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Roberto Vecchioni in visita al Marc di Reggio

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I tesori che non sappiamo di avere raccontati in occasione della visita di Roberto Vecchioni al Marc di Reggio Calabria


“Sembrano respirare”. Il cantautore-scrittore-poeta Roberto Vecchioni ci ha regalato questa splendida definizione dei Bronzi di Riace, qualche giorno fa al Marc di Reggio. E ha stupito la sua confessione: “Li vedo per la prima volta”. Il professore di latino e greco over 80 è perdonato, anche se gira l’Italia, anche se i Bronzi sono unici al mondo, e lui è un grande predicatore classico. “Quello che cerco di far capire è che il greco e il latino non sono esercizi da tradurre, ma un mondo da scoprire”.

È stata quindi una clamorosa vittoria in termini di comunicazione la sua visita, e la presentazione del suo libro (come lo sarà l’apertura del caffè-bistrot sulla Terrazza del Museo, a dispetto di ogni burocrazia). Ma quella di Vecchioni è forse l’occasione buona per raccontarci i tesori che abbiamo, e che cosa serve per farne una risorsa di sviluppo. Il Professore è il testimonial giusto: conosce poeti che spostano i fiumi con il pensiero, andrebbe accompagnato dalla Sibaritide fino allo Stretto, e poi a Nord sulla Tirrenica, in tutti gli insediamenti archeologici che il ricercatore Fabrizio Mollo racconta nella sua Guida lunga 750 pagine.

Solo che il Professore dovrebbe affrontare la famosa Statale 106, e non è detto che ne abbia voglia. Il viaggio potrebbe avere durata simile a quelli dei grandi esploratori dell’800, a dorso di mulo o in carrozza. Un peccato, perché i Musei sono ricchi e accoglienti. Perché il lavoro di direttori come Filippo Demma a Sibari, Elena Trunfio a Locri, Fabrizio Sudano e prima Carmelo Malacrino a Reggio, comincia a pesare in termini di visitatori e attenzione.

Ma sappiamo di avere tanta bellezza? C’è una mostra di Escher in tour per l’Italia: a Roma ha fatto il tutto esaurito, ora è a Ferrara. Ci sono le sue foto e le agende di un viaggio di quasi cento anni fa. L’artista si fa ritrarre a Scilla, a Stilo, a Pentedattilo: lo sfondo, i panorami sono identici a oggi. Sulla sua agenda di viaggio è segnata anche Santa Severina, che continua ad avere una delle piazze più belle d’Italia.

Tesori irraggiungibili. A Seminara, che i laureati in luogo comune ricordano come paese delle faide e dell’uomo-mitra, c’è la Madonna degli Angeli di Antonello Gagini, nella chiesa di San Marco (meglio informarsi sulle aperture). E la Pietà del celebre scultore del Rinascimento respira, come direbbe Vecchioni, nella chiesa di Maria Addolorata a Soverato.

Ma mettetevi nei panni di un turista che voglia arrivare oggi, per esempio, al Museo di Locri, al Teatro antico, sulle tracce di questa perla della Magna Grecia che i nostri antenati difesero meglio di noi. Il treno arriva alla stazione sì, ma non ci sono navette (il tema degli orari è una pagina del Quotidiano a parte). In auto dalla Tirrenica si incontra la galleria della Limina con i lavori in corso, e sulla Jonica c’è la stretta 106 e il ponte a un senso di marcia.

Un sistema di trasporti integrato dovrebbe portare a linee ferroviarie più veloci e più frequenti, non solo a vantaggio dei siti archeologici, almeno fino a quando un minimo di viabilità sarà ristabilito. Più treni, meno incidenti, peraltro. Ma non accade, e le disdette fioccano. Capita invece che un gruppo di turisti che doveva prendere il bus privato per Gerace sia stato piantato alla stazione di Locri perché l’autista si era dimenticato, è successo qualche mese fa.

Esempi virtuosi, invece: l’intermodalità sperimentata fra la ferrovia e la Villa Romana di Casignana (altro gioiello sconosciuto), grazie alla quale centinaia di studenti hanno potuto visitarla, senza arrivare intruppati su un bus, dalle città più grandi. O anche il test fatto con il Sibari Museum Link, dalla stazione all’area archeologica, con quattro collegamenti al giorno (in compenso la strada che da Sibari va verso la zona di Tarsia è in costruzione da 30 anni).

Alla fine, ne vale sempre la pena. Leggete cosa scrive del suo viaggio di nozze Sara Simeoni, atleta-mito dello sport italiano: “Scegliemmo così un viaggio in macchina per andare a zonzo senza un piano prestabilito, in assoluta anarchia – noi che eravamo abituati a un’esistenza scandita da tempi molto rigidi – se non la meta finale: Reggio Calabria con i suoi i Bronzi di Riace. Un itinerario tra cultura e cucina, tra i capolavori dell’arte e quelli della gastronomia, un percorso che però si fermò a Gubbio, dove restammo bloccati da un’ondata di gelo e di neve. I bronzi di Riace no, quelli non riuscimmo a vederli. Ma mi sono rifatta in seguito, ogni volta che sono passata da Reggio Calabria mi sono sempre concessa una visita nel Museo dove sono conservati per dare loro un’occhiata e un saluto. Come fossero due vecchi amici”.

Fossi il direttore Sudano, la inviterei al volo. A proposito, siamo proprio sicuri che tutti i calabresi hanno visto i Bronzi? I renitenti sono perdonati: non a tutti piace l’arte, la storia e la memoria. Ma non dimentichiamo quelli a cui non piace il mare, quelli che vengono in inverno: un altro turismo è possibile.

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