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UNA collezione infinita di scritti, immagini e parole. Italia-Germania è anche questo. La partita. Stasera si torna in campo a Varsavia: in palio una notte stellare, stavolta a Kiev, con la Spagna. Euro 2012 si avvia ai titoli di coda, con un pezzo di azzurro tra i protagonisti. E, a proposito di protagonisti, partita dopo partita è diventato l’Europeo di Andrea Pirlo. Peccato che ci sia voluto un cucchiaio per prendersi le copertine di mezzo mondo. Senza giri di parole e per rimanere alle cose di casa nostra, nel testa a testa fra Juve e Milan in serie A la differenza l’ha fatta Pirlo. Altro che il gol-non gol di Muntari.

 

Andrea Pirlo, a questo Europeo è anche una leggera spruzzata di profumo calabrese. Riavvolgiamo il nastro: estate 1999 l’Inter, che lo aveva prelevato l’anno prima dal Brescia dove aveva contribuito alla vittoria del campionato di serie B con Edy Reja in panchina, lo gira in prestito alla Reggina appena arrivata nel palcoscenico della serie A. Maglia numero 30: magie e magistrali gol su calcio di punizione. È la Reggina di Kallon e Baronio. È la Reggina che fa conoscere Andrea Pirlo: fantasista, tre quartista. Il nuovo Baggio, si diceva. Il Granillo si innamora di lui: 28 presenze da mettere in cornice e 6 perle. Anche un gol al Milan, a San Siro, su assist di Kallon. È in Calabria che sboccia la classe di Andrea Pirlo: un piccolo orgoglio, in una Nazionale che di calabrese non ha nulla. Chissà quanti altri decenni bisognerà attendere, prima di rivedere con la maglia dell’Italia i vari Gattuso, Perrotta, Fiore, Iuliano e Iaquinta.

 

L’esperienza alla Reggina è fondamentale nella carriera di Pirlo: torna all’Inter ma non va. Così a gennaio del 2001 viene girato in prestito al Brescia. Dove c’è Baggio. C’è voluta tutta la competenza calcistica di Carletto Mazzone per mettere assieme due fuoriclasse: Pirlo fa qualche passo indietro, una posizione nuova in mezzo al campo. Gioca titolare fino ad aprile prima che una frattura al quinto metatarso del piede destro lo mettesse ko. Stagione finita e ritorno all’Inter, dove è solo di passaggio. Rimane a Milano, sponda rossonera. Per Ancelotti è il primo dei rincalzi ma la svolta è dietro l’angolo: Gattuso e Ambrosini si fanno male e Carletto, d’accordo con Pirlo, cambia la posizione in campo: regista davanti alla difesa. Da lì in poi quasi 300 partite con il Milan da protagonista assoluto. E continua a esserlo, alla Juve e soprattutto in Nazionale.

 

Peccato ci sia voluto un cucchiaio per accendere i riflettori di tutto il mondo su questo artista del pallone che porta addosso ancora una spruzzata di profumo calabrese.

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