Piero Gemelli, architetto e noto fotografo di moda (ph Gaetano Gianzi)
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Partiamo subito parlando del rapporto fra bellezza e fotografia, quindi anche fra l’oggetto e la sua riproduzione. C’è ancora una verità nella bellezza e nel rapporto con la fotografia?
- 2 Ma allora il fotografo è un narratore o un truffatore?
- 3 E che cos’è l’onestà nella fotografia?
- 4 Nella citazione abusata di Dostoevskij si dice che la bellezza salverà il mondo, ma è davvero così? Oppure la sua bellezza era un’altra cosa?
- 5 Un’ottima risposta. Un’ultima domanda, quello sul discorso di come l’intelligenza artificiale si sta inserendo in questo contesto di tecnologia, ma davvero siamo alla fine della dell’umanità anche nella fotografia fatto dall’uomo?
Intervista al noto fotografo Piero Gemelli che sta tenendo a Corigliano il workshop dal titolo “La fotografia di moda fra ritratto e beauty”
“LA verità e bellezza e la bellezza è verità” diceva in un celebre verso il poeta inglese John Keats. Ma cosa significa la bellezza oggi e soprattutto nel suo rapporto con la riproduzione della fotografia. Proprio oggi quando ogni due minuti nel mondo si realizzano e consumano immagini in numero dei primi decenni da quando è nata questa tecnologia ed il suo linguaggio ad esso connesso, che è sempre più centrale anche nella nostra quotidianità.
Lo abbiamo chiesto, a margine della conferenza stampa di presentazione della ventesima edizione del festival di Corigliano Calabro Fotografia, a Piero Gemelli, celebre professionista di quest’arte, che proprio in questa edizione 2023, sta tenendo un importante workshop dal titolo significativo “La fotografia di moda fra ritratto e beauty”. Con lui abbiamo voluto discutere proprio sul rapporto fra verità e bellezza nella fotografia specie nell’epoca in cui la tecnologia sembra inarrestabile.
Partiamo subito parlando del rapporto fra bellezza e fotografia, quindi anche fra l’oggetto e la sua riproduzione. C’è ancora una verità nella bellezza e nel rapporto con la fotografia?
«La fotografia ha tanti equivoci, la mia poi è un’opinione personale e non vorrei mai che venisse scambiata per una verità caduta dal cielo. Per me la fotografia non è la non è la riproduzione di una realtà ma la riproduzione di un aspetto della realtà, filtrata attraverso chi la fotografa e quindi può essere benissimo anche strumentalizzata e spesso lo è stato nella storia. Ci si preoccupa tanto di fotoritocco, di intelligenza artificiale, ma non dimentichiamo che in molte delle foto dei gruppi dirigenti di un’azienda o di politici spariva ogni tanto qualcuno prima e poi magari veniva trovato ammazzato. Banalizzo ma voglio dire che la finzione è sempre esistita; quindi, venivano tirate giù le statue distrutte, le statue di figure di rilievo in culture diverse. Quindi la fotografia non è la riproduzione del reale, però lo rappresenta e questo equivoco, questa alta credibilità che la verità ha le permette anche di raccontare delle storie. Quando si parla di bellezza io sostengo l’idea di chi dice che la bellezza è un punto di equilibrio tra contrapposizioni di imperfezioni. Perché il concetto di bellezza è mutevole, mutevole per le latitudini, per periodi storici, per persone e per come dire voglia di novità. Quindi, comunque il canone di bellezza e mutevole, ma la bellezza è un concetto che non può essere raggiunto, non può, non esiste la bellezza, perché è un punto a cui tendere. È quel famoso punto all’infinito che giustifica le funzioni ed i problemi che ci fanno impazzire come quando facevano matematica al liceo».
Ma allora il fotografo è un narratore o un truffatore?
«Una bella domanda! il fotografo è un uomo e come tale è tutte queste cose: il problema non è il mezzo ma come lo usi. Il coltello uccide ma incide anche può anche fare una bellissima incisione che può essere un racconto, può servire a risolvere un problema, ma è anche dannoso. Non esiste il buono e il cattivo. Esiste chi ritiene che un comportamento buono sia la correttezza e il modo giusto di vivere, per cui la fotografia per il fotografo non è menzognera, è uno strumento per raccontare qualcosa, se sei valido, corretto, onesto, che è un termine che bisogna riscoprire, se sei educato, che non vuol dire soltanto aver studiato, ma che vuol dire avere quel comportamento virtuoso che rispetta te stesso nel momento in cui lo usi per rispettare gli altri. Alla fine, è un gioco di ping-pong, la fotografia ti rimanda a quello che fotografi e ti racconta quello che tu hai visto, ovvero quello che tu sei».
E che cos’è l’onestà nella fotografia?
«Torniamo al fatto che la fotografia dovrebbe essere una riproduzione pur parziale, di un dato reale. Però abbiamo detto che può essere manipolata. L’onestà rimane solo quella della tua correttezza personale. Quindi torniamo a quel termine che si usava una volta, l’onestà intellettuale, cioè la coerenza. La coerenza di un comportamento sempre all’insegna di una correttezza e non di un utilizzo strumentale menzognero per puri fini personali».
Nella citazione abusata di Dostoevskij si dice che la bellezza salverà il mondo, ma è davvero così? Oppure la sua bellezza era un’altra cosa?
«Ma io parto da quello che ha detto qualcun altro, altrettanto meritevole, ma chi salverà la bellezza?»
Un’ottima risposta. Un’ultima domanda, quello sul discorso di come l’intelligenza artificiale si sta inserendo in questo contesto di tecnologia, ma davvero siamo alla fine della dell’umanità anche nella fotografia fatto dall’uomo?
«Partiamo da un altro punto, viviamo in un periodo in cui mai è stato così vero il concetto che la verità non esiste, perché la verità in realtà non c’è, cioè è un dogma, è una cosa che tu credi se ti conviene di credere o vuoi credere. La verità, anche lì è come la bellezza, va cercata, va indagata, va sostenuta, va, come dire, conquistata. Quindi, in un periodo in cui la comunicazione è velocissima, in cui le notizie appaiono e scompaiono, prendi i social, hanno una vita media di niente, a volte vedi una foto su Instagram, ti distrai un attimo e non la ritrovi più, quindi ha una rapidità di informazione eccezionale. Ti entra nel profondo perché ti coglie nel superficiale, per cui ti lascia questo momento di “ho visto e non ho capito”. E quello che tu hai dentro e la verità è la correttezza del messaggio. Quindi la verità non esiste. Perché è continuamente un’interpretazione e oggi quando vai su Internet e cerchi una notizia ti chiedi se sarà vera. Mia nonna diceva mia nonna, fine dell’Ottocento, chiudeva un discorso e diceva la televisione ha detto così. Oggi è Internet e i social, però c’è uno strumento che bisogna considerare, che è la conoscenza e non l’ignoranza ti permette di fare un distinguo, ti permette di dubitare e nel dubbio, come nell’imperfezione, c’è la dinamica della verità».
Tutte le mostre della ventesima edizione del Festival si apriranno domani – primo luglio – al Castello Ducale. Domenica alle 11, sempre al Castello, ci sarà un incontro con Piero Gemelli e Maria Vittoria Baravelli dal titolo: “Racconti di fotografia e storie inventate”
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