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LA Fondazione Carical ritorna anche quest’anno al del Salone Internazionale del Libro di Torino, nello stand della Regione Calabria, domenica 11 maggio, per presentare l’incontro “Cesare Pavese e la Calabria – Tracce sommerse tra le suggestioni del mito”, nell’ambito delle attività promosse dal Premio per la Cultura Mediterranea, giunto alla sua VIII edizione. «La Calabria, dove Pavese è stato confinato dal 4 agosto 1935 al 15 marzo 1936 nel paesino di Brancaleone – afferma il presidente della fondazione Mario Bozzo – non entra direttamente nelle opere dello scrittore come luogo dove ambientare le storie narrate, neppure nel romanzo Il carcere, dove i riferimenti impliciti sono assai evidenti. Lo stesso scrittore si sente inadeguato a scrivere ‘cose calabresi’, perché non riflettono nulla di suo, «tranne uno scarno turbamento paesistico, quale non dovrebbe mai giustificare una poesia. Se queste rocce fossero in Piemonte, saprei bene assorbirle in un’immagine e dar loro un significato». Così scriveva ne “Il mestiere di vivere” il 10 ottobre del 1935. Tuttavia la Calabria – continua Bozzo – è una presenza sommersa, che ha lasciato tracce indelebili sull’uomo Pavese ed ha influenzato notevolmente anche la sua scrittura. Infatti, proprio durante il forzato soggiorno a Brancaleone, Pavese inizia la sua conversione letteraria dalla poesia alla prosa, come appunto testimonia il diario che ha cominciato a comporre negli anni del confino calabrese. Nella nostra regione, poi, – conclude Bozzo – a contatto con il mar Jonio, il greco mare di Omero e del suo Ulisse, nel cuore della Magna Grecia, Pavese confessa di sentirsi come Ibico, poeta lirico del VI secolo, che girovagava per quegli stessi luoghi proprio come fa lui».

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