Monsignor Antonio Ciliberti
9 minuti per la letturaCATANZARO – È il 28 gennaio 1989. Venticinque anni fa, per l’esattezza. Nella Cattedrale di Rossano, don Antonio Ciliberti, 54 anni, riceve l’ordinazione episcopale. Papa Giovanni Paolo II, infatti, lo aveva nominato da poco più di un mese –con bolla del 7 dicembre 1988- pastore di Locri- Gerace. “Sposa il territorio, dove il Signore Ti invia quale Suo profeta; servi i poveri, e cioè tutti gli uomini che stanno nel bisogno; ama perdutamente la Madonna, perché sia la stella del Tuo futuro ministero”, sono le parole –quasi un programma pastorale- che gli rivolge l’arcivescovo di Rossano- Cariati Serafino Sprovieri, suo consacrante insieme agli arcivescovi Giuseppe Agostino, di Crotone- Santa Severina, e Antonio Cantisani, di Catanzaro- Squillace. “Ad Jesum per Mariam”, il motto episcopale, il cui stemma araldico ripropone un bozzetto artistico di ispirazione mariana da lui stesso realizzato. Da secoli il clero della diocesi di Rossano non esprime un suo candidato all’episcopato. Ed il nome di Ciliberti, proposto a Roma senza indugio dall’arcivescovo Sprovieri, è subito accolto. Ciliberti è un sacerdote apprezzato per le sue qualità spirituali, pastorali e culturali.
Nato a San Lorenzo del Vallo (Cosenza) il 31 gennaio 1935, ordinato presbitero il 12 luglio 1959, ha in tasca una licenza in Teologia a Napoli ed una laurea in Filosofia all’università statale di Palermo. Per tanti anni, dal 1967, parroco a Corigliano, nella chiesa dedicata a Sant’Antonio, è pure assistente degli scout, degli universitari e dei maestri cattolici. Insegna Lettere, Lingue –parla correttamente inglese e francese- ed Educazione Artistica presso il Seminario arcivescovile, Filosofia all’Istituto diocesano di Scienze Religiose.
IL CONTRASTO ALLA ‘NDRANGHETA – Cappellano di Sua Santità dal 1983, si distingue in particolare nell’ambito delle comunicazioni sociali con una serie di trasmissioni televisive di informazione religiosa su una emittente locale. Appena giunge a Locri sfodera la tenacia del pastore che cammina con amore e perseveranza a fianco del suo popolo. Non è semplice essere vescovo in un territorio, come la locride, piegato in due dalla morsa della criminalità organizzata. E’ la ‘ndrangheta che scandisce la vita (e, purtroppo, anche la morte) di questa terra crocevia di spargimento di sangue e di traffici illeciti. Ciliberti alza la voce, combatte, denuncia, perché ciò grida giustizia agli occhi di Dio. Ed allora tre colpi di lupara contro le finestre dell’episcopio. Per la prima volta un vescovo è costretto a vivere sotto scorta. C’è un clima di tensione e di paura. Ma Ciliberti va avanti, convinto com’è che un pastore debba spendersi fino all’ultimo per la porzione di gregge a lui affidata. Chiede ai parroci di leggere nella messa domenicale una lettera in cui si invitano i fedeli a non acquistare merce nei negozi gestiti dai mafiosi. Importante poi il ruolo del vescovo nel lungo sequestro del giovane Cesare Casella, dal giugno del 1988 sotto scacco tra le montagne dell’Aspromonte da ‘ndranghetisti senza scrupoli. Ciliberti accoglie in episcopio Angela Casella, la “mamma coraggio”, e con lei si mette in testa al corteo per chiedere la liberazione del ragazzo, che avverrà, per fortuna senza esiti negativi, il 3 giugno 1990. E’ l’inizio del formarsi di una nuova coscienza collettiva: il caso Casella chiude l’epoca dei sequestri di ‘ndrangheta.
Non ha timore Ciliberti, poi, nel denunciare pubblicamente il tribunale di Locri che il 12 gennaio 1991 vende all’asta mitre e fucili sequestrati, reimmettendo le armi sul mercato. Insomma, forte ed ampia è l’azione di contrasto alla criminalità organizzata promossa nella locride dal vescovo Ciliberti, che non manca di “educare” il suo popolo alla fede della Chiesa. Così che per la Pasqua del 1993 scrive la Lettera pastorale “Vieni e seguimi” in cui offre chiare e precise indicazioni per una “pastorale della corresponsabilità” per la quale “la Chiesa –scrive- è una comunità in cui ogni membro ha un ruolo insostituibile: ciò che dovrò fare io non potrà mai essere fatto da altri; ciò che dovrai fare tu non potrà mai essere fatto da me”. Intanto le minacce della ‘ndrangheta si fanno più pressanti.
IL RINNOVO DELL’ARCHITETTURA RELIGIOSA – E’ seria la preoccupazione per la sua incolumità fisica e la Santa Sede, il 6 maggio 1993, lo promuove arcivescovo di Matera- Irsina. In Basilicata il vescovo della lotta alla ‘ndrangheta, diventa il vescovo della ricerca e del gusto del bello. La sua figura è associata a quella del cardinale Lercaro, tra i protagonisti della riforma liturgica del Concilio. Ciliberti a Matera rinnova infatti l’architettura religiosa e quindi l’edilizia di culto nello spirito del Vaticano II. In tutto, durante gli anni del suo ministero, realizza nove complessi parrocchiali; trentuno sono, invece, le chiese che ristruttura completamente, senza considerare l’episcopio e la curia; cinque ancora i progetti di opere che lascia in eredità al suo successore. Un’esplosione, insomma, di spazi. Lo spazio, curato e arricchito nella ricerca di gradevoli elementi estetici, aiuta ancor di più il fedele ad entrare in comunione con il trascendente, perché nello spazio (finito) si riescono a cogliere le tracce della Bellezza (infinita). Ciliberti ha il gusto del bello. Egli stesso da vescovo, quasi architetto- artista, meglio sarebbe dire “architetto di Dio”, segue con premura ed attenzione le fasi della progettazione e della realizzazione di un’opera. Il tutto è testimoniato nei due volumi dal titolo “Pastore tra la gente” editi da BMG (Matera, 2003). Nel 1996 è nominato membro della Commissione Cei per l’Educazione cattolica, la cultura, la scuola e l’università.
Anche a Matera, inoltre, punta l’attenzione su una più ampia partecipazione dei fedeli laici alla pastorale della diocesi. Così nella Lettera dell’aprile 1998 ripercorre gli aspetti dell’ecclesiologia conciliare, interrogandosi sullo stile di un “nuovo modello di parrocchia” che deve rifuggire –afferma- dalle “cinque piaghe che, qualche volta, verifichiamo presenti anche nelle nostre comunità parrocchiali”. E cioè: “catechesi anemica, missione sclerotizzata, disimpegno socio-pastorale, scollamento tra parrocchia e movimenti, clero poco specializzato in pastorale”. Sottolinea quindi i tre ambiti di azione: la nuova evangelizzazione, la liturgia e la carità.
IL RITORNO IN CALABRIA – Il 31 gennaio 2003 è eletto arcivescovo metropolita di Catanzaro- Squillace. Antonio Ciliberti torna così nella sua terra di Calabria. Nel capoluogo di regione entra solennemente il 5 aprile dello stesso anno; in quest’occasione –durante l’omelia in Cattedrale- si presenta ai fedeli quale “buon Pastore” che viene per “amare, servire e guidare nel cammino della salvezza”. Si distingue per lo stile elegante, per i modi amabili, per il carattere deciso e per l’aspetto gentile e cordiale. E’ il vescovo che si china sulle sofferenze dei malati e sui disagi di gente bisognosa spesso lasciata ai margini della società: visita più volte i due campi rom della città e da lì chiede alla cittadinanza e alla politica maggiore sollecitudine ai problemi sociali. Ai giovani, cui pure offre particolare attenzione di padre, offre i motivi per guardare con speranza al futuro. Egli desidera una Chiesa “più unita” ed una società “più viva”. E mette l’accento sulla nuova evangelizzazione, tanto auspicata da Papa Wojtyla. Dà il via –attraverso le sue Lettere pastorali- ad un proprio percorso formativo e comunitario indagando prima i luoghi dell’evangelizzazione (la parrocchia, la famiglia e la scuola) e dopo gli strumenti (la liturgia, la carità e la testimonianza). Vi è quindi nel suo ministero il costante impegno all’annuncio della Parola di Dio, che si riflette pure nei puntuali messaggi per il Natale, per la Quaresima e per la festa patronale di San Vitaliano, il 16 luglio, e nella cura che riserva alla pubblicazione del quindicinale diocesano “Comunità nuova”. Introduce la causa di canonizzazione della Serva di Dio Nuccia Tolomeo. Gli anni da vescovo a Catanzaro- Squillace coincidono con gli anni del pontificato di Benedetto XVI, nei quali la Chiesa è attaccata su più fronti dal mondo laicista. Il vescovo diventa così il custode della integrità della dottrina cristiana; nelle sue omelie Ciliberti condanna senza mezzi termini il relativismo, guarda con spirito saldo alla Verità di Gesù Cristo e propone un incessante dialogo tra fede e ragione umana.
“La rivelazione –afferma – non è ottenebrazione dell’intelligenza dell’uomo, ma è luce di verità, che l’aiuta a realizzarsi in pienezza. Il compito dei cristiani nella Chiesa e nel mondo è quello di testimoniare con la vita le ragioni della propria speranza”. In questi anni è membro della Commissione Cei per il laicato e Vice presidente della Conferenza Episcopale Calabra. Si dedica ancora all’opera di promozione edilizia, impegnandosi nell’edificazione di nuovi centri pastorali e nella ristrutturazione di quelli già esistenti; in particolare l’episcopio di Catanzaro torna a nuovo splendore. E’ grazie a Ciliberti –vescovo dalle grandi vedute- che sorge la prima chiesa parrocchiale in Europa (e forse nel mondo) all’interno di un Parco Commerciale. Dal 2006 al 2010 gira in lungo e in largo il territorio della diocesi con la visita canonica nelle 122 parrocchie: è un modo per tessere legami ancora più forti ed autentici con i fedeli che possono toccare con mano la vicinanza del loro Pastore. L’11 ed il 12 luglio 2009, Ciliberti celebra il suo giubileo per i cinquant’anni di sacerdozio ed i venti di episcopato. Così gli scrive Papa Benedetto XVI: “nell’esercizio del gravissimo ministero episcopale, seguendo l’esempio di Cristo Buon Pastore, Ti sei adoperato con tutte le energie a governare, insegnare e santificare, così che tutti potessero osservare con maggiore disposizione ed ogni giorno gli insegnamenti del Vangelo”.
Nel 2011, il 29 maggio per la precisione, lascia la diocesi di Catanzaro- Squillace per raggiunti limiti d’età, in conformità alle disposizioni canoniche. Ma prima, come segno di riconoscenza e gratitudine, l’amministrazione comunale di Catanzaro gli conferisce la cittadinanza onoraria e gli consegna le chiavi della città. Ciliberti – il cui poderoso magistero di vescovo è contenuto nei due volumi dal titolo “Inviato per evangelizzare”- rappresenta una importante figura di pastore del Meridione d’Italia. Da emerito, a Roma, il vescovo della lotta alla ‘ndrangheta a Locri, l’architetto di Dio a Matera, il custode della dottrina a Catanzaro, si dedica alla preghiera ed allo studio. Ed i suoi venticinque di episcopato altro non sono che mezzo secolo di amore, di passione, di dedizione e di servizio per la nostra terra, di un uomo che da giovanissimo lasciò i campi di calcio perché capì “che il campo verde al quale il Signore chiamava era certamente più grande”. E l’arcivescovo Antonio Ciliberti con il suo ministero sacerdotale ed episcopale in Calabria ha fatto “goal” per davvero!
Intanto, oggi – martedì 28 gennaio – alle ore 17 nella Cattedrale di Catanzaro, si celebrerà il venticinquesimo di episcopato dell’Arcivescovo emerito Mons. Antonio Ciliberti. A convocare la comunità tutta è stato l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, che ha invitato i presbiteri ed i fedeli a vivere questo evento di fede con la preghiera. A presiedere la concelebrazione eucaristica, alla presenza anche di diversi vescovi di Calabria, sarà proprio Mons. Ciliberti.
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