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Il porto di Gioia Tauro

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GIOIA TAURO – Ogni giorno che passa diminuiscono le speranze che il porto di Gioia Tauro possa riprendersi da una crisi che sembra averlo avvolto e stritolato non solo dagli anni della crisi cominciata nel 2008 ma soprattutto dal conflitto, ormai non più nascosto, tra i due soggetti che ne detengono la proprietà: Contship Italia da una parte e Msc dall’altra. I pericoli di questo conflitto che è tutto economico, potrebbero presto, se non intervengono atti istituzionali autorevolissimi, concretizzarsi in scelte drammatiche che potrebbero portare alla chiusura nel volgere di qualche mese, di quello che venne definito il sogno della Calabria e del Sud.

L’ALLARME

Gioia Tauro rischia di essere cancellato, proprio come accadde a Taranto qualche anno fa. Questo giornale è in grado di svelare, cosa è accaduto nell’ultimo mese lontano dalla Calabria tra i soggetti che detengono la proprietà del più grande terminal container del paese. E lo fa con la speranza che molti attori: dalla politica, alle istituzioni o almeno quelle che sono rimaste, le organizzazioni sindacali, prima che sia troppo tardi, facciano qualcosa per evitare che accada l’inevitabile. Come si sa i due soggetti in conflitto hanno posizioni diverse all’interno della società ( la Csm varata nel 2015) che gestisce la Med Center Container Terminal: Contship Italia che altrove (il porto di La Spezia) investe ben 200 milioni di euro e che stranamente, invece a Gioia Tauro ritarda ad effettuare per la sua parte gli investimenti necessari ad ammodernare i mezzi in servizio sulle banchine. Lo scontro evidenzia visioni diverse e strategie diverse su un’infrastruttura che è bene ricordare è di proprietà pubblica anche se in larga parte data in concessione ben 25 anni fa.

LE RICHIESTE DI MSC

Gianluigi Aponte, patron di Msc, continua ad affermare che la sua compagnia e socia in Mct può portare a Gioia Tauro almeno 2 milioni di container all’anno (in teus 4 milioni di movimenti) ma per farlo occorre superare le defaiance dei servizi offerti da Mct e cioè occorre avere almeno 16 gru funzionanti “sts” per poter operare da nave a terra. Delle attuali 22 gru a disposizione di Mct, secondo Aponte 11 sono dismesse o non funzionanti, mentre per quanto riguarda i mezzi a terra servono almeno 85-90 straddle carrier (carrelli che spostano i container nel terminal) operativi. Aponte denuncia che sugli attuali 95 s.c. presenti oltre 50 hanno accumulato oltre 40 mila ore di lavoro e dovrebbero essere dismessi. L’assenza di almeno 16 gru non consente alla sua compagnia di far arrivare navi superiori ai 16 mila teus e ritiene che occorre, quindi, comprare subito almeno 4 nuove gru in grado di operare su navi con una capacità di oltre 20 mila teu ed a sostituire almeno 50 carrelli. LA POSIZIONE DI CONTSHIP ITALIA Cecilia Battistello, presidente di Mct e di Contship Italia, contesta questi numeri e dice, senza mezzi termini, che Msc ha stranamente abbassato i volumi su Gioia Tauro venendo meno agli impegni sottoscritti e cioè portare nel terminal calabrese almeno 40 mila movimenti a settimana. Afferma anche che attualmente i mezzi del terminal consentono di poter lavorare tranquillamente questi volumi grazie alle 16 gru di banchina e ai 95 carrelli operativi e che nel 2018 arriveranno altri 10 carrelli nuovi. In buona sostanza Contship Italia in più occasioni ha affermato che per la sua parte sarebbe disponibile ad effettuare investimenti ma solo davanti alla certezza dell’arrivo dei volumi promessi da Msc.

IL CONTESTO DELLO SCONTRO

È chiaro che vi sono interessi privatistici in gioco ed è altrettanto chiaro, però, che questo scontro sta facendo male al porto che in fatto di volumi movimentati si è fatto superare lo scorso anno da Genova per la prima volta. L’anno scorso Gioia Tauro ha registrato perdite per quasi il 19% e registra nei primi tre mesi di quest’anno perdite di volumi secche del 33%. Continuando di questo passo, se non accade qualcosa che rompa questo conflitto e lo riconduca ad una mediazione in nome degli interessi pubblici (lo Stato ha investito solo negli ultimi anni qualcosa come 170 milioni di euro per ammodernare le infrastrutture portuali) , i rischi di una involuzione negativa e traumatica sono enormi. Tremano le vene ai polsi ma occorre dirlo con chiarezza. Il porto potrebbe chiudere entro pochi mesi, se per caso Msc dovesse scegliere di trasferire i suoi volumi in altri scali.

COSA HA SAPUTO IL QUOTIDIANO DEL SUD

Conferme ufficiali ovviamente non ne abbiamo, ma siamo però nella condizione di svelare come i rapporti tra i due soci possano quasi essersi rotti definitivamente. Ma cosa è accaduto? Andiamo per ordine. Lo scorso 6 aprile a Melzo, in casa Contship Italia, nel terminal logistico di proprietà di Sogemar, si è riunito il Consiglio di Amministrazione di Mct per approvare un piano di investimenti di circa 90 milioni di euro per Gioia Tauro. La prima sorpresa è arrivata quando in Consiglio ha fatto in suo ingresso ufficiale Thomas Ecjkelmann, patron di Eurokai azionista di maggioranza di Contship e marito di Cecilia Battistello. Eckelmann sostituiva quindi Antonio Testi, attualmente direttore generale sia a Gioia Tauro in Mct che a La Spezia nel Lsct. Una decisione che era stata vista benevolmente. Un segnale di autorevolezza da parte di Contship Italia. In quella sede i due soci decidevano per gli investimenti, richiesti a gran voce dal Commissario Straordinario del Sistema Portuale di Gioia Tauro Andrea Agostinelli, che per accertare la verità sulle condizioni dei mezzi di banchina aveva affidato al Rina, il compito di effettuare delle precise verifiche. Le parti non avevano voluto commentare per ragioni di riservatezza quanto deciso nel Cda di Mct limitandosi ad affermare che la riunione era stata “proficua”. Poi si sono dati appuntamento in un’altra città del nord anch’essa marinara per svolgere l’assemblea degli azionisti che avrebbe dovuto approvare definitivamente il piano di investimenti per 90 milioni di euro.

LA NUOVA ROTTURA

Chi pensava che l’assemblea degli azionisti dovesse solo prendere atto delle decisioni nel Cda, sembra abbia dovuto ricredersi. Thomas Eckelmann inaspettatamente avrebbe rilanciato affermando che il piano di investimenti si sarebbe fatto ma solo a due condizioni: l’aumento della tariffe da parte di Msc fissate nel 2106 a 42,50 euro, di poco superiori a quelle di Trieste o di Valencia e vicine a quelle del Pireo, e l’impegno solenne da sottoscrivere con atti concreti dell’aumento dei volumi a Gioia Tauro. Una mossa che avrebbe spiazzato gli azionisti targati Msc che a quel punto si sarebbero alzati sciogliendo la riunione. Per Msc la mossa di Eckelmann sarebbe stata giudicata inaccettabile. Insomma il freddo è calato sulla riunione che non ha prodotto i risultati sperati da tutti ed ha lasciato le parti più distanti di prima.

COSA POTREBBE ACCADERE ORA?

Potrebbe accadere di tutto compresa la decisione di Msc di guardarsi intorno e di trasferirsi in altri porti lasciando Gioia Tauro senza più volumi, essendo Msc l’unica linea presente nello scalo calabrese. Accadrebbe precisamente la stessa cosa che accadde a Taranto qualche anno fa, quando Evergreen dalla sera alla mattina deviò le sue navi altrove, lasciando le banchine deserte e gli operai a casa. Ovviamente tale scenario sarebbe da incubo perché potrebbe prefigurarsi la fine per le attività di transhipment del porto. Il tutto accade in un momento delicato per la vita del paese con un governo in regime di ordinaria amministrazione, con una crisi politica ed istituzionale mai vista e quindi con l’assenza di interlocutori autorevoli. E soprattutto accade in vista del varo della Zes che potrebbe costituire, se tutto funzionerà al meglio e se il Governo l’approverà definitivamente, un grande attrattore di investimenti nel retro porto. Ma è ovvio che anche la Zes senza il porto non avrebbe vita, senza contare che andrebbero a casa altri 1500 portuali che si aggiungeranno ai 377 già licenziati lo scorso. Scenari che dovrebbero mettere le ali alle iniziative sindacali o politico-istituzionali che invece continuano ad essere stranamente attendiste. Spesso di attendismo si muore. E a Gioia Tauro sarebbe la fine di tutto e di ogni speranza di rinascita.

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