Una nave porta container della Marnavi
3 minuti per la letturaGIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – L’acqua per dissetare buona parte delle Isole Eolie arriva da quasi 20 anni dalla Piana di Gioia Tauro. Un business semplice ed imponente, se volete banale, discreto, che passa sulla testa dei calabresi, che in questo periodo si vedono ridurre le erogazioni di acqua potabile, per carenza del prezioso liquido. In pochi sanno che esiste una falda d’acqua che si estrae a Gioia Tauro e finisce in altri posti. Chi passa dal porto di Gioia Tauro non può non vedere ormeggiate nel bacino di evoluzione dello scalo, ogni santo giorno, delle navi cisterna della società Marnavi con sede legale a Napoli, che imbarcano acqua per migliaia di metri cubi e poi la portano verso gli acquedotti delle isole siciliane per approvvigionare quei cittadini. Acqua che viene pompata da un pozzo di un privato cittadino di Gioia Tauro che sembra aver trovato così una miniera d’oro.
Sicuramente il privato avrà tutte le autorizzazioni del caso, così come la Marnavi ha le sue concessioni demaniali rilasciate dall’Autorità Portuale nel 2005 per l’accosto del naviglio per «realizzare – si legge agli atti interni della Port Authority – e mantenere un nuovo punto di accosto per le imbarcazioni adibite al servizio di fornitura d’acqua potabile per le isole minori, realizzare e mantenere una condotta per l’adduzione di acqua potabile per il rifornimento di navi cisterna per l’approvvigionamento delle isole Eolie». Una tratta che vede impegnate almeno cinque navi che ogni giorno imbarcano l’acqua a Gioia Tauro e la scaricano nelle Isole Eolie.
Tutto normale, tutto legale? Sicuramente è così, ma resta un problema morale grande quanto una casa che riguarda la Calabria e la crisi idrica senza precedenti che sta attraversando la nostra regione, i nostri paesi ed i nostri cittadini che soffrono la sete, così come l’agricoltura, anche nella Piana, che vede ridursi le produzioni agricole proprio per mancanza di acqua. Tanto che viene da chiedersi, alla luce delle crisi idriche che si registrano e che saranno destinate ad aggravarsi nel corso degli anni, fino a quando sarà possibile accettare di vedersi prelevare ingentissimi quantitativi di acqua dal proprio sottosuolo per trasferirlo altrove.
Così come viene da chiedersi cosa ci guadagna la Regione o la stessa Città Metropolitana di Reggio Calabria da un’operazione del genere. Un business, dicevamo, semplice e banale, che andrà avanti fino a quando il pozzo del privato pomperà acqua, che viene pagata carissima dai cittadini delle Isole Eolie, anche fino a 13 euro a metro cubo. In Sicilia le polemiche sulle forniture di acqua sono roventi da anni, perché i dissalatori non funzionano o vengono utilizzati al 50%.
In passato sono emerse inchieste della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto che hanno investito anche la Marnavi. Polemiche che in questa estate rovente cominciano a sollevarsi anche in Calabria, con proteste degli agricoltori e degli stessi cittadini. Calabria ritenuta fino a poco tempo fa una regione ricca di acque e che invece, adesso, scopre come in realtà questa ricchezza stia scomparendo o si stia riducendo di brutto. Ecco perché poniamo il caso Gioia Tauro come un fatto morale sul quale prima o poi qualcuno dovrà interrogarsi, anche per evitare guerre intestine per l’acqua.
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Caro avvocato come tante cose in Calabria, si finge di non vedere e non sapere. A prescindere i cittadini delle Eolie hanno bisogno l’acqua, ma si potrebbe fare tutto alla luce del sole informando i cittadini della piana e quando si riducono le forniture hai nostri cittadini ridurle anche con la stessa percentuale alle isole. Però il problema acqua è un qualcosa che le nostre autorità sarebbe il tempo che affrontassero professionalmente perché i cittadini pagano per questo bene anche quando non hanno l’acqua.