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Roberto Losso

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Roberto Losso se n’è andato tra tante sofferenze alla fine di una battaglia contro un male che ha avuto la meglio su di lui, nonostante avesse combattuto con forza, nonostante la consapevolezza che la sfida era troppo grande.

“Pensavo di dedicare un ‘diario’ ogni settimana a un personaggio che ha lasciato il segno in questa regione e che oggi non c’è più, persone che hanno scritto storie belle della Calabria e che per tutto quello che hanno fatto avrebbero meritato molto di più”.

Detto fatto. Negli ultimi mesi, Roberto Losso inframezzava le pagine del suo ‘diario’ sull’attualità – che con rare doti di sintesi e grande efficacia di pensiero regalava ai lettori del Quotidiano – con capitoli su persone che pure tanto avrebbero potuto dare ancora alla Calabria se non ci fosse stata la dura legge della vita, con il suo inizio e la sua fine.

Nel ‘diario di Roberto Losso’ pubblicato nella prima pagina di questo giornale per tanto tempo, quasi tutti i giorni, sono passate al setaccio dell’interpretazione di un fine intellettuale pezzi di società, di politica, di attualità che resteranno per sempre, come il ricordo di quella bella persona che era Roberto. Che oggi non c’è più. Se n’è andato tra tante sofferenze alla fine di una battaglia contro un male che ha avuto la meglio su di lui, nonostante avesse combattuto con forza, nonostante la consapevolezza che la sfida era troppo grande.

Per alcuni mesi, dall’aprile dello scorso anno, aveva sospeso la sua collaborazione perché le prime cure dopo la brutta diagnosi non gli consentivano di leggere, di pensare, di scrivere con l’approccio meticoloso e l’usuale visione profonda che aveva nel raccontarci in poche righe, giorno dopo giorno, quelle cose che ci passano sotto gli occhi e a cui spesso non si dedica la dovuta attenzione.

Poi, agli inizi di novembre, aveva ritrovato la forza e la speranza, e alla prima domenica utile, giorno in cui scriveva un ‘diario’ in dialetto, aveva mandato “Na vuci mi chiamava”, che non ha bisogno di alcuna spiegazione: “Signu statu ccu nu pedi all’atru munnu. Aspittannu ch’arrivassa ‘u turnu mia. Luntana, ‘ntantu, ‘na vuci canusciuta mi chiamava. E mi dicìa: «Puru s’è tantu tiempu c’ù facìmu, tinìmuni ‘ncora cùmpagnia!». Stu cantu anticu pua sinn’è vulatu addru tuttu diventa ammuri ppi santa carità. Allura, sù vìnuti l’angiulucchi. M’ànnu purtatu ‘nterra e m’ànnu dìttu: «E mò cumbatta!». C’ognunu pò fàri ‘a parti sua. Spiegànnu a chjina nun lu vò capì, c’unn’è piccatu, no, la malatia. Sù atri la vrigogna e lu duluri: fà la valigia pp’essìri curati”.

E così aveva fatto, aveva combattuto, trovando il tempo per non fare mancare i suoi scritti al giornale a cui era legato e che leggeva da appassionato. Già, le passioni. Non gli mancavano di certo, come gli ideali, che conservava vivi, della sua attenzione alla politica (manciniano di ferro, era stato in passato segretario zonale del Psi a Paola, la sua città), alla cultura, tanto da essere ricordato anche come un grande animatore culturale. La delicatezza con cui proponeva temi legati alla vita, passata e presente, della sua terra rimarrà per sempre nei ricordi a fare da cornice a una persona che pure era capace di posizioni convinte, decise, forti. La sua attenzione a fatti che negli anni si avvicinavano quasi all’oblìo lo portava a scrivere, quasi a scolpire testimonianze sulla pietra.

“Dobbiamo farlo, non se ne parla più”, chiosava dopo aver anticipato l’oggetto del suo pezzo. Ha scritto, per esempio, nel luglio del 2019: “Nell’estate del ’43 la Calabria ha sperimentato la crudeltà dei bombardamenti a tappeto. Una storia dimenticata. Spesso negata. Benché un po’ dovunque ci sono stati morti, feriti, distruzione. Un silenzio colpevole, quello delle istituzioni. Ci sono voluti 75 anni, infatti, perché una città martoriata decidesse di parlarne pubblicamente. È successo l’anno scorso a Paola. Il sindaco Roberto Perrotta, infatti, propose al Consiglio Comunale di deliberare l’istituzione della solennità civile della «Giornata della Memoria e della Riconoscenza»…”.

Lui, Roberto, per evitare che questi pezzi di storia andassero perduti, in realtà si era battuto molto. Tante le iniziative culturali per le quali il suo apporto era stato determinante, a partire dal premio “Il mantello di Frate Francesco”, passando per la proposta – sua – della cittadinanza onoraria di Paola alla senatrice Liliana Segre.

Dopo il pensionamento alla Carical, Roberto aveva avuto modo di dare ancora più spazio all’esercizio della curiosità intellettuale che spesso lo ha portato alla scoperta di storie inedite, come quella del carteggio tra Pier Paolo Pasolini e il dottor Pasquale Nicolini, ufficiale sanitario del Comune di Paola. Era il mese di luglio del 2012, l’allora direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza, decise di dedicare all’articolo l’apertura del giornale. Un bel colpo di Roberto.

Il ricordo più aderente a quello che Roberto Losso è stato lo si rintraccia nei suoi scritti, tanti, vari, pungenti, autentici. E quando c’era una bella notizia per la Calabria non mancava di riprenderla nel suo ‘diario’. Ed era contento nel farlo.

Roberto è venuto a mancare a Modena, dove da molti mesi si trovava per le cure a cui si sottoponeva.

Roberto, solo per nome, e non è un vezzo: per gli scritti di Roberto Losso si può provare ammirazione, per Roberto sentimenti di bene, stima e amicizia. Li meritava tutti. Riposi in pace.

Alla moglie, Franca, ai figli, Matteo e Marco, ai familiari tutti le condoglianze e la vicinanza del Quotidiano del Sud

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