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È made in Calabria ma è pronto a spiccare il volo. Si intitola “Dall’altra parte del giorno” ed è l’album esordio di Barreca, realizzato assieme a Benedetto Demaio e Riccardo Anastasi. Un disco che ha visto la partecipazione di numerosi musicisti e addetti ai lavori e grandi nomi della musica.
Domenico Barreca, artista calabrese di Taurianova che ha scelto come nome d’arte il suo cognome, ci racconta di questo suo primo lavoro discografico, che è pronto a farsi spazio nel panorama cantautorale italiano.
Qual è la storia di “Dall’altra parte del giorno”?
«Tre anni fa abbiamo iniziato questo progetto per gioco. Benedetto Demaio ha una capacità di scrittura e una sensibilità fuori dal comune. Riccardo Anastasi invece è la persona con la quale condivido la parte musicale da tantissimi anni. Anastasi ha fatto un lavoro pazzesco. Il disco è stato registrato in Calabria, a Rizziconi nel suo studio Artetica Recording. Quattro brani sono stati missati da Marco Borsatti, uno degli ingegneri del suono più importanti in Italia; l’altra parte, quella più acustica, è stata affidata a Taketo Gohara, (produttore discografico, tecnico del suono e sound designer giapponese; ndr) che ha fatto un lavoro bellissimo. Il tutto impreziosito dal mastering di Giovanni Versari. Demaio ha composto i brani, io sono estremamente pigro, non potrei mai scrivere, forse anche per una bassa autostima che non mi fa sentire all’altezza. Perciò si è lavorato in simbiosi».
Qualcuno quindi ha scritto per lei, con lei e di lei. La si può definire interprete di se stesso?
«Mi piace questa definizione. Sicuramente abbiamo lavorato sulla parola e su come divulgarla. La bravura di Riccardo e di Benedetto è stata proprio questa, riuscire a cucirmi un vestito addosso, tant’è che chi mi ascolta mi dà subito del cantautore».
C’è una canzone che la rappresenta un po’ di più?
«Lontani Da Te. Sin dal primo ascolto. Registrandola è stata un po’ come sfogliare l’album fotografico della mia vita. Lì è venuto fuori Barreca».
La Nudità è invece un pezzo dell’album che affronta la tematica della violenza psicologica. Un brano che arriva dritto allo stomaco.
«Fino alla fine eravamo in dubbio se inserirlo nell’album, proprio per la tematica e il pugno allo stomaco che ricrea. È un argomento delicato, pensiamo a quanto logori una violenza psicologica. Non è stato facile neppure cantarla. E poi devo dare il merito a Taketo Gohara che nel missaggio ha ricreato in musica la crudeltà di cui parla la canzone».
In questo disco c’è una scelta precisa: una musica suonata e non suoni computerizzati. Una scelta che sembra quasi controcorrente. Come mai?
«Il merito è sicuramente del produttore Riccardo Anastasi. Volevamo che ogni singolo brano avesse una veridicità, perciò serviva quel musicista per quel tipo di sound. Non a caso ci siamo affidati anche a nomi importanti (Marcello Surace, Massimo Guerra, Alfredo Bochicchio, Emilio Sorridente, Crispino Mangano; ndr). La nostra era un’esigenza: ritornare alla tradizione musicale del passato, con strumenti e musicisti reali, senza disdegnare la tecnologia che comunque è stata utilizzata come contorno. L’arrangiamento è diventato quindi la colonna portante di questo progetto».
Questa cura negli arrangiamenti è palese e il disco risulta molto dinamico. Si passa dalla ballad al pezzo rock, dal country pop all’elemento jazz, con la musica che non è un accompagnamento al testo ma forse è il testo che accompagna la musica.
«Questo disco è un viaggio. Doveva essere un messaggio: il testo al servizio di questi arrangiamenti che non sono buttati lì. È fortemente voluto e mi sorprende che chi lo ascolta, viene coinvolto in questo viaggio».
Due i videoclip realizzati e hanno visto entrambi la regia di un altro calabrese, Giacomo Triglia.
«Ci siamo affidati ad uno dei registi di video musicali più bravi che ci sono in Calabria. La Parola Noi è stato girato sul lago Cecita, in Sila, un posto meraviglioso. È Tutto Qui invece, è stato girato nella mia zona, tra Rizziconi e Cannavà, con delle immagini di live in studio».
Questo è quindi un album che punta a spiccare il volo a livello nazionale ma che è tutto made in Calabria.
«Assolutamente volutamente. In Calabria si può fare tutto e si può fare anche bene. Dobbiamo toglierci l’idea che le cose fatte fuori sono fatte meglio. Io sono rimasto qui e spero di non avere mai la voglia o la necessità di andarmene. Sono follemente innamorato di questa terra».
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