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UN EVENTO che potrebbe essere la strofa di una canzone di Franco Battiato. A Caulonia, nella Locride, in località Crochi, sorge il Piccolo Eremo delle Querce. Qui delle suore, raccolte in comunità monastica basiliana, vivono, lavorano, pregano. S’ispirano a quella tradizione calabro-greca che fin dai dai primi secoli ha caratterizzato la Locride come luogo mistico-esistenziale.

Ha scritto il mensile dell’Azione Cattolica che l’eremo di Caulonia è “un’eccellenza spirituale lungo le strade del Sud”.

Tra le molteplici attività dell’eremo (LEGGI QUI) una delle più caratterizzanti è quella del laboratorio di spiritualità e tecnica dell’icona che s’ispira alla memoria della Calabria bizantina. Qui si apprende a disegnare icone con l’animo adeguato.

Ha avuto un’idea geniale Giovanni Scarfò, regista e animatore del Centro studi Francesco Misiano di Ardore. Scarfò ha ottenuto dalle suore la bella biblioteca dell’eremo per proiettare il capolavoro del regista russo Andreij Tarkovskij “Andrej Rublev”. Capisco che per qualcuno la vicenda diventa fantozziana ma invece vi garantisco che ha una leggerezza molto calviniana. Il film rilegge la storia della Russia del XV secolo attraverso un pittore di icone. Una parabola sull’arte che vince sulla politica distruttiva degli uomini. Nel luogo delle icone la storia delle icone.

Il laboratorio di icone nell’eremo di Caulonia

Per vie delle limitazioni al chiuso dettate dal Covid solo dieci persone hanno assistito alle tre ore di proiezione. Il programma prevedeva anche un’ora di meditazione per i dieci spettatori che hanno trovato il loro cineclub in un eremo di suore. Si era fatto tardi e la meditazione non si è svolta per paura del fuoco degli incendi che stanno bruciando la Locride.

Siamo molto disumani con la natura. Erano molto umani, invece, quei dieci spettatori mentre tornavano a casa. Avevano addosso la verità e l’esperienza del sacro.

Una parabola dell’arte che vince sulla distruzione degli uomini. Come un film di Tarkovskij.

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