Marcell, da piccolo, spunta dalla sabbia della spiaggia di Rosarno insieme a uno dei fratelli
4 minuti per la letturaROSARNO (REGGIO CALABRIA) – “Marcell Jacobs per me? Un figlio, e non solo ora che ha vinto le Olimpiadi di Tokyo. È venuto a vivere a casa mia con la madre Viviana Masini, la mia ex compagna, che aveva appena sette anni e ci è rimasto fino al compimento del diciannovesimo anno di età”.
Un figlio che all’avvocato Domenico Secolo, rosarnese di nascita, ha dato sempre moltissime soddisfazioni.
“L’ho visto l’ultima volta prima della sua partenza per Tokyo – spiega – e poi ho seguito la sua impresa con il fiato sospeso in televisione. Confesso che quando ci siamo resi conto che aveva vinto c’è stato un momento di smarrimento, di sospensione, e poi è arrivato l’urlo liberatorio. Subito dopo abbiamo festeggiato con una bottiglia di champagne, era il minimo”.
È un legame affettivo forte quello che lega l’avvocato calabrese e l’atleta nato a El Paso in Texas nel 1994 da una relazione di Viviana con un marine dell’esercito degli Stati Uniti. “Marcell – continua Secolo – ha sofferto molto per l’assenza del suo vero padre e fui io a invogliarlo, quando era ancora piccolo, ad andare in America per conoscerlo, ne aveva bisogno. Addirittura ci fu un momento in cui lui mi chiese di essere adottato da me, voleva portare il mio cognome ma io gli spiegai che non potevo farlo perché bisognava fare una pratica di adozione complessa e poi comunque lui aveva già un padre e nessuno di noi poteva negare la sua esistenza, annullarlo, seppur non si è mai preso cura di Marcell in alcun modo”.
Secolo definisce l’atleta più veloce del mondo come un bravissimo ragazzo, molto tranquillo nonostante qualche crisi d’identità legata all’assenza del suo vero padre e sempre disponibile con tutti. La passione per lo sport l’ha sempre avuta. E quando durante l’estate lo portava a Rosarno in vacanza e partecipava a qualche gara, le sue prestazioni lasciavano già intravedere tutte le sue potenzialità. “Ogni anno portavo Marcell a Rosarno – ricorda – la mia famiglia, le mie sorelle, tutti lo avevano accolto con affetto, mentre a Desenzano, che è un paesotto, quando lo portavo a giocare a calcio c’era sempre chi veniva a dirmi che “il marocchino era veloce”. Se lo presentavo a qualcuno, puntualmente mi sentivo chiedere dove l’avessi preso, se in Brasile o in quale altro posto. Io spiegavo che era americano e che era il figlio della mia compagna. Al Sud invece, a Rosarno – sarà per il nostro essere naturalmente ospitali – è stato subito accolto con grande affetto, ama tanto anche la nostra cucina, in particolare una pastasciutta con un ragù che gli preparavo io personalmente, e le ali di pollo fritte, per queste impazzisce nel vero senso della parola. Marcell non ha mai avuto pretese, è sempre stato felice con poco e non ci ha mai dato problemi. È sempre stato molto legato ai suoi amici e soprattutto ai suoi fratelli Niccolò e Jacopo, gli altri due miei figli, avuti con Viviana, sua madre”.
Un talento naturale, questo è Marcell Jacobs. Quando da piccolo giocava a calcio, arrivava prima lui del pallone, e con i suoi piedi taglia 46, faceva ridere quando arrivava sulla palla. Fu Adriano Bertazzi, il suo allenatore, a indicare l’atletica come lo sport in cui quel ragazzone avrebbe potuto fare grandi cose, è così è stato. “Inizialmente fece salto in lungo – continua Secolo – con buoni risultati. Lui, infatti, è stato campione italiano. Qualunque sport praticasse, si faceva subito notare. Lo portai tante volte a giocare a tennis con me e imparava subito, così come a fare nuoto e diventava uno squalo. Alla fine compresero tutti qual era la disciplina in cui poteva eccellere, ed era la velocità, che per altro lui aveva già praticato e che lo ha portato all’oro di Tokyo”.
Marcell ha trovato la sua strada, che non è sempre stata in discesa, ma oggi tutte le sue insicurezze sono svanite e il mondo si è finalmente accorto del suo valore. Anche la sua Rosarno rivendica la sua parte, rivuole quel ragazzino che ha accolto per tanti anni durante le vacanze estive, per onorargli il giusto tributo, la cittadinanza onoraria, e l’affetto di tutti i rosarnesi che lo hanno visto crescere e diventare l’uomo più veloce del mondo.
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