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La presentazione al Premio Strega, poi il Salone del libro di Torino. E’ un momento di intensa promozione per Nicola Longo e il suo romanzo “Macaone”, edito da Rubbettino, opera seconda dopo “Poliziotto” (Castelvecchi).

Adesso Longo torna in Calabria per due presentazioni di “Macaone” nella sua provincia di origine (lo scrittore è nato a Taurianova): si sarà a Polistena questa sera 12 giugno (alle ore 19 nella piazzetta 21 marzo), poi il 13 a Reggio, ospite degli incontri culturali del Rhegium Julii presso il circolo del tennis Polimeni, alle ore 18.15.

E’ emozionato per questo ritorno in Calabria con quello che potremmo definire il libro della sua vita?
«Sono emozionato come sempre mi capita quando incontro la gente, ma ritrovare il tempo perduto nei volti degli amici che ho lasciato e affrontare il vuoto lasciato da quelli che non ci sono più, rende questo vissuto particolarmente intenso».

Che tipo di ambiente ha trovato al Salone di Torino?
«Dopo la presentazione di Macaone allo Strega, ho avuto un’immensa soddisfazione per l’entusiasmo e l’accoglienza che ho trovato al Salone del Libro, dove ci sono state tre presentazioni del mio romanzo, la prima nello spazio riservato all’Editore Rubbettino dove il regista e scrittore Gianfranco Angelucci ha parlato del mio legame amicale nonché del mio impegno con Federico Fellini e Tonino Guerra per realizzare un film sulla mia rocambolesca vita poliziesca, che purtroppo non si è più realizzato. Una seconda presentazione è stata fatta da “Polizia Moderna” (la rivista ufficiale della Polizia di Stato), con la dottoressa Cristina Di Lucente, tra l’altro con la coincidenza della celebrazione del 170° anniversario di fondazione della Polizia, ed è stato anche proiettato un documentario con alcune delle operazioni più significative della mia carriera, tra cui l’arresto di numerosi esponenti della ‘ndrangheta, della camorra e della mafia, di personaggi di spicco della Banda della Magliana, del Clan dei Marsigliesi e dei cartelli colombiani e venezuelani. Un’ulteriore presentazione è stata fatta da Tania di Massimantonio di “Poliziesco & Poliziottesco”, che ha menzionato alcuni filmi ispirati dalla mia vita di poliziotto, come quelli con Tomas Milian nei panni del maresciallo Nico Giraldi e i film diretti da Enzo Castellari, “La via della droga” e “Il grande racket”, interpretati da Fabio Testi».Macaone è stato per lei un’esperienza di scrittura molto partiol».

Qual è il fulcro di questo romanzo? La famiglia, il legame con le radici o la formazione personale nelle varie fasi della vita, poiché il libro attraversa infanzia, giovinezza, maturità?
«Sì, Macaone è un’esperienza di scrittura diversa dalle altre, è il mio primo romanzo autobiografico, un viaggio nella memoria che parte dalla mia infanzia, dove trovano spazio le mie emozioni ma anche le frustrazioni che emergono attraverso i miei ricordi con una tale forza da sentire un bisogno quasi fisico di raccontarli. La mia infanzia e la mia prima giovinezza sono costellate di contrasti e fatti violenti che hanno forgiato il mio carattere, e sviluppato la capacità di adattarmi a situazioni stressanti e pericolose, a sopportare il dolore fisico, la sofferenza e l’ambientamento in luoghi impervi e in situazioni ostili. Lo sport a livello agonistico, prima la boxe e poi la lotta e la conoscenza delle armi e del tiro, mi hanno aiutato a infiltrarmi nelle organizzazioni criminali rischiando forse, come diceva Fellini, più del dovuto. Ma la vera chiave del successo nella lotta alla criminalità organizzata, non è stata la preparazione fisica, ma quella mentale: una attenta, meticolosa osservazione dei soggetti allo scopo di conoscerli al punto da imitarli in tutto, anche nella gestualità e nel pensiero. In seguito,ho applicato questa continua ricerca anche nell’insegnamento in via sperimentale formando agenti sotto copertura tra le forze dell’ordine. Tuttavia ritengo di essere riuscito a conservare la mia umanità, evitando di diventare cinico e spietato, evitando il caos, cercando nella fede la forza di andare avanti».

Macaone è, per usare una definizione di tendenza, una storia di “autofiction”. Come ha trovato il giusto distacco emotivo per raccontare fatti vissuti e trasformarli in narrativa?
«Il libro era stato inizialmente scritto in terza persona, e forse questo mi ha aiutato a porre la giusta distanza dalle mie emozioni in modo da poterle mettere su carta come se fossero di un altro, mentre io ero solo un osservatore. Poi l’elaborazione conseguente al pensiero mi ha consentito il successivo passaggio alla narrazione in prima persona. Quindi il percorso seguito dal romanzo mi ha aiutato in maniera naturale a vivere i sentimenti con passione e in modo autentico, fino a far convivere la poesia e l’azione più sconvolgente».

Si è commosso scrivendo di persone a lei care che oggi non ci sono più e che ha perso in modo tragico?
«Certi dolori non passano mai, ma una volta che sono diventati parte della propria esperienza di vita si impara a conviverci, sono una parte del nostro essere perché hanno contribuito a fare di noi quello che oggi siamo».

Spesso lei viene identificato con la sua fama mediatica di poliziotto protagonista di gesta eclatanti, e anche in “Macaone” si raccontano le sue imprese investigative. Adesso che può parlarne dall’esterno cosa ne pensa della corruzione del mondo della polizia?
Per lei questo lavoro è stato una missione, ma sa bene che nella polizia esistono interessi, gerarchie e violenza. «Il mondo della Polizia è talmente vasto che sarebbe un’utopia pensare che la corruzione non possa toccarlo. Penso, forse cinicamente, che la corruzione sia impossibile da debellare. Per quanto mi riguarda, ho sempre creduto nel mio lavoro e ho usato i miei valori come una bussola che mi ha guidato, soprattutto nei momenti di difficoltà».

Le sue altre grandi passioni sono lo sport e il cinema. Le capita di immaginare dove sarebbe ora e cosa farebbe se fosse diventato attore o avesse continuato con il pugilato in modo agonistico?
«A volte mi capita di pensarci, ma evito di soffermarmi su queste riflessioni perché se potessi tornare indietro rifarei esattamente quello che ho fatto. Credo di aver dato il meglio di me nella mia carriera di poliziotto».

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