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UN PENE che assume sembianze umane e che si stacca dal corpo del suo legittimo proprietario, cercando di spingere quest’ultimo a riappropriarsi della capacità di sognare, di dare una svolta alla sua vita grigia e mediocre da piccolo borghese. È intorno a questo soggetto (che trae spunto dal romanzo di Moravia, “Io e lui”) che si sviluppa la commedia “Sogni e Bisogni”, scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme che domani sera, alle 21.30, sarà di scena al Teatro dei Ruderi di Cirella di Diamante. Affiancato dal cast composto da Nicola Acunzo, Domenio Aria, Andrea Di Maria, Antonio Guerriero e Biancamaria Lelli, l’artista partenopeo propone una commedia brillante, in cui umorismo e comicità saranno i mezzi per spingere lo spettatore a un’intensa riflessione sulla vita dell’essere umano.
La diatriba tra il protagonista, Rocco Pellecchia, e il suo “tronchetto della felicità”, non è altro che una metafora sull’importanza dell’inseguire i propri sogni, cercando sempre e comunque di vivere al meglio la propria vita. Durante una chiacchierata con il Quotidiano, Salemme racconta del suo spettacolo e di sé.
In “Sogni e Bisogni” mette in scena una tragicomica diatriba tra un uomo e il suo pene. Si tratta di una riflessione sulla necessità che l’uomo non perda di vista i propri sogni…
«Sì, diciamo che il pene già nel nome è portatore di pene. In questo caso si staccherà materialmente da me anche se lo farà per uno scopo ben preciso: cercherà di spronarmi a ricominciare a desiderare di nuovo, a dare una scossa alla mia vita. Perché l’importante è vivere sempre al meglio, non perdere mai la voglia di migliorarsi. Sì, il pene dello spettacolo vuole ritornare a vivere».
A questo punto della sua vita e della sua carriera si sente più vicino a Rocco o al suo “Tronchetto della Felicità”?
«Per fortuna faccio una vita abbastanza movimentata, mai monotona. Mi sento più vicino al Tronchetto che a Rocco».
Un sogno e un bisogno di Vincenzo Salemme…
«Guarda, partiamo col dire che i sogni sono belli anche quando non si possono realizzare. Il mondo di oggi ci frustra con l’idea che se non si raggiunge quello che si desidera si è dei falliti. Ma chi l’ha detto? È importante continuare a godere dei propri sogni in ogni caso. Comunque, per risponderti, in me sogno e bisogno combaciano: è quello di una vita serena, per me e per il resto del mondo».
C’è la convinzione che i comici siano nella vita reale persone cupe e scontrose. È un luogo comune?
«È un luogo comune sia questa convinzione che quella di credere che un comico è comico anche nella vita reale. Dietro ai personaggi che si vedono sul palcoscenico ci sono delle persone normali, con tutte le loro sfumature di carattere. Di sicuro non siamo sempre così comici. Io, anzi, tendo anche molto alla malinconia».
L’abbiamo vista in teatro, in tv, al cinema. Ma dov’è il vero Salemme?
«Io sono sicuramente più teatrale. Ma la teatralità si può esprimere anche in un film o in una trasmissione tv. L’importante è capire il mezzo che si sta utilizzando».
Qualche giorno fa abbiamo sentito Biagio Izzo che ha evidenziato la stima che nutre per lei. Cosa ci dice?
«Biagio è un grandissimo attore e la stima è profonda e reciproca. Tant’è che nei prossimi mesi gli affiderò un mio lavoro».
Si tratta de “L’amico del cuore”…
«Sì, è una commedia che scrissi nei primi anni Novanta e da cui è stato tratto pure il film. Ora verrà riproposta e sarà proprio la compagnia di Izzo, sotto la mia regia, a portarla in scena».
Faccio anche a lei questa domanda: cosa si porta dietro di Napoli, nel suo lavoro?
«Beh, io sono napoletano e il bagaglio culturale è inequivocabilmente di questo stampo. Ad ogni modo i temi che cerco di trattare sono universali».
E della Calabria cosa ci dice?
«Sfatiamo anche qui un luogo comune, che vede il calabrese come chiuso e scorbutico. In realtà siete un popolo dolcissimo, molto affettuoso. Io vedo l’accoglienza che mi riservate quando vengo da voi: è fantastica e per me è sempre un piacere ritornare».
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