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Tiberio Evoli, consigliere comunale a Salò

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Tiberio Evoli, nipote e omonimo del medico deputato socialista di Melito Porto Salvo, consigliere comunale a Salò, ha presentato una mozione che, approvata il 26 febbraio, revoca la cittadinanza onoraria conferita a Benito Mussolini


Melito Porto Salvo, Salò, Benito Mussolini. Vi chiederete: e allora? Perché accostare le due località, distanti 1300 km circa, e Benito Mussolini? Per Salò e Mussolini la risposta è ovvia e risaputa, ma Melito P.S. che c’azzecca? Il trait d’union ha un nome e un cognome che nella cittadina jonica significano tanto: Tiberio Evoli.

LA STORIA DI TIBERIO EVOLI


Nato nel 1872, l’ospedale di Melito porta il suo nome perché fu lui, con la collaborazione di altri medici della zona accomunati dal credo socialista, a volerlo e a fondarlo.
Ecco, in estrema sintesi, le attività politiche e sanitarie delle quali fu protagonista: medico condotto, nel 1896, viene nominato presidente del Circolo socialista di Melito; nel 1902 fonda l’Associazione nazionale dei medici condotti; nel 1903 dà vita a Reggio Calabria, con Pasquale Namia, al giornale politico La Lotta; nel 1909, dopo che i terremoti del 1907-1908 avevano evidenziato tragicamente la mancanza di adeguate strutture sanitarie, con il legname donato dal Comitato emiliano costruisce una baracca-ospedale, utilizzata fin quando entrarono in funzione una tenda, donata dalla Croce rossa americana, e un padiglione Docker fornito dal ministero dell’Interno. Nel 1915, dopo essere andato in giro per l’Italia a raccogliere fondi, apre il nosocomio di 25 letti di Melito e lo intitola a Garibaldi; intanto, nel 1912, aveva fondato l’asilo infantile “Matilde Evoli”, ancora oggi attivo; nel 1919 viene eletto deputato col partito socialista riformista, ma si ritira dall’attività politica all’avvento del fascismo.

SALÒ, IL SINDACO DI CENTROSINISTRA


Fa tantissime altre cose fino alla morte, nel 1967, ma qui ci fermiamo per tornare a Salò. Il Comune di Salò, noto come capitale della RSI, voluta da Benito Mussolini, è retto dal giugno dello scorso giugno dal sindaco ventinovenne Francesco Cagnini, eletto con una lista civica di centrosinistra dopo anni di dominio della destra.
E torniamo anche a Tiberio Evoli. Non al fondatore dell’ospedale, ma a suo nipote omonimo. Nonno e nipote hanno in comune non solo il nome e il cognome, ma anche professione e idee politiche.

SALÒ, LA MOZIONE PER REVOCARE LA CITTADINANZA ONORARIA A BENITO MUSSOLINI


Tiberio Evoli viene eletto consigliere a Salò a giugno e nominato capogruppo di maggioranza. In questa veste presenta la mozione che, approvata il 26 febbraio, revoca la cittadinanza onoraria conferita a Benito Mussolini da un funzionario statale che amministrava Salò dopo che il regime aveva sciolto gli organismi elettivi lì come in tutta Italia.
Così Tiberio Evoli, nipote del socialista – antifascista, si trova a esporre in aula le ragioni della “doverosa revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini”.

La mozione è stringata, essenziale: «Il 23 maggio 1924 il Commissario prefettizio Salvatore Punzo, insediato al posto del disciolto Consiglio Comunale, deliberava il conferimento della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, allora Capo del Governo. Nell’anno che celebra l’ottantesimo anniversario dalla fine del secondo conflitto mondiale, la Liberazione e una nuova stagione della vita del nostro Paese, e alla luce dei valori costituzionali che, come amministratori, siamo chiamati a rappresentare, con la presente mozione si chiede che il Consiglio Comunale revochi tale cittadinanza».


Dopo due tentativi andati a vuoto, il secondo dei quali promosso anche dall’attuale sindaco, dell’allora opposizione 4 e 5 anni fa, la mozione viene approvata.

EVOLI , SALÒ E MUSSOLINI


La storia era troppo bella per non approfondirla: un calabrese, nipote e omonimo di Tiberio Evoli, ha avuto un ruolo in un atto così significativo, a maggior ragione in questo periodo storico segnato da una postfascista presidente del Consiglio.

L’INTERVISTA A TIBERIO EVOLI CONSIGLIERE COMUNALE A SALÒ


Abbiamo rintracciato il dottore Evoli a Salò. Ecco cosa ci ha detto. «Sono un medico ospedaliero in pensione, ma continuo a lavorare da libero professionista. Sul Lago di Garda ci sono arrivato 40 anni fa per una serie di circostanze. Ho avuto la possibilità di tornare in Calabria, però ho deciso di rimanere qua».

Come nasce il suo impegno politico?


«Quasi per caso. Degli amici mi hanno convinto a candidarmi, ma politicamente in famiglia siamo sempre stati in linea con le idee di mio nonno. C’era in campo questa lista di centrosinistra, che dopo 5 amministrazioni di destra inaspettatamente ha vinto. A me è stato conferito l’incarico di capogruppo consigliare e la delega del sindaco per le questioni sanitarie».
Come nasce la mozione? «L’idea già radicata, condivisa dal sindaco, dagli assessori, da tutti, era che prima o poi bisognava fare qualcosa in proposito. Una decisione era stata presa in tanti comuni italiani, si poteva decidere di girare la testa dall’altra parte e far finta di niente, oppure dire che la cittadinanza onoraria ha un significato, che la si conferisce a persone che hanno avuto dei meriti. E la storia del fascismo, di Benito Mussolini, di quello che è stato… è inutile che mi soffermi più di tanto: le due cose non stanno insieme. Bisognava prendere una decisione, e l’abbiamo fatto».

Quando avete preparato la lista avevate già quest’idea o è venuta dopo?


«L’attuale sindaco aveva già presentato la mozione come minoranza nella passata amministrazione, ma era stata bocciata. Ha semplicemente detto di non aver cambiato idea e che se avessimo vinto saremmo andati fino in fondo. Così abbiamo fatto a distanza di 6 o 7 mesi dalla dall’insediamento della nuova amministrazione.

Lei l’eredità di suo nonno la sente, quindi?


«Beh, farei fatica a non sentirla. Fin da bambino, il fatto di chiamarmi come lui mi portava a certe situazioni anche imbarazzanti: persone adulte, anche di un certo livello culturale, mi salutavano come se fossi chissà chi, perché per loro rappresentavo la continuità con mio nonno. Sicuramente ho proseguito su quella linea politica, certo non al suo livello che considero inarrivabile per quello che ha fatto come politico e come medico. Ha fondato l’ospedale, l’asilo. Un personaggio, insomma, con una visione, sempre dalla parte dei deboli. Nei libri si racconta del periodo delle lotte contadine, quando andavano all’ospedale a chiedere consiglio su come comportarsi».

Questa notizia mi ha attratto per questo motivo: pensare a un Tiberio Evoli, medico calabrese di sinistra, che a Salò è protagonista di una storia del genere! Davvero bello! Lei ha mantenuto i contatti con Melito?


«Con la Calabria, perché già dalla metà degli anni 70 c’eravamo trasferiti a Reggio. Ho una sorella che vive a lì, fino a qualche anno fa anche mia madre. Torno a Reggio, in Calabria, 3 o 4 volte all’anno, perché comunque sono rimasto legato. Il calabrese che vive lontano si affeziona di più alla Calabria di quelli che restano lì e che sono costretti magari, nel quotidiano, a fare i conti con tante difficoltà. Noi invece conserviamo una visione romantica».

Per finire, il dottore Evoli ripete per la terza volta


«Tanti in Calabria e in giro per l’Italia, che hanno letto questa notizia, e in parte anche alcuni quotidiani, hanno attribuito a me la mozione, ma non è così. L’ho presentata io in qualità di capogruppo. Ma comunque, ripeto, è frutto della volontà del sindaco e di tutta la maggioranza». Una ritrosia che fa pensare che lo spessore umano del Tiberio Evoli nipote non differisca da quello del nonno.

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