Gelsomina Verde
2 minuti per la letturadi CIRO CORONA*
ERA il 21 novembre del 2004 quando a soli 21 anni Gelsomina Verde fu torturata, ammazzata, bruciata nella sua auto. Mina nonostante la giovane età era quotidianamente impegnata in azioni di recupero scolastico con ragazzini provenienti da famiglie disgregate, provando a portare un briciolo di normalità nelle loro giornate. Proprio la volontà di costruire un quotidiano senso di normalità fu a portarla alla morte, la normalità di viversi una storia d’amore, terminata poco tempo dopo, così come accade in ogni parte del mondo. Quel 21 novembre Mina fu sequestrata e barbaramente ammazzata.
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La sua colpa fu non aver svelato agli uomini del clan dei Di Lauro dove si nascondeva il suo ex fidanzato, destinatario di un mandato di morte perché affiliato al clan rivale degli “scissionisti”. Mina non solo non seppe rispondere ma si concesse il lusso di dichiarare che lei era “diversa” e se pur avesse saputo non sarebbe mai stata complice di un omicidio.
La morte di Mina, la centoquattordicesima vittima della prima faida, segna per Scampia l’anno zero, il risveglio delle coscienze, dell’indignazione che si trasforma in impegno concreto. Il “dopo Mina” è segnato dallo smantellamento delle piazze di spaccio, dalla riconversione di discariche abusive in giardini pubblici, dalla trasformazione delle fabbriche di morte della camorra in officine della cultura e dell’impegno. Con la morte di Gelsomina, Scampia ritrova la forza e la voglia di spezzare le catene della camorra che tenevano prigionieri gli abitanti, prigionieri dei propri sogni repressi, delle proprie paure, nelle proprie case.
Nonostante gli otto anni di oblio, dove il solo ricordo di Mina era un tabù per la media borghesia napoletana, oggi la sua storia e il suo sacrificio son indissolubilmente legati alla forza di volontà dei suoi genitori e di suo fratello Francesco che con un’associazione di clown terapia regala sorrisi ai bambini nei reparti oncologici, in totale comunione con le scelte di vita di Mina e all’Officina delle Culture, un ex istituto scolastico finito nelle mani della camorra dove i clan producevano morte e che oggi produce cultura, alternative lavorative e sociali per detenuti e per il territorio. Di fronte all’Officina delle Culture “Gelsomina Verde” esiste ancora una famigerata piazza di spaccio ma oggi chi ci va a “lavorare” quotidianamente convive con la gigantografia del volto sorridente di Mina che dal cortile dell’Officina continua a regalare speranza a quanti, non reggendo la forza di quel sorriso, abbandonano le piazze di spaccio e scelgono di arruolarsi con l’esercito del bene.
*Presidente R-Esistenza Anticamorra Scampia
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