Caterina Ceraudo
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Quattro cucine d’autore, una trattoria e due low cost: sono sette, sui 200 selezionati in tutta Italia, i ristoranti calabresi premiati da 50 Top Italy Italian Special Awards 2022, la prestigiosa guida online firmata da Lsdm, Congresso internazionale di cucina d’autore, e dalla testata giornalistica Luciano Pignataro Wine&Food Blog.
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Sul podio nella sezione Cucina d’Autore – il suo terzo posto rappresenta il miglior piazzamento tra i 7 calabresi premiati – la strongolese Caterina Ceraudo, “donna simbolo della nuova ristorazione calabrese, ha un tocco gentile e al contempo deciso: è la chef del ristorante Dattilo, fiore all’occhiello dell’azienda agricola e cantina di famiglia, Ceraudo, fondata oltre trent’anni fa dal padre Roberto”.
Al settimo posto ecco Nino Rossi che con il suo Qafiz è a ragione definito “ambasciatore di un intero territorio, uno dei primi artefici della nascita della cucina d’autore in Calabria. Addirittura un visionario quando ha deciso di aprire il suo ristorante in un piccolo paesino dell’entroterra calabrese, Santa Cristina d’Aspromonte, ottenendo in pochi anni la prima Stella Michelin”.
Segue il catanzarese Luca Abbruzzino (16°), “enfant prodige della cucina d’autore calabrese, Stella Michelin già a 23 anni, cresciuto nella cucina del padre Antonio”.
Chiude il quadro Riccardo Sculli, “chef che mette d’accordo proprio tutti, i gastrofighetti e i tradizionalisti” nel suo stellato Gambero Rosso di Marina di Gioiosa Jonica, ristorante con oltre quarant’anni di storia dove lo accompagnano il fratello Francesco, maitre e sommelier, e la sorella Tiziana in sala.
La Taverna Kerkyra di Fulvio Dato a Bagnara Calabra (“cucina greco-calabra da oltre trent’anni”) si piazza al 38° posto tra le 50 trattorie selezionate. «Le trattorie e le osterie del Bel Paese – hanno sottolineato Barbara Guerra, Luciano Pignataro e Albert Sapere, i tre curatori della guida – rappresentano l’autentica anima gastronomica della nazione. Presidi dei territori che compongono la Penisola, trait d’union tra gli agricoltori, gli allevatori, i vignaioli, gli artigiani e tutti gli abitanti e i visitatori di un luogo. Una tradizione dunque che non va affatto abbandonata, ma anzi implementata, modernizzata secondo le nuove esigenze del pubblico e seguendo soprattutto i concetti di sostenibilità ambientale ed economica divenuti ormai elementi imprescindibili anche della ristorazione. Validi esempi di tutto ciò sono senz’altro i nomi presenti nella nostra guida».
Infine nella sezione Low Cost due le presenze calabresi: in top ten, e precisamente nella casella numero 8, i ragazzi di Mi ‘Ndujo che grazie alla “grande varietà dei migliori ingredienti della regione: salsiccia, pancetta, soppressata, prosciutto di maiale nero, caciocavallo e patate silane, cipolla di Tropea, pomodoro di Belmonte, tonno, l’immancabile ‘nduja” esportano la loro formula di successo oltre l’asse Rende – dove tutto è nato 14 anni fa – Cosenza: ben 5 i locali aperti negli ultimi anni a Roma, sui 9 totali che impiegano più di 80 collaboratori e nel 2020 della pandemia hanno servito 270mila clienti.
Infine tappa a Montepaone, sulla costa catanzarese, con Bestie – Calabresi selvaggi (16° posto), locale di Roberto Davanzo, Michele Franco e Antonio Lo Riggio nato da una costola di Bob Alchimia a Spicchi, pizzerie altrettanto pluripremiata. Nessuna insegna calabrese tra i Grandi ristoranti ma le potenzialità non mancano, come questi ultimi riconoscimenti e non solo dimostrano.
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