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Il Cnr scopre Vulcani di fango sulle spaccature del fondale dello Stretto di Messina, le faglie e il loro movimento al centro del dibattito sul Ponte


VILLA SAN GIOVANNI (REGGIO CALABRIA) – Non sembra destinata ad esaurirsi la questione delle faglie in relazione alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Nuova attenzione sull’argomento è stata portata da una nota stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche in merito alla conclusione della campagna oceanografica “Sirene”, condotta sulla nave del Consiglio nazionale delle ricerche “Gaia Blu”, dove si fa riferimento alla condizione geomorfologica dei fondali dello Stretto in relazione alla presenza di faglie.

Nel rendere disponibili i primi risultati ottenuti utilizzando tecnologie geofisiche all’avanguardia disponibili sulla nave, il Cnr ha spiegato di aver «identificato un campo di rilievi sottomarini allineati lungo profonde spaccature del fondale dello Ionio meridionale, dove un sistema di faglie sta progressivamente allontanando la Calabria dalla Sicilia, facendo sprofondare lentamente la crosta terrestre al largo dello Stretto».

FAGLIE SUI FONDALI DELLO STRETTO, LA SCOPERTA DEI DIAPIRI E I RISCHI PER IL PONTE

La scoperta è relativa a diapiri – sedimenti che risalgono da zone profonde, visibili solo con ecografie del sottosuolo – e vulcani di fango che si formano quando materiale profondo risale verso la superficie. Alcuni di questi, spiega la coordinatrice della campagna Alina Polonia, «sono spesso associati a frane sottomarine», dunque obiettivo dei ricercatori sarà, ora, proprio quello di «approfondire la natura e la provenienza del materiale che risale lungo queste grandi faglie litosferiche, e capire come queste influiscano sulla generazione di terremoti in una delle zone sismicamente più attive in Europa».

Sulle faglie attive e capaci, le amministrazioni comunali delle aree urbane interessate dall’opera si erano già espresse producendo documentazioni e osservazioni destinate al ministero dell’Ambiente. Per il Comune di Villa San Giovanni la relazione dell’ingegnere Paolo Nuvolone indicava quelle di: Porto Salvo, Cannitello, Pezzo, Piale e Commenda.
Mentre di appena alcuni giorni fa è la pubblicazione di uno studio sulla rivista internazionale Geosciences, firmato da Roberta Somma (geologa), Sebastiano Ettore Spoto (geologo) e Salvatore Giacobbe (biologo) dell’Università di Messina, sulle faglie attive e capaci e le caratteristiche del territorio che determinano la tutela nel contesto del CPCL (Capo Peloro Coastal Lagoon) che comprende i laghi Faro e Ganzirri.

LE PAROLE DEGLI STUDIOSI RIGUARDO IL PONTE

Scrivono gli studiosi in merito alla realizzazione del Ponte sullo Stretto: «L’interdizione alla costruzione di infrastrutture significative in un’area protetta dovrebbe essere una condotta normale da adottare nei paesi avanzati. Sembra anche utile e opportuno sottolineare in questo particolare momento storico che in Italia non è permesso costruire in prossimità (zone di rispetto) delle faglie capaci». Sottolineano i ricercatori che nel progetto per il Ponte le infrastrutture su entrambi i lati dello Stretto dovrebbero ricadere in aree attraversate da faglie capaci, come riportato dall’Ispra nel database ufficiale delle faglie attive e capaci del territorio italiano (progetto ITHACA).

«Una di queste faglie capaci su scala macroscopica, appartenente al sistema di faglie normali Scilla–Ganzirri, delimita la costa ionica proprio di fronte al Lago di Ganzirri, come osservato nei profili sismici offshore da Doglioni. – evidenziano gli studiosi nell’articolo – Un’altra faglia capace su scala macroscopica appartenente allo stesso sistema, osservata nei profili sismici onshore, delimita il Lago di Ganzirri. Inoltre, dati recenti e dati non pubblicati che sono oggetto di un’indagine in corso hanno mostrato la presenza di un diffuso insieme di faglie normali capaci su scala mesoscopica che interessano i depositi quaternari presenti nei dintorni del CPCL.»

LA SOCIETÀ STRETTO DI MESSINA REPLICA AI DUBBI RIGUARDANTI LE FAGLIE E IL PONTE

Sulle interpretazioni mediatiche di questi elementi e in particolare sulle nuove scoperte nei fondali dello Stretto da parte del CNR, la Società Stretto di Messina comunica che «L’individuazione delle formazioni geologiche citate non è rilevante ai fini della fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina. È noto, infatti, che le coste siciliana e calabrese sono soggette ad un seppur minimo allontanamento ampiamente considerato nel progetto definitivo del 2011 e nel suo aggiornamento del 2024».

La società aggiunge che tra i vari aspetti di aggiornamento «grazie agli studi effettuati dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università La Sapienza di Roma e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), con dati provenienti dai Gnss (Global Navigation Satellite Systems) prodotti dalla rete Ring-Ingv (Rete Integrata Nazionale Gps – rete per il monitoraggio in continuo delle deformazioni del suolo), si confermano le previsioni del Progetto definitivo evidenziando che il movimento differenziale tra i due siti scelti per i piloni (Calabria-Sicilia) è inferiore a 1 mm/anno».

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