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IL QUADERNO su uno sgabello, adattato a banco. In ginocchio, un bimbo fa i compiti alla luce di un lampione, alle sue spalle il giallo dell’insegna di un McDonald’s a Mandaue City, nelle Filippine: siamo a giugno del 2015, e quella fotografia fa il giro del mondo. A scattarla era stata una studentessa di medicina, che aveva notato il piccolo dal finestrino del bus sul quale viaggiava, e che poi postò la scena su Facebook scrivendo soltanto: “Un bambino mi ha ispirata”. Quel bambino era Daniel Cabrera, 9 anni: al mattino era andato a scuola, la sera aveva accompagnato la madre a chiedere l’elemosina alla “carinderia” del fast food americano.
Oggi Daniel ha 14 di anni. Ci chiediamo se il suo sogno sarà ancora quello di fare il poliziotto, o il medico, come disse in una intervista-spot organizzata dal colosso Usa, che come un avvoltoio si fiondò sulla notizia al grido di #sharethelove, condividi l’amore. Peccato, però, soltanto a vantaggio dell’immagine di una multinazionale del food. A suon di dollari, hamburger e maionese, sfruttando la ghiotta occasione di una fotografia.
Aveva ragione Dietrich Bonhoeffer, poeta, pastore luterano tedesco, tra i principali oppositori del regime nazista, quando affermava come per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene. McDonald’s se la cavò eroicamente, Daniel ottenne una borsa di studio. Ma fu una operazione di propaganda al minuto. Ecco perché (ancora) oltre 120 milioni di bambini nel mondo non hanno alcun diritto all’istruzione. Alla felicità, dunque, che deriva dal conoscere quali meccanismi regolino, per esempio, studiando le scienze, il giorno e la notte. Oppure quanta bellezza e insegnamenti possano celarsi in una poesia, quali chiavi possa donare il sapere per aprire il futuro. Una recentissima analisi Unicef-Save the Children, evidenzia come il numero di bambini in condizioni di povertà cosiddetta “multidimensionale” sia salito a circa 1,2 miliardi a causa della pandemia. Lo studio esamina i dati sulla nutrizione, sull’assistenza sanitaria, sull’acqua, e sull’accesso all’istruzione: non solo ci sono più bambini che vivono in condizioni di povertà rispetto a prima, ma anche quelli più poveri diventano sempre più poveri.
Da noi l’istruzione è garantita, e seppure in mezzo alle cifre dei telegiornali sul milione di morti per il virus superato nel mondo, sui contagi nelle regioni, nelle città, sugli allarmi negli istituti, e al piccolo inferno di difficoltà quotidiane, tra rigide regole anti-covid e la cattiva informazione la scuola è comunque ripartita. Ma i piani non vanno proprio nella direzione che indicava Bonhoeffer. Non con quel pensiero lungo, rivolto alle generazioni dopo le nostre. Paolo Dieci, direttore del Cisp-Sviluppo dei popoli, ne aveva fatto una ragione di vita (morì nel disastro aereo del marzo 2019 dell’Ethiopian Airlines): dove manca la cultura, ripeteva, l’accesso alle sue fonti, le speranze di un futuro, non soltanto di un futuro migliore, sono ridotte al lumicino. Rischia anche l’Italia, se pensiamo che il 25 per cento delle famiglie non dispone di accesso alla banda larga da casa e solo l’8,6 dei docenti utilizza la Rete per l’apprendimento.
Sandro Calvani, scrittore, saggista, per 35 anni alto funzionario delle Nazioni Unite in giro per il mondo, oggi vive a Bangok, in Thailandia, dove è direttore del Centro di eccellenza Asean per gli obbiettivi di sviluppo del millennio dell’Onu, all’Asian Institute of Technolgy, ci materializza al telefono quanto noi che ci autodefiniamo nazione evoluta, siamo invece indietro anni luce rispetto ad alcune grandi realtà asiatiche.
“Lì le riforme educative non sono state pensate per risolvere i problemi di oggi – spiega Calvani – ma puntano a formare persone più resilienti e creative, quindi capaci di affrontare i problemi delle società di domani. Cominciano con la comprensione dei cambiamenti in atto nella società, assumono un modello aspirazionale di rigenerazione delle persone”. Racconta di una visita in un liceo di Taiwan, dove alla fine notò una scritta sul retro del piedistallo di una statua di Confucio, rivolto dunque agli studenti in uscita: “Se pensi al prossimo anno pianta un seme, se pensi ai prossimi dieci anni pianta una foresta, se pensi ai prossimi cento anni, educa la gente”. In un mondo così pensato, la campanella suonerebbe per tutti.
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