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La Viola e la reazione contro violenza e razzismo, l’amicizia con Catanzaro e la storia di Cessel; da Reggio Calabria messaggi molto forti


CI SONO momenti, nella vita di un essere umano o di una comunità, in cui un evento avverso, un’ingiustizia subita, possono far vacillare le proprie convinzioni, spingere verso lo scetticismo nei confronti di tutto e tutti. La reazione dipende in larga misura dalla profondità alla quale hanno attecchito le radici dei principi e dei valori in cui si crede e che hanno informato tutta la propria esistenza. Può, dunque, anche succedere che chi ne è colpito, lungi dall’abbattersi, tragga dall’episodio negativo ulteriore forza, quando principi e valori sono ben saldi nella propria coscienza, nella propria postura morale ed etica. Quella appena trascorsa è stata una settimana di successi sportivi per la Viola Reggio Calabria, arrivata a fine girone d’andata assaporando soltanto il gusto dolce della vittoria. Emozionanti e altrettanto densi, i sette giorni passati, di significati e sfumature extra sportivi.

Prima i fatti al termine della partita col Messina; subito dopo la stangata da parte del giudice sportivo; quindi la dimostrazione di affetto e stima della società e dei sostenitori del Catanzaro, seguita dalla riduzione delle sanzioni in appello; infine, la partita a porte chiuse contro la Virtus Matera. In quest’ultima occasione, il presidente della Viola, Carmelo Laganà, ha esposto, indossando le sciarpe della sua squadra e di quella di Catanzaro, un cartello che riassume perfettamente lo spirito che anima e ha sempre animato (tranne qualche brevissima parentesi) la società di basket reggina. «Squalificateci – c’era scritto – perché la Viola non soltanto è contro il razzismo, ma è anche contro la violenza di genere, l’omofobia, la violenza sui minori, il bullismo, i genocidi, la guerra. Viva la Viola. Viva la Pace».

La Viola è venuta a nuova vita qualche anno addietro grazie soprattutto ai tanti tifosi che hanno costituito il Supporters Trust Viola. Una associazione no-profit «nata per consentire ai tifosi di prendere parte attivamente alla gestione della propria squadra del cuore». E anche per «rendere la Viola veramente della città: una forza promotrice di trasparenza, legalità, identità cittadina e cultura sportiva». E «un motore del cambiamento e dell’impegno sociale per Reggio». Per questo motivo abbiamo voluto chiedere a Maurizio Marino, presidente dell’associazione, la sua opinione: «Il messaggio esposto dall’amico e presidente dott. Carmelo Laganà ha sintetizzato in maniera egregia i sentimenti del popolo reggino. Reggio Calabria, sin dalla sua fondazione, è città inclusiva, aperta al visitatore ed alle altre culture. Città dove lo straniero non è un nemico e dove le differenze arricchiscono e non dividono.

I sentimenti del fondatore Giudice Giuseppe Viola sono sempre stati all’insegna del rispetto reciproco e della legge. E noi su questo prezioso lascito cerchiamo ogni giorno di portare avanti questi ideali, uniti alla resilienza che è nel nostro DNA da sempre, e ad una immensa sete di riscatto attraverso lo sport. Le offese razziste pronunciate da parte di un dirigente di una squadra avversaria verso un nostro giocatore di colore hanno generato legittimo sdegno in ognuno di noi. Essere puniti ingiustamente e in modo abnorme, passare da facinorosi e da irrispettosi delle regole, ha creato in ciascuno moti di ribellione per cui non accettiamo, seppur ridotta, la squalifica subita. Pretendiamo Giustizia, perché non passi inosservato e/o impunito un comportamento di stampo razzista. Lo sport è inclusione e rispetto, e noi abbiamo sempre dimostrato di non essere razzisti».

Questo è l’approccio che funge da calamita per chiunque abbia voglia di crescere cestisticamente e umanamente in una realtà sana. Ce lo confermano le scelte di Giovanni Cessel e Ilario Simonetti (di Stilo), rimasti a Reggio nonostante le tante offerte. Cessel, ventitreenne, in particolare, figlio d’arte per padre (veneto) e madre (toscana), è stato proprio da questi ultimi incoraggiato a continuare la sua esperienza in riva allo Stretto. Abbiamo incontrato la madre, Cristina Lenzi, che ha militato in serie A in diverse compagini oltre a quella della sua città (Siena).
Le sue parole ci hanno inorgogliti come reggini e calabresi: «Ho trovato in questa città del Sud un ambiente meraviglioso, fatto di rispetto, attenzione, gentilezza. Abbiamo detto a Giovanni, io e suo padre, che ha giocato in A e girato tutta l’Italia, che non avrebbe potuto optare per una realtà migliore. Da ogni punto di vista. Io stessa vengo a Reggio per seguire le partite e mi fermo quanto più possibile, compatibilmente con i miei impegni di lavoro (è medico, ndr) a Siena. Anzi, l’altro figlio – ci dice sorridendo – vive all’estero da qualche tempo e mi rimprovera di non andare mai a trovarlo, di preferire venire a Reggio.
D’altra parte, il clima qua è completamente diverso, e là fa freddo. Un aspetto da sottolineare, peculiare rispetto anche a Siena, è che sul parquet del PalaCalafiore è possibile sbagliare senza che il pubblico ti critichi. Anzi, ti incoraggia sempre. L’anno scorso Giovanni in una partita ha letteralmente passato la palla all’arbitro scambiandolo per un giocatore (ride): dagli spalti neanche un fischio o un urlo di disapprovazione. Non so dove altro sarebbe andata allo stesso modo!».

Che dire? Non bisogna essere indulgenti o addirittura reticenti quando ci si esprime sulla propria terra. I problemi ci sono, e solo chi è cieco o in malafede non li vede. Però è bello, quando se ne presenta la possibilità, dipingere il mondo a colori. Specialmente in un periodo in cui brutture in giro per il globo ce ne sono tante. Non si tratta di buonismo, ma semplicemente di bontà. Per esempio, come descrivere quanto successo tra Redel Viola e Basket Academy Catanzaro, squadre di due città in passato acerrime nemiche per questioni molto serie? Giocatori delle due squadre abbracciati al centro del parquet, e presidenti che si scambiano le sciarpe con i colori giallorossi e neroarancio.
Non l’abbiamo letto sul libro Cuore, è successo davvero meno di una settimana fa. Abbiamo chiesto un commento al presidente del team catanzarese, Alfonso Bianchi: «Ho sempre creduto che lo sport in genere sia il miglior antidoto alla violenza. Non solo quella fisica. Questo vale anzitutto per i giovanissimi che, se ispirati al sistema di valori insiti nello sport sano e praticato, è come se s’immunizzassero anche per la vita di ogni giorno. Ecco perché come Academy abbiamo puntato tutto sul settore giovanile. Non solo basket, ma anche socialità. In tal senso, concordo in pieno col presidente Laganà: è fondamentale non strumentalizzare eventi sportivi associandoli a fenomeni di razzismo o di violenza. È compito delle classi dirigenti di ogni settore e dei media abbassare i toni».

Insomma, ci vengono in mente le parole di De André. Un fiore, o un avvenimento positivo, un sorriso, può nascere sempre, anche quando e dove meno te l’aspetti. L’auspicio che ci viene da esternare adesso è che chi ha sbagliato colga il senso profondo di questi avvenimenti, delle parole spese per posare un macigno su altre parole e altri gesti. Ci vuole poco. E alla fine ci si sente veramente meglio, in pace con se stessi e con gli altri. Questa è la lezione da trarre. Si può vincere o perdere una partita o un campionato. Fondamentale è non smarrire la dignità, la rettitudine, il rispetto. In definitiva, l’essenza stessa del vivere civile.

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