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È arrivato ad un passo dal sole, si è scottato come Icaro (e non per colpa sua), ma al contrario del personaggio mitologico, ha saputo crearsi un paracadute, atterrando su nuovi lidi e avviandosi verso altri percorsi. Potremmo riassumerla così la storia di Luca Scerbo, oggi affermato fisioterapista in un centro molto rinomato di Catanzaro Lido (Rapsamed), attualmente alle prese con il calcio a 5, perché lo sport era e rimane una passione, ma in passato fra i giovani più promettenti del calcio calabrese. Ha respirato aria di grande calcio, ha realizzato il sogno di giocare con la squadra della propria città, indossando quella maglia giallorossa del Catanzaro il cui profumo lo ha avvertito fin da bambino, essendo nato e cresciuto a due passi dal Ceravolo. Da portiere ha anche segnato con le Aquile ed è stato, fra le altre cose, uno dei giovani più forti visti in circolazione. Aveva tutti i mezzi per emergere, anche perché chi lo ha visto all’opera, in particolare negli anni di “formazione” in Serie D, ne ha apprezzato doti e qualità, nonché scrupolosità negli allenamenti e voglia di emergere.

Chi lo ha conosciuto ne ha ammirato anche il carattere, solare e rassicurante. Uno determinato, talentuoso, ma soprattutto ben educato, a conferma di aver avuto alle spalle una famiglia di valore e di valori. Il resto ce l’ha messo lui, Luca Scerbo, classe 1990, uno che si è fatto apprezzare a amare da tutti i compagni di squadra. Uno che, ad un certo punto, si è deciso di voler vincere da solo la partita con il proprio futuro, scegliendo solo un altro campo. Studio e sacrificio, libri e sudore. Ce l’ha fatta anche qua («La scelta più bella e importante che ho fatto nel corso della mia vita», ci tiene a precisare). E allora facciamocela raccontare questa storia di vita, che porta con sé alcuni aneddoti interessanti, partendo da quel giovanotto che a 18 anni giocava e brillava in Serie D (51 presenze) e che aveva davanti a sé un futuro tutto da scrivere in ambito calcistico. A proposito di futuro: ha da poco compiuto 32 anni… quindi di cose da fare ne ha ancora una enormità!

Rosarno e Val di Sangro in Serie D

«Partiamo con il dire che, nonostante la mia giovanissima età, ricordo con intense emozioni e forti ricordi le due annate passate lontano da casa. Sono stati due anni che, oltre a farmi crescere dal punto di vista sportivo, hanno formato l’uomo e il professionista che sono diventato. Ho condiviso lo spogliatoio con uomini e calciatori che mi hanno insegnato tanto e tra l’altro sono arrivati anche dei brillanti piazzamenti finali».

Il Catanzaro e quel sogno che si avvera

«Sono nato e cresciuto nel quartiere Stadio della città con il giallorosso nel cuore oltre che nella mente. Indossare quella magica maglia ha rappresentato per me il coronamento del sogno di ogni bambino, soprattutto di quelli cresciuti con le magie di Corona e Ferrigno ancora vive nei ricordi dei catanzaresi. Oltre che un sogno è stato un onore e un grande piacere che non dimenticherò mai».

L’esordio in giallorosso

«Sicuramente uno dei ricordi più emozionanti e incredibili risale ad una domenica del lontano agosto 2007, quando poco più che diciassettenne fui avvicinato dall’allora allenatore in seconda Franco Cittadino che nel vano ascensore dell’hotel, dove eravamo in ritiro, mi comunicò che nel pomeriggio avrei fatto il mio esordio da titolare. Ebbene, quella domenica, il Ceravolo era gremito da oltre 4mila persone ed andò in scena il derby contro il Crotone terminato 2-2, che tutti ricorderanno per il gol, direttamente su calcio d’angolo, di bomber Bueno. Il mio sogno stava per avverarsi e farlo nello stadio della mia città davanti alla mia gente era qualcosa di molto più grande di quello che avessi potuto immaginare. Ma anche i momenti successivi al fischio finale della gara contro il Giulianova che ci garantì la promozione in Prima Divisione restano vivi e indelebili nella mia testa; oltre 10mila persone colorate di giallorosso in festa e impazzite per un amore che in pochi possono capire».

Il rigore segnato e la scommessa con Ciccio Cozza

«Tutto nacque da una scommessa con l’allora mister Ciccio Cozza: dopo le sedute di allenamento eravamo soliti restare sul campo per i classici tiri in porta. Fu lui il primo a scoprire le mie doti di sangue freddo e precisione nei calci piazzati, così mi disse che quando sarei sceso in campo tra i titolari sarei stato il rigorista della gara. Il fato volle che pochi giorni dopo l’episodio, riuscii a trasformare, a 8 minuti dal termine della gara, il rigore che ci permise di vincere 2-1 ed eliminare il Trapani, conquistando così la semifinale di Coppa di Lega Pro. Ricordo ancora, come fosse ieri, quella folle corsa per abbracciare il mister prima e per esultare con la mia gente poi sotto la Massimo Capraro. Fu un’emozione incredibile entrare di diritto nella storia della squadra della mia città come l’unico portiere finora ad aver realizzato un gol».

La scelta

Ad un certo punto il treno passa e non riesce a prenderlo. Per quale motivo? Ecco la risposta: «Se proprio dobbiamo utilizzare l’eufemismo del treno, la cosa più corretta da dire è che nel momento in cui la riforma dei campionati incombeva sulla Lega Pro, non ero più un passeggero ben voluto, semplicemente perché ho preferito non abbassarmi agli schemi e giochi dei procuratori e direttori sportivi, che ormai a distanza di 15 anni, posso dire controllino in toto questo sport che non è più quello che io sognavo da bambino. Se proprio devo trovarmi una colpa, è quella di non aver capito fin da subito che nessuno è profeta nella propria patria». Quindi «una volta arrivato a scadenza con il Catanzaro, decisi che quella non doveva e poteva essere più la mia vita. Il calcio era cambiato e dunque lo doveva essere anche il mio futuro. Fu allora che decisi di mettermi a studiare e tentare i test d’ingresso per la facoltà di Fisioterapia. Decisione sofferta e molto dura ma a distanza di anni riconosco che forse è stata la scelta più giusta perché il mio futuro ora dipende solo da me. Tornando allo sport, una volta che la rabbia e la delusione erano ormai lontani ricordi, pensai di poter dare ancora qualcosa al calcio, scegliendo Sambiase come punto di ripartenza ma questa volta lo sport era solo una valvola di sfogo e non il mio futuro».

L’esperienza con il futsal

«Dopo il mio definitivo addio al calcio a 11 e un anno di inattività, un mio grande amico di infanzia, nonché compagno di squadra nelle giovanili e prima squadra a Catanzaro, Andrea Capicotto, mi convinse e trascinò in questa nuova avventura che con il passare degli anni mi ha appassionato e portato a grandi livelli. Insieme abbiamo contribuito a riportare, dopo il fallimento, il Catanzaro Futsal a livello nazionale». Nella recente stagione eccolo a Soverato. Questo il bilancio: «Partiti come una delle squadre favorite per la vittoria del campionato, dopo un avvio un po’ incerto e il cambio dell’allenatore, abbiamo ripreso il nostro cammino e dovuto dire addio al salto di categoria solo dopo la sconfitta in finale play off. Personalmente è stata una grande stagione condita da grandi prestazioni che mi hanno permesso di essere premiato come miglior portiere della stagione, questo grazie soprattutto ad un ambiente sano e una società che merita sicuramente grandi palcoscenici».

Gli under e la regola dell’obbligo

«Partendo dal presupposto che sono un grande sostenitore della meritocrazia, credo che dare il giusto spazio ai giovani sia un obbligo per tutte le società sportive perché è attraverso i settori giovanili che si può garantire inclusione sociale, buona salute e non per ultimo il futuro dello sport in ogni sua forma».

Natino Varrà e Umberto Scorrano

«Devo tanto ad ogni preparatore dei portieri incontrato durante la mia carriera, ma forse le persone che mi hanno fatto più velocemente crescere e adeguare a quel mondo tanto particolare sono state quelle incontrate alla prima esperienza in prima squadra, appena uscito dal settore giovanile. Se devo fare dei nomi sicuramente sono Natino Varrà e Umberto Scorrano, i quali mi hanno aiutato molto nell’approccio mentale e fisico al calcio vero».

Quello sguardo verso la tribuna

«Vincere è sempre bello. Ricordo con molto piacere tutte le promozioni raggiunte soprattutto perché indossavo sempre i colori giallorossi. Sicuramente la gioia più grande è stata quella di scendere in campo da titolare, come precedentemente detto, nella gara contro il Giulianova. Condividere con la mia città, i miei concittadini e la mia famiglia quei momenti, non ha prezzo. Ricordo ancora quando dopo il triplice fischio finale, nonostante l’invasione di campo, cercando di trattenere l’emozione, cercai con lo sguardo la mia famiglia in tribuna: il ricordo di quando incrociai i loro volti mi entusiasma ancora adesso». Rimpianti? «Non ho alcun rimpianto perché tutte le scelte fatte mi hanno portato ad essere l’uomo e il professionista che sono oggi».

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