INDICE DEI CONTENUTI
- 1 In cosa consiste il progetto che presenterete a Gerace?
- 2 Professor Aglioti, come la realtà virtuale immersiva e la neurologia possono essere applicate per contrastare comportamenti mafiosi?
- 3 L’ambito di applicazione sarà quello dei detenuti o ex detenuti?
- 4 L’iniziativa è stata favorita dalla sua collega Amalia Bruni, peraltro vicepresidente della commissione regionale anti ‘ndrangheta…
Neurologia e lotta alla ‘ndrangheta, intervista al professor Salvatore Maria Aglioti che in una tre giorni a Gerace presenterà il progetto europeo eHonesty
GERACE (REGGIO CALABRIA) – Il futuro della lotta alle mafie forse passa anche attraverso le neuroscienze sociali o attraverso la “neurologia dell’onestà”, come la chiama Salvatore Maria Aglioti, neurologo comportamentale originario di Gerace, che dal 7 al 10 maggio prossimi presenterà il progetto europeo eHonesty. Alla base c’è l’idea di utilizzare la realtà virtuale immersiva come strumento neuro-psicologico per l’educazione sociale e, in particolare, per il contrasto alle mafie. “Effetto Proteo”, lo chiamano gli addetti ai lavori. “Indosso” un avatar, lo sento come parte del mio corpo perché si muove come me. Studi scientifici dimostrano, ad esempio, che indossare i panni di un avatar di colore porta a ridurre il pregiudizio razziale. Si possono, quindi, facilmente immaginare le possibili applicazioni in senso positivo: chi porta il caschetto vestendo i panni virtuali di un commerciante taglieggiato sarà allenato ad assumere comportamenti antimafiosi, per fare un esempio.
Se ne parlerà nel salone degli arazzi del museo diocesano di Gerace, nel corso degli eventi conclusivi del progetto eHonesty che saranno dedicati alla divulgazione, alla formazione e a dimostrazioni pratiche sul cervello sociale. L’obiettivo è coinvolgere un ampio spettro di attori per comprendere meglio i processi della criminalità e promuovere una cultura della legalità, a partire dai giovani. Il sogno è quello di vincere un finanziamento europeo per spedizioni scientifiche sul campo. Non nei licei, non ai Parioli, ma, magari, tra detenuti o ex detenuti e nei territori più difficili del Sud. Partendo dalla Calabria.
Ne abbiamo parlato col professor Aglioti. Direttore del laboratorio di Neuroscienze sociali alla Sapienza e della linea Neuroscienze e Società all’Istituto Italiano di Tecnologia, Aglioti ha dedicato gli ultimi cinque anni allo studio della relazione tra corpo e fenomeni mentali complessi, inclusa l’onestà, utilizzando fondi europei destinati ai Grant ERC Advanced. Nato a Gerace, ha frequentato lo stesso liceo scientifico Zaleuco di Locri in cui si è formato il procuratore Nicola Gratteri, che segue con attenzione i progetti di ricerca avanzata di Aglioti per i loro possibili riflessi psico-sociali e sull’utilizzo della neurologia contro la ‘ndrangheta.
In cosa consiste il progetto che presenterete a Gerace?
«Il Progetto Cambio (acronimo che sta per Changing Attitudes and actions towards Mafia-type criminal organizations through immersive virtual reality: BehavIOural, psychophysiological and neuroscientific studies, ndr) verrà raccontato a chiusura di una tre giorni volta a promuovere consapevolezza sui temi della legalità e del contrasto alle mafie. Il punto di partenza di questi progetti di ricerca è la realtà virtuale immersiva nella quale una persona può indossare il corpo di un agente artificiale (avatar) e tramite esso interagire con altri personaggi virtuali. Quello che si sa sul nostro modo di essere all’interno di relazioni oneste o disoneste è ancora molto sociologico».
Professor Aglioti, come la realtà virtuale immersiva e la neurologia possono essere applicate per contrastare comportamenti mafiosi?
«Con pochi soldi, in un centro commerciale, noi compriamo elmetti e videogiochi che ci consentono una percezione stereoscopica della realtà. Il nostro cervello si lascia ingannare dal senso di presenza, come se noi stessimo in quello scenario, nel mondo 3d. La ricerca neurologica si è inserita nell’innovazione tecnica per appurare come chi indossa un corpo di un agente artificiale (Avatar) sia indotto alla sensazione che quel corpo sia il suo. Se indosso il corpo di Einstein, dopo dieci minuti sono migliorato nel fare prove di logica. Il concetto è che ci si immedesima nel personaggio virtuale. Analogamente, un abusatore domestico condannato che indossi il corpo di una donna subirà una trasformazione. Insieme a colleghi spagnoli, abbiamo fatto studi sul razzismo. Se si scava nel profondo, razzisti lo siamo un po’ tutti. Utilizzando la trasformazione in un Avatar di colore, anche il razzismo implicito sparisce. Quindi, se le faccio esperire di essere un commerciante taglieggiato, come cambierebbe il comportamento di una persona connivente con le mafie?»
L’ambito di applicazione sarà quello dei detenuti o ex detenuti?
«Sarebbe un sogno, ci piacerebbe molto testare mafiosi al 41 bis o anche semplici picciotti ma è molto complicato per una serie di ragioni anche di carattere normativo. Poi sono progetti che hanno un costo elevato. Certo, pur non essendo un esperto di mafie so anche io che il mafioso non è più quello che indossa coppola e lupara. Ma non andremo ai Parioli o nei licei. Intanto, sarebbe interessante studiare anche come sul problema specifico acquisiscono reattività diverse cittadini di San Luca o Platì e cittadini di Bologna. C’è una discrepanza profonda tra quello che diciamo e quello che il nostro profondo vuole fare e questo è alla base di molti pregiudizi».
L’iniziativa è stata favorita dalla sua collega Amalia Bruni, peraltro vicepresidente della commissione regionale anti ‘ndrangheta…
«C’è stata una grande sensibilità di Amalia Bruni e l’iniziativa ha il patrocinio gratuito del Consiglio regionale e della Città Metropolitana. L’ho conosciuta a un convegno, mi disse che con questo cognome non potevo essere di Bolzano, e infatti sono nato a Gerace. Speriamo di collaborare anche con le scuole, l’iniziativa è aperta anche a loro».
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