Mario Gallo e Luchino Visconti
2 minuti per la letturaMorte a Venezia, il film da cui Luchino Visconti era ossessionato fin dagli esordi della sua carriera, esce nelle sale il 5 marzo 1971. Nel suo cinquantesimo anniversario lo ricordiamo con particolare emozione perché a realizzare quel capolavoro è il produttore calabrese Mario Gallo.
Il film è tratto dal racconto lungo La morte a Venezia dello scrittore tedesco Thomas Mann. Inizi del ‘900. Gustav von Aschenbach, un musicista cinquantenne fisicamente logorato e spiritualmente inquieto, giunge da Monaco a Venezia per un periodo di riposo.
Al sontuoso Hotel des Bains del Lido fa la conoscenza di una numerosa famiglia aristocratica polacca e rimane fortemente colpito dalla presenza dell’efebico figlio maschio, un adolescente di nome Tadzio, che ai suoi occhi sembra incarnare quell’ideale di bellezza eterea cui ha tentato faticosamente di dare espressione nelle sue creazioni artistiche. Pur senza conoscerlo nérivolgergli mai la parola, von Aschenbach sente nascere sempre più nel suo cuore sentimenti che vorrebbe reprimere.
Nel frattempo, la città lagunare viene invasa da un’epidemia di colera che le autorità cittadine tentano con ogni mezzo di tenere nascosta per non compromettere la stagione turistica. Von Aschenbach decide di ripartire immediatamente alla volta di Monaco, ma un banale disguido relativo alla spedizione del suo bagaglio lo induce a rinviare momentaneamente la partenza.
Sulla spiaggia del Lido incontra un’ultima volta Tadzio. Mentre è assorto nella contemplazione del giovane, il maturo artista, stroncato dal male, muore. Quando Mario Gallo annuncia alla società Filmalpha la volontà di girare Morte a Venezia, molti amici e colleghi lo invitano a ripensarci. Tutti i produttori avevano avuto problemi con Visconti e quasi tutti, lo ritenevano un regista eccessivamente esigente.
Ma il Duca era, in ogni caso, uno dei mostri sacri del nostro cinema, uno degli autori più colti ed intransigenti. Il rapporto con Mario Gallo funziona alla perfezione tanto che lo stesso Visconti parlerà di un film ….”fatto con serenità, con facilità e senza contrasti…”. E’ Mario Gallo, infatti, a ritirare per conto del regista, il Nastro d’Argento assegnatogli per la migliore regia. Sceneggiato dallo stesso Visconti insieme a Nicola Badalucco, con le scenografie di Ferdinando Scarfiotti, i costumi di Piero Tosi e la fotografia di Pasquale De Santis, Morte a Venezia è il secondo capitolo della trilogia tedesca realizzata da Visconti dopo La caduta degli dei – sempre prodotto da Mario Gallo – e prima di Ludwig. Ci sarebbe dovuto essere anche un quarto film, La montagna incantata, sempre tratto da Thomas Mann, che il regista non riuscì mai a realizzare. Morte a Venezia è l’opera che rivela in maniera più diretta l’estetica decadente del cineasta.
La fine di un mondo, la ricerca proustiana del tempo perduto. Nel silenzio, è pieno di grida, di emozioni pesanti, di tragedia. Un film autentico perché tutto dalla parte di un mondo che muore, senza concessioni al nuovo che deve nascere. Solo un uomo testardo, colto, coraggioso come Mario Gallo poteva accettare la sfida di un film così autenticamente artistico e controverso.
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