4 minuti per la lettura
Salvare la biodiversità del cibo significa preservare il futuro di tutte le regioni italiane. La Campania è uno scrigno di biodiversità, costruito e custodito dagli agricoltori da oltre duemila anni, come testimoniano gli affreschi e i ritrovamenti di Pompei ed Ercolano. La distintività è il contrario della massificazione dei sapori e si traduce nella tutela dell’ecosistema e nella creazione di valore per il sistema agricolo”. Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania, commenta così la presentazione dei “sigilli” di Campagna Amica questa mattina a Roma in occasione dell’inaugurazione del Villaggio Coldiretti, al Circo Massimo fino a domenica. I “Sigilli” di Campagna Amica – sottolinea la Coldiretti – sono la più grande opera di valorizzazione della biodiversità contadina mai realizzata in Italia, che può essere sostenuta direttamente dai cittadini nei mercati a chilometro zero degli agricoltori e nelle fattorie lungo tutta la Penisola, una mappa del tesoro che per la prima volta è alla portata di tutti.
Sono sedici i “sigilli” di Campagna Amica della Campania, contenuti nel primo atlante della biodiversità: il Carciofo Bianco di Petrosa, il Cece di Cicerale, la Cipolla Ramata di Montoro, la Colatura di Alici di Cetara, il Conciato Romano, il Fagiolo Cera di Alife, il Fagiolo di Controne, il Fagiolo dall’Occhio, la Melanzana Lunga Napoletana, l’Oliva Caiazzana, il Pecorino Bagnolese, il Pecorino di Laticauda, il Pomodoro Corbarino, il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, la Torzella o Cavolo Greco.
In Italia nel secolo scorso – sottolinea la Coldiretti – si contavano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 sono considerate a rischio di scomparsa, ma la perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo, dagli ortaggi ai cereali, dagli ulivi fino ai vigneti. Un pericolo – secondo la Coldiretti – per i produttori e i consumatori per la perdita di un patrimonio alimentare, culturale ed ambientale del Made in Italy, ma anche un attacco alla sovranità alimentare del Paese.
I “Sigilli” di Campagna Amica sono i prodotti della biodiversità agricola italiana che nel corso dei decenni sono stati strappati all’estinzione o indissolubilmente legati a territori specifici ai quali si aggiunge la lista delle razze animali che gli imprenditori agricoli di Campagna Amica allevano con passione. Si tratta in totale di 311 prodotti e razze animali raccolti nel corso di un censimento, curato dall’Osservatorio sulla biodiversità istituito dal comitato scientifico di Campagna Amica. Nel corso di questo primo studio sono risultati 369 “agricoltori custodi”, di cui il 25% sotto i 40 anni. Le aziende condotte da questi imprenditori per il 20% producono con il metodo biologico e il 5% è impegnato in attività di agricoltura sociale ai sensi della Legge 141/2015. Dei 311 prodotti della biodiversità censiti, il 90% sono presenti sui banchi di vendita diretta dei mercati di Campagna Amica, mentre il 10% può essere acquistato solo in punti vendita aziendali o durante eventi specifici. Il 16% sono frutti, il 44% è costituito da ortaggi, legumi e cereali, il 30% da derivati di razze animali che sono rappresentate da 55 razze diverse presenti nei registri e nei libri delle razze, il 3% da miele e prodotti spontanei ad alto valore ecosistemico, e infine trasformati di olivi e vitigni per un 7%. I “Sigilli” di Campagna Amica sono stati raccontati in un apposito atlante grazie ai contributi di accademici e studiosi, una ricerca di carattere sociologico con la presentazione di ricette e storie di agricoltori custodi, per comprendere l’importanza della conservazione di un patrimonio unico al mondo.
I “Sigilli” sono infattiprodotti rari che posseggono caratteristiche assolutamente preziose che il mondo contadino ha sapientemente custodito contro l’omologazione e la banalizzazione dell’agricoltura. Dalla patata turchesa abruzzese dalla particolare colorazione violacea anche nella buccia al Formadi Frant del Friuli, vero e proprio testimonial della cucina anti spreco perché preparato mescolando gli scarti di altri formaggi, dalla pera angelica di Serrungarina delle Marche salvata dagli agricoltori custodi al formaggio Montebore piemontese dalla caratteristica forma a coni sovrapposti a formare una piccola torre la cui storia è antichissima, dal mais Spin del Trentino antica varietà coltivata fino ai primi anni ’60 e poi quasi sparita che prende il nome dalla particolare forma a uncino del chicco al peperone crusco lucano croccante come una patatina fritta e ancora – continua la Coldiretti – dal conciato romano antico formaggio risalente all’epoca romana che viene ancora oggi fatto stagionare in orci di terracotta alla fagiolina del Trasimeno, caratteristico fagiolo piccolo come un chicco di riso e dal gusto molto delicato che si cuoce senza ammollo.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA