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APPLAUSI e speranze di successo: Anime Nere, il film di Francesco Munzi, primo dei tre italiani a passare nel concorso di Venezia 71, fa centro con una storia di faide antiche, legami di sangue e vendette, potere ancestrale e ineluttabilità nella Calabria di oggi. La stampa gli ha riservato un’ottima accoglienza e in Sala Grande stasera
battimani sicuri. Merito del «corto circuito che provoca questa storia – dice in un’intervista all’Ansa, Munzi – con un piede nell’arcaico e un altro nel contemporaneo. Siamo in una delle terre più sconosciute e selvagge d’Italia, l’Aspromonte e questa storia, tratta dall’omonimo libro di Gioacchino Criaco (Rubettino editore) mi ha colpito profondamente, un innamoramento che mi ha portato in tre anni a convincere i produttori e a riuscire a realizzare questo film sulla carta non certo facile».
Uscirà il 18 settembre, prodotto da Cinemaundici e Babe Films con Rai Cinema, distribuito dalla Good Films in oltre 100 copie. Girato nei veri luoghi, Africo, Bianco, Bova, Locri, in dialetto, con attori non professionisti accanto a Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Giuseppe Fumo e Barbora Bobulova. «Ho avuto inizialmente un approccio documentaristico, ero pieno di pregiudizi, per me quella zona era un punto sulla cartina, invece le cose sono andate diversamente. Da Africo si può vedere meglio l’Italia perchè ho scoperto che esiste ancora una ‘questione Sud’, un’estraneità al Paese che si sente molto e che il dialetto in qualche modo rivendica e marca».
LA TRAMA – Luigi (Marco Leonardi) è il più giovane, ha abbandonato la terra del padre, ucciso per una faida, ed è diventato un trafficante internazionale di droga; Rocco (Peppino Mazzotta) si è rifatto un’apparenza borghese a Milano ma è un imprenditore con i soldi sporchi di Luigi e Luciano (Fabrizio Ferracane) è il più anziano. E’ rimasto lì, tra l’orto e le capre in montagna, in gara con se stesso per resistere a quel mondo di ‘ndrangheta che rappresenta la sua stessa storia. Ma non è uomo di oggi, come gli altri due, beve la polvere dei santi, in quelle usanze pagane tramandate dagli avi. E quando Leo (Giuseppe Fumo), il figlio ventenne, condannato al destino di famiglia, alza la testa per guadagnare il suo posto al sole, rimette in vita quegli archetipi tragici cui non si può sottrarre nessuno.
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LA REAZIONE – L’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri ha commentato positivamente gli applausi per il film, ma ha aggiunto: «Mi fa piacere – ha proseguito Caligiuri – che il film di Munzi porti la Calabria al Lido, che si tratti di un film tratto da un romanzo di uno scrittore calabrese e che sia stato applaudito. Ma quello che non è accettabile è assistere all’uscita di titoli e articoli di commento che trasudano stereotipi sulla Calabria ‘a mano armata’ e sull’equazione calabresi-’ndrangheta che certamente respingiamo e che non ci appartiene».
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