Il boss Raffaele Cutolo
3 minuti per la letturaPASQUALE Cafiero è sopravvissuto a Raffaele Cutolo, e sempre sarà così. E siamo noi quei brigadieri. Siamo noi, Pasquale.
Gente comune, nemmeno santi e forse pure disgraziati perché non sempre abbiamo detto la verità, raramente abbiamo compreso il prossimo, giocato a terra con i figli, fatto una carezza a madri e padri quando questa era necessaria, e abbiamo pure tradito sì.
Ma siamo meglio di Cutolo e dei mafiosi e sopravviviamo ad essi nonostante gli omicidi, perché alla gente comune dei soldi e del potere non frega nulla. Noi non dobbiamo andare dal cardiologo ogni sei mesi. Le nostre arterie sono libere, non sono intasate di pazzie e brame, non puzzano di polvere da sparo delle pistole sotto al cuscino per timore che ci facciano fuori. Nemmeno ci spazzola del metallo con il quale vengono forgiati i rubinetti. A noi basta il rubinetto. E l’acqua. E se l’acqua va e viene, fa lo stesso.
Nei bidoni avremo raccolto qualche scorta, ed è pulita non inzaccherata di scorie, sangue e veleni. L’abbiamo presa facendo un’arrendevole fila alle fontanelle, e anche bottiglia dopo bottiglia assaporandola con lo sguardo mentre il livello cresceva e cresceva e dentro sentivamo un bene piccolo piccolo, sconosciuto, ignorato dalla Storia, ma niente affatto marginale rispetto al movimento dell’universo.
A casa possiamo berla addirittura contenti ogni tanto, nonostante i soldi che ci mancano, nonostante il Covid e le mascherine che ci segnano il viso. A ogni vostro bicchiere buttato giù in gola corrisponde invece una bestemmia perché l’acqua è la vita e voi siete, come i falsi fattorini della luce, rappresentanti vestiti male della morte.
Non di sorella morte, quella di Francesco d’Assisi che è sorella davvero, ma sorella morte ottusa degli inetti. Siete inetti, incapaci, zero lungimiranti, non forti e intelligenti come vi siete andati convincendo.
Ecco perché morite in carcere come Raffaele Cutolo. Come scemi, pure convinti che a non pentirvi avete fatto cosa buona. Chi ve lo ha fatto fare. E tutti quei soldi, quel potere? In gabbia siete morti, alla fine. Pure noi moriamo, ma nessuno tira per noi un sospiro di sollievo quando andiamo sotto terra. Ordinary people siamo, però ci muoviamo nel mondo, prendiamo un treno, decolliamo in aereo, e se proprio non possiamo con un Boeing lo facciamo con un carrello pieno come Marcovaldo di Italo Calvino.
E’ il mondo reale, non quello vostro di cartone. E’ stato facile terrorizzare, ammazzare, sciogliere nell’acido, far saltare autostrade per risolvere i problemi. Se aveste avuto davvero gli attributi sareste andati a lavorare, allora sì che quelli che avete dove non batte il sole non sarebbero state ridicole biglie, come sono, ma proiettili pesanti. Noi ce li abbiamo, non voi. Perché andare a fare la spesa senza soldi è più difficile che sparare.
La nostra è una straordinaria vita piena di anonime, ma fondamentali minuzie. E’ vero, Fabrizio De André fa dire a Cafiero, quel secondino di Poggio Reale che quando arriva la sera e al centesimo catenaccio si sente uno straccio e per quattro lire al mese che gli passa lo stato, che “c’è un uomo geniale” dietro le sbarre. Però Pasquale Cafiero dopo quel caffè torna a casa. E la sua casa e la nostra avranno pure un bagno soltanto che occorre aspettare se c’è tua figlia, un frigo che ghiaccia, un cassettone di finestra da cui passa la Siberia, ma è una casa, non una prigione come era la tua, professor Cutolo, come la vostra, colleghi suoi professori liberi ma peggio ancora messi.
Non siete uomini geniali, siete fessi. Siete come James Gandolfini de I Soprano, con la faccia da scemo davanti alla psicanalista. E quanto sei stato fesso, professor Cutolo. Perché forse qualche talento lo avevi, finanche le poesie mandasti a De André. Ma quello non fu l’inizio di un carteggio, come forse speravi. Ti era rimasto il brigadiere Pasquale Cafiero.
Ma lui, noi, torniamo a casa. Ti sopravviviamo. Sarà così sempre, per quanti ne potrete ammazzare. Tu, voi, morite come fessi invece. Siete, fessi. Non professori.
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