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LAMEZIA TERME – «Sono stata costretta a lasciare il lavoro, svolgevo la pratica di avvocato in uno studio legale, ma ho dovuto prendere la decisione di dedicarmi completamente a mio figlio». Rosanna Durante, di Lamezia, è una caregiver familiare: una persona che si prende cura a tempo pieno di un parente convivente non autosufficiente per disabilità o malattia. Più in particolare, suo figlio – tutta la sua vita – ha 27 anni e un grave disagio neuropsicomotorio.

Rosanna, neanche a dirlo, lo ama molto, e al contempo, attraverso quello che rimarrà sempre il suo “piccolo”, è la prova vivente di come in questa regione manchino i più elementari servizi di cura e assistenza. «Sono io che assisto mio figlio – dice Durante -, 24 ore su 24. Qui non ci sono centri diurni specializzati allo scopo e, molto spesso, c’è improvvisazione: si dimenticano le esigenze e i diritti delle persone più fragili».

Un modo come un altro per dire che, davanti all’assenza di risposte istituzionali, è la famiglia a dover supplire, a farsi carico di tutto. «Lo Stato – dichiara la mamma caregiver – non ci aiuta affatto». Perché – c’è da dire – anche se tra il 2018 e il 2021 il governo ha introdotto due fondi, uno dei quali per la copertura degli interventi legislativi per il riconoscimento dell’attività non professionale del prestatore di cure familiari, ai cosiddetti “curacari” non servono solo risorse economiche.

«Soldi? Noi – chiosa Durante – abbiamo bisogno di servizi. E poi – puntualizza la donna – accedere a questi fondi è difficile: non c’è copertura per tutti e hanno priorità i “gravissimi”. Ma come si fa, in queste situazioni, a distinguere tra grado e grado di fragilità? Impossibile. Serve – termina – un piano individualizzato, che tenga conto dei casi specifici, delle peculiarità di ogni persona con disabilità: sfortunatamente, però, questo piano, previsto già dal 2000, non è mai stato attuato».

I servizi, tra le altre cose, sono necessari pure per un ulteriore aspetto di non poco conto. «Io ho paura del futuro. Mi chiedo spesso ciò: una volta che non ci sarò più o che, comunque, avrò un qualche impedimento col passare degli anni, chi si prenderà cura di mio figlio?».

Un interrogativo a cui non può trovarsi, al momento, risposta, non essendoci, per l’appunto, una rete territoriale che garantisca la tutela, sotto tutti i punti di vista, di chi presenta un certo disagio. «Il caregiver – ribadisce Durante – non può durare per tutta la vita: ecco perché chi ha il potere di farlo deve sbrigarsi a porre in essere quelle scelte atte a istituire servizi ad hoc».

Poi l’ultima tegola, cioè l’ultima vicenda, testimoniante quanto la Calabria sia indietro sulla strada dei diritti e del riconoscimento delle prerogative altrui. «A febbraio 2020 – racconta Durante – mio figlio è stato ricoverato nell’ospedale di Reggio per una difficile polmonite. Per oltre un mese io e mio marito lo abbiamo assistito giorno e notte dandoci il cambio, abbiamo anche affittato una stanza in un B&b per poter stare in una città diversa dalla nostra. Ebbene – conclude con una risata amara -, mi è appena arrivata la comunicazione dell’Inps in base alla quale dovrei restituire l’indennità di assistenza ricevuta e pari a circa 600 euro: secondo loro mio figlio, da ricoverato, avrebbe già ricevuto assistenza dai sanitari, inutile dunque la nostra».

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