Luigina La Rizza
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 E come sono questi viaggi?
- 2 Lei ha appena pubblicato una guida digitale “La mia Calabria, viaggio non-stop nel profondo Sud”: come mai Pietra Cappa in copertina?
- 3 È un posto che ricorda la stagione tragica dei sequestri, delle vittime che non possiamo dimenticare. Secondo lei l’Aspromonte fa ancora paura a chi non lo conosce?
- 4 Altri luoghi del cuore?
- 5 E fra i paesi?
- 6 Ma veramente è possibile viaggiare con i mezzi pubblici? Da mesi, il Quotidiano racconta una Calabria interrotta.
- 7 Mi scusi la domanda: non ha paura a girare da sola?
- 8 Altri incontri?
- 9 Lei è di Soverato, la città più ricca della Calabria insieme a Rende, che ha l’Università e le imprese. Il turismo tira.
Luigina La Rizza, travel blogger, racconta in un diario social la Calabria: da Soverato all’Aspromonte, i luoghi in cui è tornata e ha deciso di rimanere
La storia di Luigina La Rizza, travel blogger – anzi local blogger come ci tiene a farsi chiamare – è un interessante incrocio fra lavoro e scelte di vita. Laurea in economia all’Unical, poi Consulente del Lavoro a Roma con un ruolo di responsabilità in una società prestigiosa, a un certo punto molla e rifiuta perfino la Partita Iva. Il piano B è un’altra professione, con un diario social che tocca tutta la Calabria da Papasidero a Punta Stilo, in cui compaiono cavalli liberi e gazzose al caffè.
«Dopo due mesi passati a Tenerife, ho rivisto la mia terra con altri occhi. Ho iniziato a girarla da nord a sud, sempre da sola, sempre sui mezzi pubblici. Ma avevo anche bisogno di lavorare per campare. Per cui ho ricominciato quasi da capo, formandomi e costruendo una competenza sul digitale per lavorare sui motori di ricerca, il posizionamento e la scrittura dei contenuti per il web. Un lavoro che posso fare anche da remoto e che spesso entra dentro i miei viaggi brevi. Insomma un’altra storia rispetto a quando ero la prima ad entrare e l’ultima ad uscire dall’ufficio, con tanta ansia e stress».
E come sono questi viaggi?
«Sono focalizzata sul trekking, sulla sopravvivenza dei borghi. Percorsi pieni di incontri, penso al blogtour fra Antonimina e Canolo, con approdo finale al forno di Laura Multari e al suo pane Jermano. Penso agli intagliatori di legno di gelso, artigiani che fanno i campanacci per le mucche».
Lei ha appena pubblicato una guida digitale “La mia Calabria, viaggio non-stop nel profondo Sud”: come mai Pietra Cappa in copertina?
«Per la sua possanza, per tutte le facce che mostra se ci giri intorno. Un luogo che mi dà molta energia, il posto delle emozioni. La definirei quasi una seconda casa. Del resto è il megalite più grande d’Europa, anche se molti calabresi non ci sono mai stati».
È un posto che ricorda la stagione tragica dei sequestri, delle vittime che non possiamo dimenticare. Secondo lei l’Aspromonte fa ancora paura a chi non lo conosce?
«Siamo molto cambiati, abbiamo più consapevolezza del nostro patrimonio storico, naturalistico, geologico. E finalmente riusciamo a raccontarlo al mondo».
Altri luoghi del cuore?
«Il percorso dall’Amendolea a Gallicianò, un serpente d’argento: area grecanica pura. Il profumo del cisto, il panorama della salita e quello della discesa. E naturalmente Bova, con il Museo dedicato a Rohlfs e sui viaggi a dorso di mulo».
E fra i paesi?
«S.Agata del Bianco è stata per me una scoperta con i suoi murales e le sculture fra i palmenti. Un esempio di come si possa rianimare un paese condannato allo spopolamento».
Ma veramente è possibile viaggiare con i mezzi pubblici? Da mesi, il Quotidiano racconta una Calabria interrotta.
«Detto che quando non ci sono i mezzi, restano le gambe: a Canolo si arriva con il bus, ormai l’autista mi conosce, abbiamo fatto amicizia. Per visitare Capo Colonna ho usato la bicicletta. Sull’assenza dei servizi, non potrei aggiungere altro che i lettori non sappiano già».
Mi scusi la domanda: non ha paura a girare da sola?
«Sui mezzi pubblici siamo più protetti, non posso negare di aver avuto paura sui calanchi di Maro Simone, sopra Melito Porto Salvo. Un tipo mi si è avvicinato, non sembrava stare bene, gli ho mostrato il cellulare e chiamato i carabinieri. Ma sempre nella stessa zona, ho fraternizzato con una cavalla quasi allo stato brado, e questo mi ha ripagato di quel brutto momento».
Altri incontri?
«Direi anche esperienze. I miei sette mesi a Civita, le feste della comunità arberesh come le Vallje, dove ho fotografato la vestizione delle donne, gli abiti tradizionali, il ballo e la musica che sempre ci accompagna. Visionari come Nicola Bloise che riapre le case della sua Morano, luoghi rigenerati come i giardini di Pitagora a Crotone. Creo tour personalizzati che offro come servizio, momenti in cui si scoprono le persone e non solo i luoghi. E magari all’arrivo c’è il pane cunzato».
Lei è di Soverato, la città più ricca della Calabria insieme a Rende, che ha l’Università e le imprese. Il turismo tira.
«Infatti, ma non basta. Soverato potrebbe essere la Tropea dello Jonio, se solo riuscissimo a valorizzare quello che abbiamo, non solo il mare blu. Il sito archeologico delle grotticelle funerarie, la cava di epoca romana visibile solo quando c’è la bassa marea. Il giardino botanico è chiuso, come è chiusa l’ex raffineria di quarzo, e piena di rifiuti. Per fortuna vigilia su di noi la splendida Pietà di Antonello Gagini, un capolavoro del Rinascimento nella chiesa di Maria Santissima Addolorata. Vale il viaggio, parola di local blogger».
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