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Il progetto dell’impianto idroelettrico di Edison denominato “Favazzina”

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Sulla realizzazione del progetto idroelettrico denominato “Favazzina” di Edison Spa, sulla Costa Viola, si mobilitano gli esperti


QUELLO di Edison SpA denominato “Favazzina” è un impianto di accumulo idroelettrico che preoccupa profondamente gli attivisti che rivolgono la propria attenzione al territorio. Proprio per questo, il comitato spontaneo per la difesa della Costa Viola e il coordinamento regionale Controvento Calabria hanno organizzato una giornata di mobilitazione per informare la cittadinanza, confrontarsi e favorire una riflessione critica sul progetto della multinazionale.

FAVAZZINA, GIORNATA DI MOBILITAZIONE A SCILLA


Sabato 8 febbraio 2025 a Scilla, dunque, i contributi di numerosi esperti che hanno evidenziato come la realizzazione dell’impianto rischi di pregiudicare il paesaggio, gli ecosistemi e arrecare danni alle attività connesse alla pesca e al turismo.
Si tratta di una delle tante strutture «che stanno invadendo la Calabria in nome di una produzione energetica verde ma che in realtà stanno portando devastazione e aggressione del territorio», sottolineano gli organizzatori dell’incontro.
Il megaimpianto prevede l’accumulo idroelettrico mediante pompaggio dell’acqua marina, tra le coste di Favazzina e il versante a monte sulla zona collinare di Melia.

COME FUNZIONERÀ IL PROGETTO DI FAVAZZINA

Il progetto funzionerà grazie a un’opera di presa a mare sulla costa che tirerà acqua dal mare e la porterà fino a un laghetto artificiale; due condotte sotterranee di circa 5 chilometri, per 6 metri di diametro, arriveranno sotto il bacino artificiale a circa 600 metri di profondità e attraverso due pozzi porteranno acqua al lago.
«L’acqua verrà aspirata dal mare nei momenti di maggiore produzione energetica, mentre nei momenti di maggiore fabbisogno verrà fatta rifluire verso il mare e azionando le turbine produrrà corrente». Sintetizza l’architetto Francesco Manti.
«È quasi impossibile che la produzione venga utilizzata per l’area locale, piuttosto, come indicato nel progetto, verrà destinata alle aree del Centro e del Nord Italia. Ma non dobbiamo dimenticare che lo spostamento per grandi distanze produce un’ampia dispersione: il 14 % su ogni mille chilometri».

STRUTTURE ANCORA SPERIMENTALI

Un pompaggio ad alta flessibilità per una centrale mista, dunque, che pompa acqua e produce energia «ma potrebbe essere più l’energia consumata per pompare l’acqua fino alla zona di Melia che quella prodotta effettivamente dall’impianto». Ricorda ancora Manti.
La spiegazione, per quello che appare come uno spreco, è che con lo sviluppo degli impianti dalle fonti rinnovabili di eolico e fotovoltaico a favore della decarbonizzazione si potrebbero creare più spesso momenti di deficit di produzione ai quali l’impianto Edison dovrebbe far fronte con l’accumulo energetico.
Sono strutture ancora sperimentali, sottolineano dal tavolo gli esperti, che evidenziano come manchi un piano energetico che giustifichi l’utilità di questo accumulo e sia poco investigato il problema relativo alle dinamiche di erosione e sedimentazione costiera.

«MODIFICHE ALLE CORRENTI MARINE»

«Si determineranno modifiche delle correnti marine e quindi a dove queste erodono e dove sedimentano», nota il geologo ambientale Giovanni Salerno che si è occupato di analizzare le relazioni complesse tra l’impianto e la geologia delle zone interessate.
C’è un vuoto nella legislazione che non richiede di approfondire l’impatto sulla costa. «La normativa, infatti, non chiede studi rispetto a questi aspetti perché non ci sono altri tipi di opere che li creano, se non quelle portuali. Anche in sede di Valutazione di impatto ambientale non ci sono enti specifici chiamati a valutarli», sottolinea Salerno.

FAVAZZINA È INSERITA NEL CONTESTO DELLA COSTA VIOLA


Favazzina è inserita nel contesto idrogeologico e geomorfologico della Costa Viola dove insistono sul terrazzamento anche le infrastrutture di collegamento come la linea ferroviaria e l’autostrada. «Non è il contesto più semplice perché si tratta di un’area a elevata fragilità idrogeologica caratterizzata da pendenze instabili, elevati tassi di erosione, e un equilibrio ambientale precario. L’intervento, dunque, appare incompatibile con il contesto territoriale», afferma ancora Salerno che solleva serie preoccupazioni sulla sua sostenibilità in relazione alla sicurezza dell’area.

LA SICUREZZA DELL’AREA


«Per quanto riguarda i piani di Melia, siamo in un contesto di terrazzo marino che di per sé è già geosito, in più ci sono le Grotte di Tremusa inserite nel Sentiero Italia del Parco Nazionale dell’Aspromonte – aggiunge la geologa ambientale, Serena Palermiti – inoltre il lago che va realizzato sul piano porta un carico pesante sul luogo, perché sotto ci sono delle rocce tipiche, che sono già fratturate per loro natura e dovrebbero sostenere tutto questo carico. Riteniamo che non si possa mitigare questo tipo di impatto».

LE PREOCCUPAZIONI DEGLI ESPERTI


«È preoccupante che si voglia portare un pezzo di mare a 600 metri in collina», riprende Piero Polimeni, ingegnere e pianificatore energetico. In caso di sisma, infatti, potrebbe tracimare l’acqua salata e inondare i terreni ma anche inquinare la falda acquifera se intercettata. Criticità ci sono anche in relazione alla «dissipazione di calore delle componenti meccaniche», prosegue Polimeni.

SI POTREBBE MODIFICARE L’ASSETTO PAESAGGISTICO DELLA COSTA


L’opera di presa a mare, costituita da un ampio semicerchio di 150 metri di diametro e 70 metri dalla linea di battigia, costituisce la parte più delicata degli interventi costieri, perché l’assetto paesaggistico della costa, «con la previsione di una barriera di oltre 5 metri di altezza, viene modificato sostanzialmente con possibili effetti sulla linea di costa e per gli effetti che l’intervento a mare potrebbe avere su quella parte di area naturale protetta che è ricadente nella Zsc Fondali di Scilla», secondo l’esperto di Valutazione ambientale e Paesaggistica Gianni Mento.
L’immissione di acqua in mare con differenti condizioni di temperatura e salinità, poi, potrebbe avere significative ripercussioni sulla biodiversità della zona marina.


Gerardo Pontecorvo, già idrologo ed ecologo del Cnr, che oggi si è avvicinato alle tematiche ambientali per opporsi «alla violenza di chi vuole utilizzare il territorio in modo improprio», ha rammentato come «Quella della Costa Viola è una delle zone più vincolate della Calabria, ma, nonostante ciò, non è sufficiente per tutelare il territorio, per questo sarebbe il caso di riottenere il controllo del territorio con un Parco Nazionale della Costa Viola».

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