essere fatti alla paziente direttamente presso l’ospedale di Lamezia o di Polistena all’atto del ricovero? Se negativi tanto meglio per tutti. Se, non sia mai, si rivelassero positivi, la paziente non potrebbe essere curata lì?
Insomma una brutto episodio che qualcuno non ha avuto remore a definire apertamente un caso di “razzismo sanitario”.
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