Il protoconvento di Castrovillari
8 minuti per la letturadi SETTIMIO PISANO
Questo non è un comunicato stampa di Primavera dei Teatri. Le riflessioni che seguono le ho scritte a titolo esclusivamente personale, da operatore culturale e cittadino calabrese. Primavera dei Teatri è in questo caso uno strumento per affrontare un discorso più ampio.
D’altra parte, è necessario spiegare perché l’edizione 2021 del festival non si farà.
Ma questo scritto non ha intenzioni polemiche, né è strumentale ad ottenere qualcosa nella giostra dei contributi regionali. Non è un attacco all’Amministrazione Regionale in carica né alla precedente e mi auguro che, per quanto peso possa avere, non venga strumentalizzato a fini elettorali.
Non è neanche un attacco alla struttura dirigenziale regionale, con la quale intrattengo da sempre relazioni costruttive e collaborative caratterizzate dal rigore professionale di entrambe le parti.
Nella loro sincerità e amarezza, le riflessioni che seguono vogliono contribuire ad aprire un dibattito, quanto più possibile proficuo, sul presente e sul futuro delle attività culturali in Calabria.
Per la prima volta, in ventidue anni di attività, Primavera dei Teatri non ha partecipato all’Avviso Regionale per realizzare il festival. E nel 2021 il festival non si farà.
Non ha partecipato perché l’Avviso in questione, quello per il finanziamento dei Grandi Eventi, non ci ha messo nelle condizioni di poter partecipare. Perché dopo aver realizzato l’edizione precedente nell’ottobre 2020, con una spesa di oltre 400.000 euro e con uno sforzo straordinario in tempo di pandemia, la Regione Calabria non è riuscita ad assegnarci neanche l’anticipazione del contributo dovutoci essendo giunti secondi nella graduatoria definitiva.
Graduatoria pubblicata a distanza di 11 mesi dalla scadenza dell’Avviso, dopo una interminabile vicenda durata un intero anno (nel merito della quale non è il caso di entrare in questa sede) che, di fatto, ha reso per noi impossibile la partecipazione all’Avviso 2021.
Ai debiti ingenti si aggiunge la perdita di credibilità conquistata a livello nazionale e internazionale in questi ventidue anni.
I partner italiani e stranieri ci incalzano per sviluppare i progetti di rete su scala internazionale e noi non possiamo tenere il passo, mandando in fumo anni di lavoro e di relazioni.
Abbiamo lavorato tutto l’anno per realizzare l’edizione 2021, opzionando debutti, spendendo mesi nello studio e nella visione delle proposte inviateci, con la cura che da sempre contraddistingue il nostro operato.
È una sconfitta: per noi, per il teatro italiano e per la Regione Calabria che non riesce a tutelare una delle eccellenze del proprio patrimonio culturale.
Non abbiamo partecipato a questo Avviso anche perché siamo stanchi di dover adattare camaleonticamente il nostro progetto a linee guida che mutano ogni anno senza una precisa direzione. Il nostro progetto ha una identità molto chiara e una funzione molto definita. Credo sia giunto il momento di pretendere che la Regione Calabria dimostri altrettanta chiarezza di visione e di programmazione.
Ogni anno le cose cambiano, anche negli stessi uffici regionali: i dipartimenti sono sotto dimensionati in termini di personale, costretti a lavorare in balia della confusione, con un caotico accumulo di competenze su alcuni dirigenti che, nonostante l’impegno e la dedizione al loro ruolo, non riescono a portare avanti il lavoro come vorrebbero.
Esattamente un anno fa era stato disegnato un Avviso per selezionare alcuni grandi eventi e assegnare loro il marchio regionale. Quell’Avviso avrà certamente avuto delle lacune, ma anche alcuni pregi: uno fra tutti il giusto rilievo dato alla qualità artistica dei progetti.
E aveva poi un percorso chiaro, più volte esplicitato pubblicamente dalla allora Presidente: individuare gli eventi culturali e di spettacolo calabresi che nel tempo avevano dimostrato caratura nazionale e internazionale e sostenerne l’attività a lungo termine, attraverso un successivo Avviso triennale che avrebbe dovuto dargli stabilità e un orizzonte di programmazione.
La stessa Amministrazione Regionale, oggi purtroppo orfana di Jole Santelli, pubblica un anno dopo un Avviso che va in tutt’altra direzione, mettendo sullo stesso piano e nello stesso calderone ipotetici grandi eventi culturali, di spettacolo, sportivi, enogastronomici, di natura e benessere, di artigianato.
Secondo quale logica un evento culturale dovrebbe concorrere con uno sportivo o con una manifestazione turistica?
È possibile valutare con gli stessi criteri un festival di letteratura contemporanea e un meeting di atletica leggera? E soprattutto: può un evento con una chiara funzione culturale essere considerato un “grande evento” secondo i parametri di questo Avviso regionale?
La risposta è no: quando verranno fuori le graduatorie di questo Avviso, non troverete nessun evento con funzione prioritariamente culturale, ma soltanto manifestazioni a carattere principalmente turistico, spettacolare, di intrattenimento, sportivo ecc.
Perché un evento con una funzione culturale preminente, difficilmente può essere inquadrato all’interno degli obiettivi, certamente legittimi, che persegue questo Avviso.
Festival come Primavera dei Teatri (e in Calabria ce ne sono altri) danno il loro contributo alla crescita turistica ed economica regionale, valorizzano i beni artistici e paesaggistici, fanno marketing territoriale e place branding, ma tutto questo lo fanno come conseguenza di un progetto che ha una funzione differente, orientata allo sviluppo culturale del territorio e delle sue comunità, alla crescita di cittadini più consapevoli, al ricambio generazionale e al sostegno ai giovani artisti, all’innovazione e al rischio culturale, ai processi sociali e di partecipazione democratica.
Tutti concetti di cui, in questo Avviso, non c’è alcuna traccia. Se la Regione Calabria, a questo punto attraverso la prossima Amministrazione, vorrà seriamente sostenere il settore degli “eventi” nella sua interezza, dovrà decidersi una volta per tutte a normare il sistema attraverso una differenziazione per funzioni e non più per ordine di grandezza economica, per storicità e nemmeno per discipline artistiche.
Per invertire la rotta, bisognerebbe investire con continuità e stabilità sulle imprese culturali e smetterla di “dopare” gli eventi, gonfiandoli e sgonfiandoli come palloncini, immettendo risorse pubbliche senza una reale programmazione, cambiandole regole del gioco ogni anno, pubblicando gli Avvisi in estate e le graduatorie ad eventi già realizzati.
La sfida centrale dei prossimi anni non sarà quella di reperire risorse adeguate al settore, ma di stanziarle e destinarle correttamente, governandone i processi per ottenere gli obiettivi dati. Leo Longanesi sosteneva che “alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione”.
In Calabria, come troppo spesso succede, questa verità assume dimensioni smisurate: sono anni che assistiamo a conferenze stampa in cui vengono esibiti i milioni di euro stanziati a sostegno di questo o quel settore.
Come vengano poi impiegate queste risorse, attraverso quali strumenti tecnici vengano selezionati i beneficiari, a che condizioni di lavoro questi ultimi siano costretti, quali risultati vengano raggiunti e in che tempi, quale sia la reale efficacia della spesa pubblica è questione che interessa a pochissimi.
La speranza è che la prossima Amministrazione Regionale, nel gestire il settore delle attività culturali, voglia mettere in campo la necessaria competenza ed esperienza amministrativa.
Non occorre o non basta affidarsi a personalità di alto profilo culturale, a influenti intellettuali, a colti professori.
L’unico profilo adatto a generare un reale processo di cambiamento nel settore delle attività culturali in Calabria è quello di un manager, qualcuno in grado di governare i processi.
La visione è importante ma non sufficiente, se non accompagnata dalla competenza manageriale e dall’esperienza amministrativa.
Le responsabilità delle impasse create dalla burocrazia sono esclusivamente politiche. Non c’è e non può esistere un’astratta e spersonalizzata responsabilità della burocrazia: i processi burocratici sono governati dalla politica. Il fallimento delle classi dirigenti locali, a tutti i livelli e di tutti i colori politici, nel governare il settore culturale in Calabria è lampante.
Al notevole spiegamento di risorse finanziarie messo in campo dalle ultime Amministrazioni Regionali, di centrosinistra e di centrodestra, è corrisposta una evidente approssimazione dal punto di vista gestionale. In questo momento, prendendo ad esempio l’ambito specifico del teatro, l’unico settore ad essere regolamentato in maniera chiara è quello delle residenze teatrali.
Perché? Perché è l’unico settore in cui gli Avvisi pubblicati dalla Regione Calabria sono vincolati al rispetto della normativa nazionale concepita ed elaborata all’interno dell’Intesa Stato-Regioni: la Regione Calabria dunque, non solo assume un sistema di norme preciso e inderogabile ma, cosa più importante, assume la visione seria e autorevole che ha ispirato queste norme dopo anni di confronto serrato tra il Ministero e gli addetti ai lavori di tutta Italia.
Questo esempio suggerirebbe che, laddove le classi dirigenti locali non si dimostrano in grado di governare adeguatamente un settore, la gestione di quest’ultimo dovrebbe tornare di competenza statale. Gli operatori culturali e i cittadini calabresi devono avere le stesse opportunità del resto degli italiani.
Se le classi dirigenti locali non sono in grado di garantire una parità di diritti, allora lo Stato deve intervenire. Può sembrare una provocazione e, ahimè, per le percentuali di realizzabilità della proposta in parte lo è.
Proseguendo allora su questo terreno mi chiedo: perché si può commissariare la sanità e non la cultura? Fa un po’ ridere? Probabilmente sì: fa ridere perché al valore della cultura come bene comune e come agente di cambiamento non crede fino in fondo nessuno di noi.
E siamo arrivati al nodo cruciale, al tema da affrontare e risolvere unavolta per tutte, senza il quale tutto il resto dei singoli problemi non può essere visto e discusso in una luce chiara: il tema del posizionamento e della funzione.
Qual è il reale posizionamento del settore delle attività culturali in termini di considerazione da parte delle classi dirigenti e dei cittadini nella nostra regione?
È un posizionamento da serie C.
Da quanti anni assistiamo a identici proclami sull’importanza della Cultura come volano di crescita (economica e turistica naturalmente)? Al di là di questi vuoti slogan, il settore delle attività culturali gode di scarsissima considerazione: è l’ultima ruota del carro di qualsiasi Amministrazione a qualsiasi livello e viene governata di conseguenza, chiunque può occuparsene.
Il settore delle attività culturali deve invece essere riconosciuto come strategico per il processo di cambiamento di questa regione. Non per l’indotto turistico, né per le ricadute economiche, ma per la funzione puramente culturale, per innescare processi di cambiamento di cui la Calabria ha un disperato bisogno.
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