Domenico Tallini
2 minuti per la letturaSI RICORDA qualcuno di Mimmo Tallini? Appena un anno fa è stato il primo eletto al consiglio regionale nella circoscrizione della Calabria centrale come esponente di primo piano di “Forza Italia”. Pochi giorni dopo l’intera maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni lo ha eletto alla presidenza del consiglio regionale. Baci, abbracci e strette di mano. Tallini è stato un tassello importante del suo mondo. Un alleato di Occhiuto e di tutti i maggiorenti della destra calabrese.
Oggi è un fantasma che non si aggira per la Calabria solo perché sono stati chiamati i migliori esorcisti per allontanare persino la sua ombra. Infatti, non ne parla la “politica” per non guardarsi allo specchio. Non se ne ricorda gran parte del mondo dell’informazione schiacciato sul pensiero unico. Lo ha rimosso Forza Italia e il centrodestra calabrese per calcolo e viltà.
Non conosco Mimmo Tallini ed ho poco da fare con il suo “mondo”, ma la sua storia mi inquieta e non poco. Per gli immemori ricordiamo che Tallini è stato “messo al tappeto” da un mandato di cattura annullato dalla Cassazione. Quindi, e fino a questo momento, non solo è una persona incensurata, ma una vittima della giustizia. In un mondo normale, dove ci sono realmente i partiti e la Politica, Tallini sarebbe stato quantomeno chiamato dagli organismi dal suo “partito” per stabilire l’opportunità o meno d’una sua candidatura e comunque l’intera coalizione si sarebbe impegnata, oggi molto più di ieri, di difendere l’onore e la dignità dell’uomo che appena un anno prima, hanno fatto sedere sullo scranno più alto del consiglio regionale… E non l’avrebbero fatto semplicemente per Tallini, ma per difendere lo Stato di diritto, per ribadire l’autonomia della politica rispetto ad altri poteri che, soprattutto in Calabria, spesso si muovono con estrema disinvoltura. Per difendere le garanzie della persona umana e i principi fondamentali della società liberale.
Niente di tutto questo è stato fatto. Tallini non è stato invitato a candidarsi. Non è stato chiamato a confrontarsi. È “l’appestato” che porta sulle sue carni il marchio a fuoco del fuorilegge anche se nessun tribunale della Repubblica lo ha mai rinviato a giudizio.
Quello di Tallini è un caso politico (e non è il solo) che va ben oltre il destino d’una singola persona, sino a porre interrogativi inquietanti sul ruolo dei vari poteri dello Stato e sulla funzione del mondo dell’informazione in una democrazia fragile come quella calabrese.
Ma una cosa è certa: una “politica” così vigliacca e subalterna porterà la Calabria sempre più verso il baratro. Dove non c’è libertà, dove la dignità è una parola vuota, le parole dette in campagna elettorale valgono ancor meno dei mille manifestini elettorali abbandonati nelle strade senza un destinatario.
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