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Giovanni Scifoni in scena

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Giovanni Scifoni si racconta: San Francesco, il teatro, la famiglia e l’amore per la Calabria. Due date previste: a Reggio e a Corigliano Rossano


SUL Poverello d’Assisi, il Santo per eccellenza del nostro paese, patrono d’Italia, se ne sono viste e sentite tante. E così è giusto che sia, anche perché si tratta di una figura millenaria che davvero è sopravvissuta anche alla polvere che a volte l’ufficialità e il tempo pongono addosso. Oggi a teatro Giovanni Scifoni arriva in Calabria per due date, a Reggio Calabria il 20 luglio, per CatonaTeatro e a Corigliano-Rossano il 21 luglio, nell’ambito del CoRo Summer Fest per la rassegna “Exit: Deviazioni in Arte e Musica”, ideata da PianoB, con FRA, uno spettacolo monologo che promette di mescolare il sacro e il profano, senza scandalizzare nessuno, l’alto e il basso facendo ridere e pensare.

Del resto Scifoni non è nuovo a questo tipo di cose. Attore a tutto tondo, diplomato alla Silvio D’Amico di Roma, e con esperienze in quasi tutti i linguaggi, dal teatro al web, passando per cinema e televisione. Abbiamo avuto l’opportunità di una breve chiacchierata con lui partendo proprio dalla nascita dell’ultimo spettacolo che lui sta portando in giro per l’Italia.

Com’è nata l’idea di uno spettacolo monologo su Francesco d’Assisi?

«Io ho cominciato a lavorarci un po’ di anni fa, perché dovevo fare una trasmissione in televisione per parlare di Francesco D’Assisi, a dirti la verità a me non mi andava per niente. Il motivo non era Francesco in sé ma perché mi sembrava che in parecchi ne avessero parlato, quindi chi ero io per mettermi a farlo. Non ne sentivo l’esigenza. Però dovevo fare questa cosa e quindi mi son messo a leggere i testi, le fonti francescane e sono rimasto folgorato. Perché ti sequestra, cioè proprio Francesco ti sequestra. Sì, proprio. È un personaggio talmente affascinante e quando entri in contatto con lui e non vuoi fare altro che leggere. E puoi farlo anche per una vita intera. Mi sono messo a leggere una quantità infinita di testi su di lui, di fonti, di cose, di documenti, eccetera. Ed è un materiale sconfinato, sterminato. Dopodiché ho cominciato a raccogliere talmente tanto materiale per poi fare lo spettacolo. Ho dovuto togliere un sacco di roba, altrimenti sarebbe stato uno spettacolo di 7 ore!»

Questa tra l’altro non è neanche la tua prima esperienza di questo tipo, penso a “Le ultime 7 parole di Cristo” che ti ha fatto vincere il premio Golden Graal 2011, cosa ti attrae di questo ambito religioso?

«È il tema su cui su cui penso di avere qualcosa da dire. Sai, ognuno di noi ha un proprio pezzettino di mondo che gli è stato donato in eredità. E che cerca di restituire. La religiosità è il pezzettino che è stato dato a me per la mia mia vita, la mia storia, le domande che mi sono posto, le persone che ho incontrato. Alla fine ho avuto molto a che fare con persone di fede. Con tanta gente che mi ha accompagnato nel percorso formativo e mi ha portato inevitabilmente a farmi tante domande. E poi alla fine, sai, le questioni che hanno a che fare con la fede sono per me le questioni più importanti, più interessanti, più stimolati e anche le più divertenti, le più comiche. Io penso che ci sia molto di comico nell’aspetto del religioso, sai, questa è una cosa che gli ebrei hanno capito molto bene. Gli ebrei hanno un senso dell’umorismo molto spiccato, noi cattolici molto meno, cioè i cattolici non ce l’hanno sull’argomento, i cattolici sono molto bravi a fare autoironia, a prendersi in giro. Però prendere il sacro e sbatacchiarlo e utilizzarlo in altro modo è diverso. Come bisogna fare? Ogni volta che devi affrontare il comico devi prendere ciò che è sacro e trattarlo un po’ male. Ecco, quello è più difficile. Gli ebrei su questo sono più bravi».

Adesso arriverai in Calabria col tuo spettacolo FRA. Anche qui ci sono delle figure storico-religiose importanti, penso a San Nilo e San Francesco di Paola per fare un esempio, c’è qualcosa che potrebbe ispirarti? E soprattutto come nasce l’ispirazione per i tuoi monologhi?

«Ma guarda la mia ispirazione nasce da un grande studio. Io studio tantissimo quando devo scrivere uno spettacolo, studio come un pazzo proprio. Mi chiudo dentro casa, non vedo nessuno, non parlo con nessuno per mesi e cerco di leggere tutto quello che c’è da leggere su quel tema, su quell’argomento. Poi comincio a lasciare andare le cose un po’ a ruota libera, a mettere dentro la mia vita le vite degli altri, delle persone che conosco, mischiare un po’ il sacro, il profano, mischiare le mie miserie con le Santità, con le cose più Sante dei santi. E quindi da questa tutto si mescola. Poi si comincia, soprattutto, a entrare un po’ nel paradosso. Nel paradosso dell’assurdità dei santi, i santi sono sempre un po’ paradossali. C’è come qualcosa di psicotico, in ognuno di loro, di molto interessante. Cosa che è molto interessante, restituisce un po’ il contatto anche con ciò che non è umano. Ed è ed è molto interessante. E poi da lì, insomma, nascono tante storie. Gli spettacoli sono sempre un miscuglio fra l’alto e il basso, tra la miseria e lo splendore. La Calabria è un luogo da questo punto di vista eccezionale. In Calabria vediamo che ci sono cose meravigliose anche dal punto di vista territoriale. Ti metti ad osservare mentre giri in macchina, io la conosco abbastanza bene, la Calabria molto spesso ci vado in vacanza, mi piace tantissimo. Vedi una scogliera meravigliosa, il Pollino, i Monti della Sila, luoghi meravigliosi. E poi vedi un ecomostro all’improvviso. Ecco, hai proprio ben presente il contatto tra divino e umano, tra miseria e splendore, anche lì l’altro ed il basso, sicuramente mi potrebbe ispirare».

Tra l’altro, hai realizzato anche una web fiction come “La mia giungla”, anche questa premiata. E qui si lavora su un altro linguaggio rispetto al teatro. Inoltre hai fatto cinema e televisione. Come lavora un attore come te fra i diversi standard di linguaggio? Come ti rapporti?

«Siamo tutti dei professionisti, quindi veramente devi capire il mezzo che con cui hai a che fare e cercare di sfruttarlo al meglio. Chiaramente la web serie non ha niente a che vedere con il teatro, è una cosa che si forma un po’ insieme al tuo modo che hai di rapportarti con i social. Io diciamo ho fatto molte sperimentazioni sui social. Ho cominciato a sperimentare per diversi anni vari linguaggi di video. Varietà narrativi. Fino a che a un certo punto ho trovato il meccanismo che mi funzionava e che poi è diventata la webserie che poi avete visto su Rai Play».

Quali saranno i prossimi passi dopo la fine della tournée? Che cosa ci dobbiamo aspettare?

«Sto lavorando su più fronti, anche perché io sono uno di quegli attori che si ritiene fortunato quando lavoro, è una cosa che mi piace moltissimo. Oltre FRA, sto facendo le riprese della nuova stagione di Che Dio ci aiuti e poi sarò di nuovo a teatro con Aggiungi un posto a tavola, il più classico di Garinei e Giovannini».

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