Giovanni Amodeo
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Originario di Reggio Calabria, artista eclettico che si muove con disinvoltura tra teatro, musica e cinema, Giovanni Amodeo porta attualmente in scena sui palchi d’Italia uno spettacolo dal titolo “Io e la Rossa”. Si tratta di un omaggio a Milva, un monologo con musica per la regia di Marco Simeoli e con gli arrangiamenti e le musiche originali Enrico Knob Tavernini, che è stato anche scelto da Martina Corgnati, la figlia di Milva, per la prima nazionale che ha accompagnato l’asta dei vestiti della grande cantante, destinata a raccogliere fondi per la beneficenza.
Attraverso i suoi ricordi Amodeo, autore e interprete, racconta vari momenti di formazione personale e artistica, legati indissolubilmente alla carriera proprio di Milva. Ma lo spettacolo parla anche di Reggio dove l’arte è entrata nella vita di Amodeo e ha cambiato il suo percorso e i suoi orizzonti. Proprio per questo aspetto molto personale del racconto l’artista avrebbe voluto portare in città il suo show, ma con amarezza ci racconta di come questo non sia stato possibile.
Non sei mai riuscito ad esibirti nella tua città natale.
«Mi sono esibito a Reggio solo in qualche piccolo evento organizzato da amici e per amici. Qualche anno fa invece ho avuto una brutta esperienza presso un teatro che mi mostrarono solo pochi giorni prima dello spettacolo. Si trattava di un luogo senza attrezzature ma soprattutto molto malandato e pericoloso che non era nelle condizioni di ospitare nessuna esibizione e neppure spettatori, così sono stato costretto ad annullare. Il mio amico e bravissimo musicista Salvatore Familiari ha pensato che “Io e la Rossa” dovesse essere presentato anche a Reggio, ma abbiamo trovato molte difficoltà e la richiesta di spese notevoli. Anche la professoressa Corgnati, che ha lavorato più di una volta a Reggio, sarebbe stata contenta di partecipare e fare qualcosa di ufficiale. Sarò a Roma, Milano, in Grecia, in Germania e anche in Sicilia con questo spettacolo, ma nella mia città d’origine o in Calabria a quanto pare proprio no».
Eppure, lo spettacolo racconta molto proprio di Reggio Calabria.
«Io tengo molto a questo spettacolo perché racconto qual è stato il mio rapporto con la musica e con il teatro. Un’artista così poliedrica come Milva, che in Italia non abbiamo apprezzato a sufficienza, è entrata a far parte della mia vita sconvolgendo tutte le mie prospettive quando mi portarono al Comunale a vederla. Grazie ai miei genitori che si interessavano di musica e di arte io e i miei fratelli da Gallico Marina abbiamo respirato un’aria diversa e sono riuscito a fare qualcosa di differente rispetto a quello a cui mi avrebbe potuto destinare la provincia. Io nel testo parlo proprio della mia città e la omaggio, ed è per questo che trovo sia un peccato non avere questa opportunità».
Hai avuto la possibilità di portare in molti luoghi i tuoi spettacoli. Quali sono stati quelli che hai più amato?
«Ho avuto il piacere di esibirmi a New York presso il Village Vanguard, in Germania ho cantato nella Cappella dell’amicizia in una serata che chiudeva la settimana della cultura. Ma anche in Italia ho avuto delle esperienze molto gratificanti in posti davvero unici come il Blue Note (catena nota agli appassionati del jazz, ndc) o la Casa delle culture di Roma dove ho lavorato con Patrizia D’orsi».
Cos’è che non funziona qui a Reggio Calabria?
«Se in una città manca una compagnia stabile di teatro, già questo rappresenta un segno preciso dell’ambiente culturale di quel luogo. Avere un teatro che funziona a pieno regime significa anche avere moltissime maestranze all’opera, dai tecnici delle luci e dell’audio, agli sceneggiatori agli artisti veri e propri. Temo che il problema stia nelle autorizzazioni e in generale mi sembra che ci sia una gran confusione che alla fine porta a un nulla di fatto. Conosco molti reggini che per andare a teatro si spostano di provincia o persino di regione, ma sono pochi a poterlo fare e se manca l’offerta, con il tempo viene meno anche il desiderio di recarsi a teatro».
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