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La visione della Reggio futura di Falcomatà dopo la posa della prima pietra del Museo del mare, un cambiamento di paradigma della città che dovrà passare da città sul mare a città di mare


«LA nostra ambizione è quella di trasformare Reggio Calabria da una città sul mare ad una città di mare. Lo diciamo da tempo. Il nostro obiettivo è quello di ricostruire quel rapporto tra la città ed il mare, che per lungo tempo le era stato rubato. Naturalmente per farlo serve tempo, serve tempo per programmare, progettare, reperire i finanziamenti, iniziare e avviare e concludere i lavori. Il tempo per un’amministrazione, per la politica in generale non si misura in ore, in minuti o in giorni o in anni, il tempo per la politica si misura in trasformazioni. Le città cambiano, si evolvono, si trasformano e per farlo serve anche una linea di continuità».

Queste le parole scelte accuratamente dal sindaco della città Giuseppe Falcomatà alla cerimonia di avvio del cantiere del Centro delle Culture del Mediterraneo, il Museo del Mare di Reggio Calabria progettato dall’archistar Zaha Hadid per il quale l’Amministrazione comunale ha posto la prima pietra.

L’opera voluta dal centrodestra, frutto di un’idea dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Scopelliti nel 2009, con l’insediamento di Falcomatà prima era stata definanziata, in quanto non considerata una priorità. Per il centrodestra, anche ascoltando i commenti degli ultimi giorni, l’amministrazione Falcomatà aveva accantonato il progetto, perdendo i fondi allora impegnati sul Decreto Reggio e solo grazie alla decisione del Governo Meloni di inserire questa opera tra quelle strategiche per l’Italia, è stato possibile rifinanziarlo attraverso le risorse del Pnrr.

L’assessore comunale Carmelo Romeo, che sta seguendo da vicino l’iter di uno dei lavori pubblici più grossi d’Italia (121 i milioni stanziati), ha sempre replicato così alle accuse: «Quando l’Amministrazione Falcomatà ha preso le redini della città, non c’era la possibilità di sfruttare i fondi europei che, con il passare degli anni, grazie a un ottimo lavoro di programmazione, si sono resi disponibili».

«Di conseguenza, la scelta iniziale dell’Amministrazione è stata quella di destinare le risorse del Decreto Reggio ai servizi essenziali per la cittadinanza, per non compromettere le necessità quotidiane della comunità. Riconosciamo il lavoro delle precedenti amministrazioni di centrodestra che, pur non avendo avviato il progetto, hanno avuto l’idea di un’opera che oggi l’Amministrazione Falcomatà ha potuto valorizzare. In ciò consiste il valore di una buona amministrazione: saper riconoscere ciò che di positivo è stato proposto in passato, valorizzarlo, affrontando le sfide del presente e costruendo il futuro». Bando alle polemiche sarà la prossima amministrazione comunale a tagliare il nastro di una megaopera che trasformerà radicalmente lo skyline della città.

«È un momento storico che l’amministrazione comunale a guida Falcomatà e la politica tutta ha voluto condividere con la cittadinanza, un investimento che può cambiare il volto di un interro territorio in termini di cultura e turismo e che ci proietta verso il futuro», sostengono entusiasti i consiglieri comunali del gruppo Red, Carmelo Versace, Antonino Castorina e Filippo Burrone.

«Quello del Museo del Mare rappresenta adesso uno dei cantieri più grandi ed importanti d’Italia, un progetto partita durante la sindacatura di Giuseppe Scopelliti e messo in sicurezza dalla nostra compagine politica inserendolo dentro i progetti bandiera voluti dal ministro Franceschini e con parte di fondi europei per un finanziamento che va oltre i 120 milioni di euro – spiegano i tre consiglieri comunali di maggioranza -.»

«La nostra idea di città, anche in relazione all’importante appuntamento che ci vede candidati come capitale della Cultura, immagina una città che possa incentivare il turismo puntando sulle infrastrutture attrattive, che valorizzi lo sport lavorando sugli impianti e coinvolgendo le varie realtà sportive nazionali per eventi ed attività, che rilanci la ricerca pensando a come coinvolgere il mondo universitario e gli ordini professionali». Magari coinvolgendo anche i cittadini nella scelta del nome del Museo. Del mare come tutti gli altri, del Mediterraneo come tanti altri, dello Stretto come l’unicum in cui viviamo.

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